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venerdì 31 dicembre 2010

AFFEZIONI DEL GLANDE E DEL PREPUZIO

Numerose dermatosi possono interessare il glande e/o il prepuzio, anche in modo isolato e talora assumono caratteristiche peculiari. Complessivamente le affezioni balanoprepuziali possono essere suddivise in tre grandi gruppi: quelle che si manifestano in corso di malattie cutanee, quelle che si manifestano in corso di patologia internistica e le forme a carattere isolato.


Per la maggior parte dei quadri la contemporanea presenza di segni clinici di malattia e/o analisi del sangue positive per una data patologia indirizzano con facilità verso una diagnosi precisa. Talora il carattere particolarmente sfumato dei sintomi rende laboriosa (e talora impossibile) una precisazione diagnostica (balanopostiti minime).

Spesso, proprio tra le forme trascurate e/o maltrattate, si giunge a quadri complessi in cui la malattia dermatologica di base viene mascherata da trattamenti errati -qualche volta autoprescritti-(balanopostiti complicate).

Da ultimo rimane da considerare un certo numero di balanopostiti che, malgrado trattamenti correttamente eseguiti, perdura nel tempo mostrandosi resistente ad ogni tipo di trattamento (balanopostiti residue).

Particolarmente impegnativo può essere l'inquadramento diagnostico delle forme infiammatorie pur non essendo di per sè gravi. Questo perché spesso si tratta di forme non correlabili ad un fattore preciso se non ad una sorta di fragilità mucosa tipica del soggetto (tabella 1) e rappresentano spesso un problema frustrante per il Paziente ed il Curante.

Le balanopostiti sono di frequente riscontro in tutte le età e vengono spesso valutate e trattate in modo empirico, senza cioè un preciso indirizzo diagnostico e terapeutico.



Per "balanite" (b.) si intende un'infiammazione acuta, subacuta o cronica del glande; il coinvolgimento prepuziale prende invece il nome di "postite" (p.). Tuttavia, nella pratica clinica, si assiste a quadri misti di "balanopostite" (bp.).

Occasionalmente possono associarsi sintomi di uretrite ad andamento acuto, subacuto o cronico più o meno recidivante.

Tra le bp. sono soprattutto le forme a scarsa sintomatologia (oligosintomatiche) ad essere particolarmente trascurate dai Sanitari che spesso non pongono la dovuta attenzione nell'affrontare quadri così sfumati. Con il termine "balanopostiti minime" (bpm.) intendiamo forme non associate ad alcuna malattia cutanea o internistica e prive di un aspetto clinico evocante una delle forme note. Si tratta di quadri caratterizzati da arrossamenti (lesioni eritematose singole o multiple), più o meno confluenti, talora desquamativi, con o senza gonfiore, a volte modicamente "umide" (essudanti) e con sintomatologia rappresentata da prurito e/o bruciore e/o dolore. Le possibili cause di bpm. sono riportate in tabella 1 sotto la voce affezioni balanoprepuziali isolate (acquisite).





Numerosi fattori predispongono alle bp. (infettive e non):

• l'attrito tra la semimucosa del glande e la faccia interna del foglietto prepuziale (una sorta di intertrigine localizzata);

• un prepuzio esuberante, ristretto (fimotico);

• la presenza di un frenulo corto;

tutte situazioni in grado di condizionare una certa fragilità della mucosa.

Inoltre hanno un ruolo non trascurabile fattori quali:

• l'irritazioni

detergenti

urina

scarsa igiene (smegma),

• l'irritazione da agenti esterni;

• l'uso di:

condoms,

profumi;

• microtraumi di svariata natura (frizioni, particolari manovre masturbatorie) ecc.

Le bp. infettive sono le più comuni e possono essere indotte da vari agenti infettivi (virus, batteri, clamidie, micoplasmi, funghi, lieviti e protozoi).

Gli agenti infettivi più frequentemente in causa sono le clamydie ed i micoplasmi che di solito determinano quadri accompagnati da uretrite (la Clamydia è considerata responsabile di lesioni genitali più di ogni altro microrganismo). Sono possibili anche epididimiti. La terapia di elezione delle infezioni da clamidia è rappresentata dalle tetracicline o dai sulfamidici.

Per quanto concerne i micoplasmi, vi sarebbe una netta prevalenza dell'Ureaplasma urealyticum (da alcuni AA considerati ancora più frequenti delle clamydie). Questi germi sono sensibili alle tetracicline ed all'eritromicina.

Le b. infettive batteriche si presentano con arrossamento e gonfiore (eritema ed edema) del glande e del prepuzio che, nei pazienti non circoncisi, possono portare facilmente a restringimento del prepuzio con impossobilità di scoprire il glande (fimosi) anche definitiva (cicatriziale). Anche la comparsa di queste b. è favorita dai fattori predisponenti sopra menzionati. Le b. infettive batteriche sono raramente causate da un singolo agente, spesso sono causate da una proliferazione esuberante della normale flora batterica saprofita e/o da colonizzazione da parte di germi giunti occasionalmente ("di sortita" favoriti da un dismicrobismo). L'infezione di solito rimane localizzata al pene ma può diffondersi all'addome (stante la complessa condizione linfatico-vascolare presente in corrispondenza del bacinetto pelvico, fino a quadri letali in soggetti immunocompromessi).

