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giovedì 13 gennaio 2011

Oral L-citrulline supplementation improves erection hardness in men with mild erectile dysfunction.

Cormio L, De Siati M, Lorusso F, Selvaggio O, Mirabella L, Sanguedolce F, Carrieri G.

Department of Urology and Renal Transplantation, University of Foggia, Foggia, Italy.



Abstract

OBJECTIVES: To test the efficacy and safety of oral L-citrulline supplementation in improving erection hardness in patients with mild erectile dysfunction (ED). L-arginine supplementation improves nitric oxide-mediated vasodilation and endothelial function; however, oral administration has been hampered by extensive presystemic metabolism. In contrast, L-citrulline escapes presystemic metabolism and is converted to L-arginine, thus setting the rationale for oral L-citrulline supplementation as a donor for the L-arginine/nitric oxide pathway of penile erection.

METHODS: In the present single-blind study, men with mild ED (erection hardness score of 3) received a placebo for 1 month and L-citrulline, 1.5 g/d, for another month. The erection hardness score, number of intercourses per month, treatment satisfaction, and adverse events were recorded.

RESULTS: A total of 24 patients, mean age 56.5 ± 9.8 years, were entered and concluded the study without adverse events. The improvement in the erection hardness score from 3 (mild ED) to 4 (normal erectile function) occurred in 2 (8.3%) of the 24 men when taking placebo and 12 (50%) of the 24 men when taking L-citrulline (P < .01). The mean number of intercourses per month increased from 1.37 ± 0.93 at baseline to 1.53 ± 1.00 at the end of the placebo phase (P = .57) and 2.3 ± 1.37 at the end of the treatment phase (P < .01). All patients reporting an erection hardness score improvement from 3 to 4 reported being very satisfied.

CONCLUSIONS: Although less effective than phosphodiesterase type-5 enzyme inhibitors, at least in the short term, L-citrulline supplementation has been proved to be safe and psychologically well accepted by patients. Its role as an alternative treatment for mild to moderate ED, particularly in patients with a psychologically fear of phosphodiesterase type-5 enzyme inhibitors, deserves further research.



Urology. 2011 Jan;77(1):119-22.

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mercoledì 5 gennaio 2011

La prevenzione cardiovascolare (previene anche il deficit erettile)

Su diversi fattori di rischio per le malattie del cuore e dei vasi si può intervenire efficacemente



Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nei Paesi occidentali. In Italia 240 mila persone (di cui 110 mila circa sono uomini e 130 mila donne) muoiono ogni anno per malattie dell’apparato cardiocircolatorio. In particolare, l’infarto miocardico presenta una prevalenza maggiore nel sesso maschile, mentre le malattie cerebrovascolari colpiscono con maggiore frequenza le donne.




Le malattie cardiovascolari sono principalmente conseguenza dell’aterosclerosi, che è una malattia che colpisce la parete delle arterie, causandone un restringimento (stenosi), sino, nei casi più gravi, alla loro occlusione. Le stenosi possono ostacolare il flusso di sangue (e quindi di ossigeno e sostanze nutritizie) agli organi, soprattutto in condizioni in cui è richiesto un aumento del flusso (come, ad esempio, al cuore in caso di sforzo fisico). Esse, inoltre, possono complicarsi improvvisamente, e spesso imprevedibilmente, con la formazione di trombi, che occludono rapidamente il vaso, determinando l’interruzione completa del flusso di sangue, che, se prolungata, causa l’infarto, cioè la morte delle cellule.



I meccanismi responsabili dell’aterosclerosi e delle sue complicanze sono molteplici.

Più che delle cause specifiche, tuttavia, possiamo considerare che esistono una serie di fattori, detti fattori di rischio cardiovascolare, che ne favoriscono lo sviluppo e le complicanze, aumentando, quindi, il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.



I fattori di rischio cardiovascolare possono essere suddivisi in modificabili e non modificabili. I fattori di rischio non modificabili (su cui, cioè, non possiamo intervenire) comprendono l’età, il sesso maschile e la familiarità per malattie cardiovascolari.