In una ricerca microbiologica condotta su 262 pazienti affetti da bp. sono stati evidenziati, in ordine di frequenza: le specie saprofitiche (stafilococchi coagulasi negativi: 31.8%, enterococchi: 16.6%); le specie a patogenicità condizionata (Escherichia coli: 15.1%, Proteus mirabilis: 3%, enterobacteriacee: 1.5%) e le specie patogene (Staphylococcus aureus: 7.5%, Neisseria gonorrhoeae: 4.5%).

Per la terapia di tutte le infezioni batteriche è importante seguire le indicazioni dell'antibiogramma.

Non è esclusa dalle bp neanche la popolazione pediatrica (Streptococco beta-emolitico gruppo A, Stafilococcus aureus, Proteus vulgaris, Morganella morganii) Il farmaco di scelta sarà quello indicato dall'antibiogramma.

La b. in corso di sifilide è una rara condizione che segue il sifiloma primario (il glande mostra pustole biancastre confluenti su fondo eritematoso).

Per quanto concerne la terapia delle infezioni batteriche occorre puntualizzare che la via sistemica di somministrazione dell'antibiotico sarà da preferire per alcune forme di b., in determinate condizioni del paziente o per alcuni tipi di germi.

Talora, soprattutto per le bp minime (bpm ossia quelle molto lievi), potrà essere sufficiente un trattamento locale associato ad acidificazione della regione mediante impacchi di acqua ed acido borico (al 3%). Necessita in ogni caso un'attenta sorveglianza clinico-microbiologica per escludere la persistenza (anche subclinica) di un'infezione, o la sostituzione del germe (magari al posto di un batterio si localizza un micete). Gli agenti patogeni possono essere favoriti dall'inopportuna applicazione topica di cortisonici o da altri trattamenti incongrui.

La Candida albicans è spesso isolata dal solco balano-prepuziale e sul suo ruolo effettivo si è molto discusso. Quando causa patologia: dà manifestazioni di colore rosso vivo talora associate a pustole minute e/o erosioni superficiali; può accompagnarsi un interessamento delle pieghe inguinali e/o della regione genitale (intertrigo) della stessa eziologia. Antifungini (derivati imidazolici) locali, associati ad alcalinizzazione della regione con impacchi di acqua e bicarbonato (al 3%), sono sufficienti per il trattamento della maggior parte dei casi (fanno eccezione le forme severe che richiedono trattamento per via sistemica).

La b. da Trichomonas vaginalis appare come un'erosione superficiale che compare frequentemente in giovani con prepuzio esuberante. La terapia di scelta è il metronidazolo.

L' Entamoeba histolytica è responsabile di lesioni erosive che possono portare alla lacerazione del prepuzio; è poco frequente in Europa (a seconda della gravità e dell'eventuale diffusione ad altri organi o apparati, per la terapia si ricorrerrà agli amebicidi da contatto o a quelli diffusibili).

L'herpes genitale e i condilomi acuminati rappresentano le patologie virali più frequenti. Nel primo caso le note infiammatorie, l'evoluzione rapidamente erosiva delle vescicole raggruppate in grappolo, la sintomatologia caratteristica e la frequente recidiva indirizzano alla diagnosi. Il trattamento consiste nella precoce applicazione di topici antivirali, nelle forme particolarmente gravi o recidivanti associati a trattamento sistemico. Talora possono rendersi necessari anestetici ed antisettici per prevenire sovrainfezioni.

Più difficile può essere la diagnosi di infezione da papilloma virus (HPV): condilomi acuminati o creste di gallo (in cui, accanto a quadri francamente condilomatosi, si possono presentare quadri oligosintomatici, evidenziabili esclusivamente mediante "test all'acido acetico"). Può rendersi necessario un successivo approfondimento infettivologico (ricerca virale su materiale prelevato per "scraping"; tipizzazione virale) al fine di individuare i tipi potenzialmente più pericolosi da un punto di vista prognostico (mediante biopsia e ricerca del DNA virale con la tecnica dell'ibridazione "in situ" e l'utilizzo di "sonde DNA"). Raramente nell'uomo, più spesso nella donna alcuni ceppi virali dell'HPV sono associati a degenerazione neoplastica. Sono indicati trattamenti locai antivirali (podofillina, 5-fluoro-uracile, ecc.) risolutivi e/o preparatori a tecniche di distruzione di tipo fisico (crioterapia, diatermocoagulazione, laserterapia, ecc).





• Le ferite accidentali:

• le lesioni da cerniera lampo,

• le erosioni dopo rapporti sessuali,

• le lesioni da particolari pratiche erotiche (comprese le parafimosi da rapporti sessuali particolarmente traumatizzanti),

• i danni autoprovocati in soggetti con turbe psichiche (patomimie), sono gli esempi più frequenti di cause traumatiche di bp..

Si tratta in genere di lesioni lineari più o meno escoriate, (non infiltrate, con/senza edema) e talvolta dolorose. Quasi sempre un trattamento locale disinfettante associato ad applicazione di emulsione antisettica e/o cortisonica hanno facilmente ragione della lesione.





Talora può essere indispensabile la correzione chirurgica di un frenulo corto o di un prepuzio esuberante.





Ristagno di smegma, scarsa igiene o, al contrario, abuso di detergenti possono causare un risentimento irritativo cutaneo e/o mucoso: dermatite irritativa da contatto (DIC). Frequentemente vengono usati saponi e detergenti aggressivi oppure medicamenti topici irritanti al fine di prevenire o trattare un'eruzione cutanea (o nell'illusione di prevenire l'AIDS. Benzalconio cloruro, permanganato di potassio ecc., quando autosomministrati per incongrua profilassi di venereopatie, possono risultare lesivi per i tessuti. Tali soluzioni, fortemente irritanti, producono eritema, edema e nei casi più severi bolle ed erosioni: causticazione). Il trattamento, ovviamente, è rappresentato dalla sospensione dell'uso dei detergenti, ma anche da detersione con olio di oliva, impiego di impacchi lenitivi (soluzione fisiologica) e/o di cortisonici.





La dermatite allergica da contatto (DAC), a livello del glande, è spesso drammatica dal punto di vista clinico, a causa della sottigliezza dell'epitelio e dell'alta vascolarizzazione di questa sede (ma può presentarsi anche come bpm.). Più spesso si manifestano vescicolazione con o senza gonfiore. Le sostanze potenzialmente allergizzanti possono essere trasferite sulla cute del pene o sulla mucosa del glande tramite le mani (che essendo provviste di barriera cutanea più resistente, resteranno indenni). L'esposizione a sostanze sensibilizzanti può essere possibile anche durante i rapporti sessuali: residui di medicazioni, detergenti, diaframma, ecc.

I condoms sono al secondo posto come causa di dermatite da contatto (da gomma, additivi della gomma, gel lubrificanti, spermicidi, ecc.) della regione genitale. Recentemente è stata osservata anche un'allergia immediata al lattice dei condoms. La sensibilizzazione agli additivi della gomma (Tiuram mix, Mercaptobenzotiazolo: MBT mix) e alla parafenilendiamina (PFD, che pure rientra nel processo di fabbricazione dei condoms) può avvenire attraverso i contatti più disparati, essendo tutte sostanze presenti ovunque (ubiquitarie).

Anche medicamenti ad uso locale (quali neomicina, sulfanilamide, mercurio, lanolina, benzocaina e da essenze profumate presenti nei profumi, deodoranti spray, detergenti, o i loro additivi) possono essere spesso causa di DAC in sede balanoprepuziale.

Per quanto concerne le forme irritative ed allergiche da contatto è sempre indicato un attento studio delle abitudini igieniche ed un'accurata anamnesi farmacologica. Successivamente un controllo mediante prove allergiche: tests epicutanei, qualora positivo, fornirà indicazioni sull'eziologia e sui rimedi proponibili.

Il trattamento cortisonico dovrà sempre essere proposto e controllato dal curante e mai autoprescritto.

La pratica della circoncisione sembra ridurre, almeno in parte, il rischio per le patologie descritte.





Il glande può essere coinvolto in corso di psoriasi diffusa, ma raramente in modo isolato (placche rosse a bordi ben delimitati con talora un alone eritematoso perilesionale). La diagnosi viene posta dal rilievo in altre sedi delle tipiche lesioni squamo-eritematose. In corso di psoriasi può essere presente anche altro impegno mucoso: lingua "a carta geografica" (o "glossite losangica mediana"). Per le lesioni psoriasiche del glande potranno essere utilizzati trattamenti emollienti, detersione con olio di oliva o topici medicati più specifici.





In corso di lichen ruber planus (LRP) frequentemente compare, anche come prima localizzazione, una b. caratterizzata da papule poligonali, appiattite, di colore viola-rossastro, pruriginose (il LRP è una malattia che coinvolge il pene come unico sintomo nel 25% dei casi. Sono possibili manifestazioni di tipo eritematoso, sclerotico o ). Spesso nel cavo orale è presente analogo coinvolgimento mucoso, che può aiutare a porre la diagnosi (in questa sede è più frequente una reticolazione biancastra più o meno evidente e lucida, asintomatica/oligosintomatica). A seconda della gravità del quadro clinico si potranno proporre rimedi locali cortisonici, emollienti o sistemici (steroidi, ciclosporina A, antimalarici di sintesi o altri farmaci antinfiammatori/immunoregolatori).





Il lichen sclero-atrofico(LSA) è un'affezione cutanea cronica ad eziologia sconosciuta, probabilmente autoimmune citotossica, ad esito cicatriziale. A livello del glande si presenta solitamente con un'atrofia "a carta di sigaretta". Per il LSA è stata descritta l'evoluzione in carcinoma. Il trattamento è lo stesso proposto per le forme importanti di LRP; in taluni casi potrà rendersi necessario un trattamento chirurgico.