I classici fattori di rischio modificabili (su cui si può intervenire) comprendono l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia), l’aumento della pressione arteriosa (ipertensione), il diabete, il fumo di sigaretta, l’inattività fisica, l’aumento dei livelli ematici di trigliceridi, l’obesità. L’eliminazione, o almeno una drastica riduzione, di questi fattori di rischio, da cercare di perseguire già dall’età pediatrica, rappresenta uno dei mezzi più efficaci per ridurre il rischio di sviluppare un infarto o un ictus cerebrale e costituisce l’obiettivo principale della prevenzione delle malattie cardiovascolari. E’ pertanto fondamentale uno stile di vita adeguato, con un’attenta alimentazione, che prediliga frutta, verdura e pesce, l’abolizione completa del fumo (due sigarette al giorno raddoppiano il rischio di infarto), una regolare moderata attività fisica (almeno 30 minuti 5 volte a settimana), ed il mantenimento del peso entro limiti ottimali (indice di massa corporea [cioè rapporto tra peso in Kg e quadrato dell’altezza in m2 inferiore a 25).

Da notare che recentemente è emerso che ancora più importante del contenimento dell’indice di massa corporeo è mantenere la circonferenza del girovita a valori inferiori a 102 cm nell’uomo e a 88 cm nella donna. Un uso moderato di vino (massimo due bicchieri al giorno) è consentito e può anche avere effetti benefici sulla circolazione, verosimilmente in virtù del suo potere antiossidante, ma è fortemente sconsigliata una quantità superiore di alcool, che ha effetti deleteri a lungo termine. In diversi casi, tuttavia, per alcuni fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione, diabete) è necessario ricorrere ad un appropriato trattamento farmacologico. Ricordiamo qui che, in soggetti apparentemente sani, viene considerato attualmente ottimale un valore di colesterolo LDL nel sangue inferiore a 160 mg/dL. I valori di colesterolo totale ed LDL vanno tenuti più bassi (sotto i 130 mg/dL) nei pazienti che hanno altri fattori di rischio, e ancora più bassi (sotto i 100 mg/dL) in quelli affetti da diabete o che abbiano già avuto un infarto o ictus. Riguardo alla pressione arteriosa, ricordiamo che sono oggi ritenuti ottimali valori inferiori a 130/85 mmHg. I fattori di rischio tradizionali spiegano circa il 90% delle malattie cardiovascolari. In almeno il 10% dei pazienti che vanno incontro ad infarto o ictus, tuttavia, non è possibile riscontrare alcun fattore di rischio classico. Ciò ha stimolato la ricerca di ulteriori fattori di rischio in grado di colmare questa lacuna.



Tra i fattori di rischio cardiovascolare emergenti, i più rilevanti e studiati in anni recenti sono gli indici di infiammazione nel sangue, di cui il più semplice e facilmente misurabile è la proteina C reattiva. Anche la sindrome metabolica costituisce una nuova entità che individua soggetti con un rischio particolarmente aumentato di sviluppare malattie cardiovascolari. Essa è data dalla combinazione, nello stesso individuo, di alcuni dei tradizionali fattori di rischio: 1) ridotta tolleranza al glucosio; 2) circonferenza addominale superiore a 102 cm nell’uomo o a 88 cm nella donna (quindi soprappeso o obesità) 3) bassi livelli di colesterolo HDL, “il cosiddetto colesterolo buono” (<40 mg/dL nell’ uomo e <50 mg/dL nella donna); 4) trigliceridemia >150 mg/dL; 5) pressione arteriosa >130/85 mmHg.



A cura degli specialisti dell'Istituto di cardiologia del Policlinico Gemelli, Roma

18 dicembre 2009(ultima modifica: 21 dicembre 2009)

http://www.corriere.it/salute/cardiologia/prevenzione-cuore_237d96f4-e8c4-11de-b930-00144f02aabc.shtml