Tra le malattie bollose il "pemfigo volgare" può interessare primitivamente il pene con bolle flaccide che si rompono facilmente lasciando erosioni e croste. La diagnosi può essere confermata con il "citodiagnostico di Tzank", con l'esame istologico e con l'esame di immunofluorescenza diretta. Corticosteroidi per via sistemica associati o meno ad altri trattamenti antinfiammatori/antireattivi rappresentano il trattamento elettivo.





Le bp. possono essere espressione di malattie neoplastiche che spesso si manifestano mimando alcune affezioni benigne. La lesione iniziale è quasi sempre localizzata all'interno del solco balano-prepuziale (anche per il ruolo svolto dallo smegma come potenziale veicolo di cancerogeni in esso disciolti).

La "leucoplasia" appare clinicamente come una placca biancastra (si deve distinguere da: b. xerotica obliterante, LRP, LSA e dalle candidosi). La diagnosi è istologica, in tutti i casi sarà indispensabile l'exeresi chirurgica.

La "balanite xerotica obliterante", considerata lesione precancerosa (per alcuni variante del LSA), si presenta come una placca bianca atrofica che può portare a fimosi e/o stenosi del meato uretrale. Il trattamento è sovrapponibile a quello della leucoplachia.

La "balanite (postite) plasmacellulare di Zoon" si presenta come una lesione maculare, di colorito rosso splendente, indolente, circoscritta (un esame più accurato può rilevare la presenza di piccole chiazze eritematose "a capocchia di spillo" all'interno della placca, comunemente chiamate dagli AA. anglosassoni "cayenne pepper spots"). La lesione, solitamente asintomatica, può talora dare prurito. La balanite plasmacellulare di Zoon è spesso clinicamente confusa con l'eritroplasia di Queyrat (vedi dopo) per cui si rende necessario l'accertamento bioptico. Il calore, la frizione costante e la scarsa igiene potrebbero essere considerati fattori predisponenti e/o scatenanti. Dopo controllo bioptico si può tentare il trattamento steroideo locale ma quasi sempre si rende necessaria la circoncisione o altro trattamento chirurgico.

L' "eritroplasia di Queyrat", pressochè sconosciuta nei soggetti circoncisi e secondaria ad irritazione cronica, si presenta come una lesione esclusivamente localizzata al glande: placca di colorito rosso vivo, lucente e vellutata, ben delimitata, poco rilevata; è un carcinoma localizzato (cosiddetto "in situ"). E' indicato il trattamento chirurgico o demolitivo di altro tipo (laser ecc.) ed una prolungata sorveglianza.

La "papulosi bowenoide" è caratterizzata clinicamente dalla presenza di papule multiple poco rilevate, di colorito rossastro o violaceo, ricoperte da sottili squame. Le lesioni sono multiple, compaiono primitivamente sull'asta e spesso sono asintomatiche. Occorrerà fare esame istologico su biopsia (i caratteri sono quelli del carcinoma squamo-cellulare "in situ" a decorso solitamente benigno). Benchè l'eziologia sia da definire, in molti casi è stata riscontrata, in sede di lesione, la presenza del papilloma virus (tipo 16). Può essere clinicamente impossibile ed istologicamente difficile differenziare la papulosi bowenoide dalla "malattia di Bowen" (carcinoma "in situ" propriamente detto). E' interessante notare che la prima è più comune nei circoncisi mentre la seconda tra i non circoncisi. La papulosi bowenoide inoltre ha maggiore incidenza tra gli individui giovani, è costituita da lesioni multiple e può avere una remissione spontanea, tutte caratteristiche differenziali rispetto alla m. di Bowen.

L'HPV tipo 16 è responsabile, analogamente ai tipi 6 ed 11, dell'insorgenza di "condilomi acuminati" (vedi sopra). Sebbene il "condiloma acuminato gigante o tumore di Buschke Lowestein" sia più frequentemente associato allo sviluppo di una neolasia, sono stati documentati casi di associazione anche tra carcinoma squamocellulare e condilomi acuminati. Il tumore di Buschke Lowestein differisce dal condiloma benigno per la tendenza a distruggere i tessuti adiacenti e rappresenta uno stadio di bassa invasività/malignità del carcinoma verrucoso (localmente aggressivo, non dà metastasi).

Il "carcinoma squamocellulare" è la più frequente neoplasia del pene e di solito è localizzata sul glande o nel solco balano-prepuziale. Si può presentare come una lesione arrossata, indurata; verrucosa, piana o depressa. La forma ulcerata tende a metastatizzare precocemente. Il dolore è raro; può essere presente un essudato di odore sgradevole. Frequentemente, quando giungono all'osservazione clinca, i pazienti presentano metastasi ai linfonodi inguinali. La terapia è esclusivamente chirurgica.

Il "melanoma maligno" può colpire il glande presentandosi come lesione papulo-nodulare di colore variabile: blu, nero, marrone chiaro o scuro, spesso ulcerata e sanguinante.





Lesioni a carico del glande e/o del prepuzio possono inoltre essere spia di malattie dismetaboliche, di vasculopatie ed altre affezioni generali. La terapia della malattia di fondo porterà a guarigione (con/senza esiti) queste bp.; in taluni casi potrà essere utile associare trattamento locale o sistemico di supporto (vedi sopra per quanto concerne le bp irritative).

Altra causa di bp. è quella indotta da medicamenti (iatrogena), sia per quanto concerne l'anzidetto uso improprio di determinati medicamenti (prevedibile), che per quanto concerne le "reazioni da farmaco" propriamente dette (più o meno imprevedibili).

L' "eritema fisso da farmaci" spesso si localizza al glande: a distanza di poche ore dalla somministrazione compare un arrossamento (eritema con edema) a possibile evoluzione vescicolare. La diagnosi viene posta qualora l'anamnesi risulti positiva per l'assunzione di farmaci.

Più frequentemente in causa sono:

• i sulfamidici

• le tetracicline

• i barbiturici

• la penicillina

• ilchinino

• ecc.

Ma non bisogna trascurare:

• eccipienti

• conservanti

• bevande e cibi inscatolati o comunque preconfezionati

Il trattamento prevede la sospensione del farmaco in causa, localmente sono sufficienti impacchi di soluzione fisiologica ed eventuale uso di antibiotici locali.

L' "eritema polimorfo" è sostenuto da una reazione di ipersensibilità nei confronti di infezioni (erpetiche o da micoplasmi), oppure è collegata a somministrazione di farmaci, soprattutto sulfamidici. La reazione può rimanere limitata: lesioni "a coccarda", soprattutto localizzate alle estremità, oppure coinvolgere le superfici mucose con prognosi più severa e raramente coinvolge il glande dove causa una b. erosiva. Il trattamento è lo stesso dell'eritema fisso.





Secondo alcuni AA circa il 20-40% delle b. sarebbe rappresentato dalla b. circinata di Berdal e Bataille, talora associata a Sindrome di Reiter. Questi pazienti presentano sulla corona del glande una placca erosiva superficiale a margini irregolari (sono possibili lesioni satelliti di colore rosso brillante, più piccole, simili a quelle da b. da candida). E' frequente la presenza di altri sintomi di accompagnamento (essudato uretrale, artrite o lesioni al cavo orale anche qui "glossite losangica mediana" o lingua "a carta geografica"). Per la balanite circinata semplice potrà essere sufficiente un trattamento locale antisettico (e dove necessario la circoncisione); nei casi specifici il trattamento antibiotico mirato è risolutore.





Una menzione a parte meritano le così dette bp. composite: quadri complessi derivanti dalla sovrapposizione dei segni della dermatosi di base con le modificazioni indotte dalla terapia spesso inadeguata.





Segnaliamo da ultimo le cosiddette bp. residue: condizioni di risentimento balano-prepuziale persistenti dopo un trattamento, anche se correttamente eseguito. Talora possono essere spiegate come una condizione di iperreattività individuale:

• una cute costituzionalmente fragile,

• una condizione di eczema costituzionale,

• un certo grado di immunodepressione,

• una locale carenza di sistemi di difesa aspecifici

Possono mantenere in modo più o meno continuo un certo grado di infiammazione. In questi casi il trattamento dovrà mirare a:

• ridurre il più possibile l'entità della sintomatologia,

• ridurre la durata delle poussées

• allungare i periodi di benessere

• effettuare un'attenta sorveglianza delle possibili sovrapposizioni infettive e non.





Concludendo possiamo affermare che malattie dermatologiche a distribuzione ubiquitaria come la psoriasi, l'eczema atopico (ma anche la dermatite irritativa da contatto -DIC- e la dermatite allergica da contatto -DAC-), la scabbia, il lichen ruber planus, il pemfigo, il pemfigoide e la vitiligine possono avere come prima o unica sede di comparsa il glande e/o il prepuzio.

Per quanto riguarda la bpm. essa può essere espressione di patologia infettiva che si manifesta con un quadro clinico di modesta entità. Pertanto, anche nei casi di bpm., rimane di importanza diagnostica primaria l'esecuzione di accertamenti microbiologici ed immunologici mirati. Nella nostra esperienza infatti, in una certa percentuale di casi la pur modesta sintomatologia è risultata secondaria a processi infettivi o di altra natura. In un certo numero di casi comunque non è possibile risalire ad alcun movente eziologico di bpm., confermando così che la bp. può talvolta rappresentare un problema frustrante per il Clinico (e naturalmente per il paziente).

L'osservazione comunque che alcuni di questi ultimi pazienti hanno remissione clinica della sintomatologia grazie solo all'uso di topici emollienti o alla correzione delle abitudini igieniche (concorda con quanto riferito da altri autori) e conferma che la bp. possa alle volte essere indotta da fattori aspecifici come la ritenzione di smegma, la scarsa igiene o metodi inadeguati di pulizia.





Volendo consigliare un metodo d'approccio nei confronti delle bp. (infettive, irritative, allergiche, ecc.) sottolineiamo alcuni punti che riteniamo importanti:

• attenta valutazione di coppia;

• esecuzione di accertamenti ematochimici

• accertamenti strumentali

• consulenze specialistiche che si ritengono necessari in base al sospetto clinico;

• adeguamento dell'igiene personale;

• medicalizzazione informata;

• messa al bando di trattamenti su base empirica e, se possibile, di preparati steroidei;

• impiego di preparazioni locali il più possibile semplici e sotto stretto controllo medico.





Resta infine, a nostro avviso, da ricordare il ruolo della componente psicologica che riteniamo comunque debba essere presa in considerazione come causa e/o concausa della patologia in esame.





Tab. 1: Classificazione delle patologie a carico di glande e/o prepuzio.





•affezioni balano-prepuziali in corso di patologia cutanea:





psoriasi

lichen ruber planus

lichen sclero-atrofico

TBC

lebbra

eritrasma

dermatite atopica

dermatite seborroica

eczema da contatto

dermatosi bollose

vasculopatie

malattia di Behçet

sindrome di Fiessinger-Leroy-Reiter

eritema polimorfo





•affezioni balano-prepuziali in corso di patologia internistica con/senza altre manifestazioni cutanee associate:







diabete ed dismetabolismi

tesaurismosi

emopatie

linfomi cutanei

infezioni

patologie immunomediate

ecc.







•affezioni balano-prepuziali isolate:

congenite: disembriopatie:

fistole

cisti dermoidi

ecc.

nevi

angiomi (emangiomi e linfangiomi)

fibromi

ectasie venose (amartomi ad insorgenza tardiva)

ecc.







acquisite:

esogene non infettive:

traumatiche (coito, frizioni, cerniera lampo, ecc)

da agenti fisici(radioterapia, ustioni,ecc)

da agenti chimici -causticazione ed eczema irritativo ed allergico

da contatto - (smegma, urina, detergenti, disinfettanti, topici, condom, spermicidi, ecc)





esogene infettive sessualmente trasmesse:

sifilide

gonorrea

ulcera molle di Ducray

donovanosi

da clamydie

da micoplasmi

herpes HPV (colonizzazione inapparente, condilomi acuminati, e variante gigante o tumore di Buschke- Loewestein)

micosi (candida)

trichomonas

scabbia

amebiasi





esogene infettive non sessualmente trasmesse:

virali (mollusco contagioso)

balanite gangrenosa o fagedenica (di Fournier)

tysoniti da associazione stafilo-streptococcica

infezioni opportunistiche

idrosadenite suppurativa





endogene:

neoplastiche benigne:

tumori glomici

neurinomi

angiomi

fibromi

papule perlacee della corona del glande

ecc





neoplastiche premaligne:

leucoplachia

b. pseudoepiteliomatosa cheratosica e micacea

papulosi bowenoide

b. plasmacellularer di Zoon

b. xerotica obliterante

malattia di Paget

neoplastiche maligne:

eritroplasia di Queyrat

carcinoma squamocellulare

melanoma maligno

da disordini della pigmentazione:

vitiligine

nevi

ecc

da cause psichiche:

sifilofobia ed altre patofobie

patomimie

stati maniacali

ecc





altre:

disidrosi

eritema fisso

balanite circinata

b. pseudoepiteliomatosa keratosica e micacea (o sinechiante ad evoluzione cheratosica di Lortat-Jacob e Civatte)

granuloma anulare

lichen nitidus

lichen amilode

granuloma eosinofilo

lipogranuloma sclerosante

linfangite sclerosante del pene

Dott. Antonio Miglietta

Quando il glande arrossisce

Il numero delle malattie sessualmente trasmesse in Italia e' in costante aumento. Questo crea uno stato d’ansia negli uomini, soprattutto nei piu' giovani, ogni qualvolta si manifesti un fastidioso arrossamento nell’area genitale. Non tutte queste condizioni, pero', sono riconducibili a patologie sessuali e fra le piu' comuni e meno gravi vanno annoverate alcune forme di balanopostiti o balaniti (nei soggetti circoncisi). Per i meno addentro alla materia vale allora la pena ricordare che si tratta di infiammazioni localizzate della testa del glande (balano), spesso estese anche alla lamina interna del prepuzio (poste). In termini epidemiologici si tratta di forme piuttosto diffuse, spesso associate alla presenza di un prepuzio aderente, che non permette un'igiene adeguata. Le balanopostiti si classificano su base etiologica e morfologica in forme provocate da cause meccaniche, chimiche, farmacologiche: A - il trauma puo' essere generato da rapporti sessuali ripetuti, masturbazione e uso del preservativo. B - dall’uso di saponi. C - da medicamenti applicati localmente (eritema fisso). D - dal contatto del pene con anticoncezionali introdotti nella vagina. E - da secrezioni acide dell’apparato genitale femminile. F - dall’accumulo di smegma secreto dalle ghiandole sebacee e da cellule epiteliali desquamate (nella piega lo smegma intriso di urina incomincia a macerare le superfici del glande e del prepuzio, particolarmente delicate. Se non viene mantenuta una corretta igiene, la cute umida e macerata si infetta, il glande e il prepuzio appaiono tesi, caldi, arrossati, edematosi e, alla fine, ricoperti di pus. La patologia, tuttavia, si estingue velocemente con la giusta detersione e terapia sulla zona colpita). Per quanto riguarda la balanopostite allergica da contatto (DAC) essa e' prevalentemente causata dalla gomma del profilattico, lavande, deodoranti e da disinfettanti, ma anche dal rossetto per le labbra utilizzato dalla partner.




Esistono anche balanopostiti di natura infettiva causate da batteri (streptococco,stafilococco; coliformi, gonococco), protozoi (trichomonas), miceti (candida), spirochete (forma pustolo-ulcerosa, erosivo-circinata sifilitica) e virus (herpes genitalis, condilomi acuminati). Quando ad agire sono i batteri, la patologia si manifesta con delle infiammazioni che determinano secrezioni che possono essere piu' o meno abbondanti, purulente e nei soggetti fimotici, in edema del prepuzio. Esistono anche delle Balanopostite da causa ignota quali la forma plasmacellulare di Zoon e la pseudo-epiteliomatosa cheratosica e micacea.



Altre cause non infettive sono la sindrome di Reiter (balanite circinata), psoriasi, lichen planus, pemfigo e Pemfigoide, dermatite seborroica, lichen sclerosus et atrophicus, scabbia nonche' eritroplasia di Queyrat. Le balanopostiti sclero-atrofiche o sono l’evoluzione delle forme eritematose infiammatorie ricorrenti e persistenti oppure forme primitive, localizzate, di lichen genitale scleroatrofico. Il diabete mellito e' una condizione predisponente della balanopostite, probabilmente attraverso diversi meccanismi, incluso la glicosuria. Per riconoscere se ci si trova di fronte a una balanopostite, i principali sintomi sono: dolore, irritazione e secrezione sottoprepuziale che si presentano abitualmente 2-3 gg dopo un rapporto sessuale. Possono presentarsi fimosi (restringimento del prepuzio a causa dell'edema superficiale del glande e del prepuzio stesso) ulcerazioni superficiali o adenopatia inguinale.


La balanopostite va trattata localmente con disinfettanti come una Soluzione borica o l’applicazione di soluzione acquosa di Eosina al 2%. Nei casi piu' difficili per via generale con antibiotici quali le tetracicline, i macrolidi o gli imidazolici per bocca. Una volta che la diagnosi e' stata effettuata e si e' sicuri della patologia, bisogna indagare le condizioni patologiche cui abbiamo accennato sopra e soprattutto la candidosi, e va misurata la glicosuria. Anche la cute del paziente va esaminata per ricercare lesioni che possono indicare un interessamento del tratto genitale con una dermatosi piu' diffusa. Se si rinviene una causa specifica, si dovra' procedere a una terapia appropriata e andranno messe in atto misure igieniche generali. Per la fimosi puo' essere necessario eseguire irrigazioni sottoprepuziali, per allontanare secrezioni e detriti. Nei pazienti con fimosi persistente si dovra' prendere in considerazione la possibilita' di eseguire la circoncisione dopo la risoluzione dell'infiammazione. Un discorso a parte va fatto se la patologia si presenta nel bambino, che puo' presentare disuria, pollachiuria, talora associati anche ad aumento della temperatura corporea. Di solito la balanopostite nei soggetti piu' piccoli si manifesta con un arrossamento e rigonfiamento del prepuzio, dal quale spesso fuoriesce una secrezione giallastra (evidente sulle mutandine). La balanopostite puo' essere occasionale ma, se ricorre frequentemente, il bambino dovrebbe essere sottoposto ad accertamenti quali test per intolleranza ai carboidrati o un'analisi delle urine. Per curare la fase iniziale della malattia si puo' immergere il pene del bambino in una idonea soluzione disinfettante (a esempio di cloramina). Se la situazione non migliora entro 1-2 giorni, compare febbre, il bambino non riesce a fare pipi, o dal prepuzio esce pus allora si deve intervenire per evitare la trasformazione in una forma sclero-atrofica licheniena a evoluzione fimotica o in una forma epiteliomatosa.



La sindrome di Reiter e la clamidIa



La Sindrome di Reiter, e' una forma di artrite reattiva caratterizzata dall’associazione di artrite, uretrite non gonococcica e congiuntivite, e da lesioni cutanee e mucose. In alcuni pazienti la patologia esordisce con disturbi intestinali o dopo una dissenteria infettiva, provocata da batteri come la Salmonella, la Shigella, Yersinia e Campylobacter. Normalmente, l’artrite si sviluppa da una a tre settimane dopo il contatto con il batterio infettivo. L’evoluzione puo' essere nel senso di una remissione spontanea (2-6 settimane) o di recidive. La Sindrome di Reiter e' in parte dovuta a cause genetiche e frequente e' la presenza del gene HLA-B27. Le persone con questa predisposizione genetica, sviluppano piu' facilmente la malattia in seguito a infezioni, le piu' frequenti delle quali sono di origine venerea e pertanto le fasce a rischio sono costituite da soggetti maschi di trenta o quarant’anni. Nei maschi la forma venerea si manifesta in maniera improvvisa e asimmetrica, da 4 giorni a 4 settimane dopo una infezione genitale - in particolare una uretrite da Chlamydia trachomatis o da Ureaplasma urealyticum. Piu' colpite solo le articolazioni di arti inferiori e piedi, quasi mai le mani. la congiuntivite e' bilaterale, non severa ma recidivante. Su glande, palme delle mani e piante dei piedi, cavo orale, uretra e vescica si formano lesioni vescicolari mucocutanee (del tutto diverse da quelle riscontrabili nella sindrome di Behcet), poco dolorose, che si erodono ma si risolvono spontaneamente. Anche se non esiste un test diagnostico specifico si riconosce per la combinazione dell’artrite con l’infiammazione oculare, genito-urinaria e/o gastrointestinale. La terapia e' prevalentemente sintomatica (I.C.)




di Danilo Panicali

giovedì 18 novembre 2010

L’importanza dell’Ossido nitrico. Una molecola strategica per i sistemi antiossidanti dell’organismo

L’importanza dell’Ossido nitrico. Una molecola strategica per i sistemi antiossidanti dell’organismo

Dr. Prof. Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD Docente Scuola Specializzazione Biochimica Clinica – Seconda Università di Napoli (Napoli). Presidente Comitato Scientifico Osservatorio Internazionale Stress Ossidativo (Parma)

L’ossido di azoto (NO), impropriamente chiamato ossido nitrico, è una specie chimica reattiva di natura radicalica centrata sull’azoto. Considerato per decenni un gas altamente inquinante – responsabile, tra l’altro, del cosiddetto “buco dell’ozono” – solo in epoca molto recente esso è stato individuato come uno dei più potenti mediatori biochimici che gli organismi viventi producono al loro interno al fine di controllare molte delle loro funzioni (1).

È sicuramente degno di nota il fatto che a questa sostanza sia legato il premio Nobel 1998 per la Medicina/Fisiologia, attribuito, appunto, al ricercatore americano Louis Ignarro “per le sue scoperte riguardanti l’ossido nitrico come molecola segnale nel sistema cardiovascolare” (2). Sei anni prima, la prestigiosa rivista scientifica “Science” aveva eletto l’NO come “molecola dell’anno” (3).

L’NO è una sostanza abbastanza ubiquitaria prodotta a partire dall’amminoacido L-arginina in una reazione multi-step catalizzata dall’enzima ossido nitrico sintetasi (figura 1). Quest’ultimo esiste in numerose isoforme, alcune costitutive (cellule endoteliali, piastrine, sistema nervoso) ed altre inducibili (macrofagi, leucociti polimorfonucleati, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, epatociti), e ciò dà ragione dell’ampia distribuzione dei siti di produzione dell’importante mediatore nel nostro organismo (4).

Figura 1. Sintesi schematica dell’ossido nitrico a partire dalla L-arginina Nei sistemi biologici, l’NO agisce come un importante messaggero intra- ed inter-cellulare regolando numerosissime funzioni, in primis quella dell’endotelio vascolare (1). Infatti, in seguito ad adeguata stimolazione (meccanica o chimica), le cellule endoteliali producono l’NO che, in parte, diffonde nel compartimento ematico, riducendo l’aggregabilità delle piastrine e l’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni, e, in parte, raggiunge la sottostante muscolatura liscia vascolare inducendone il rilasciamento. I conseguenti effetti anti-aggreganti, anti-infiammatori ed anti-ipertensivi sono ritenuti di grande importanza nella prevenzione dell’aterosclerosi (1). D’altronde, i famosi nitriti esteri e la stessa nitroglicerina sublinguale (Carvasin®), ampiamente usati come anti-anginosi decenni prima della “scoperta” dell’NO, sono, in realtà, dei “donatori” di questo mediatore ed è relativamente recente la messa a punto delle nitro-aspirine, derivati “nitrati” dell’acido acetilsalicilico in grado di rilasciare NO a livello periferico (1, 5). Rimanendo nell’ambito della farmacologia cardiovascolare, giova anche sottolineare che il sildenafil (Viagra®) agisce “prolungando” la durata d’azione dell’NO a livello dei corpi cavernosi del pene, contribuendo in questo modo a migliorare la funzione erettile, variamente compromessa nell’impotenza maschile (1).

Oltre all’effetto primario sull’endotelio, all’NO è riconosciuto un ruolo determinante di mediatore biochimico in numerose funzioni, a livello cerebrale (es. controllo dell’apprendimento e della memoria), gastrointestinale (modulazione delle secrezioni e della motilità), respiratorio (modulazione del tono della muscolatura liscia bronchiale), renale (autoregolazione del flusso ematico), e così via (6, 7). All’NO, in quanto radicale, è attribuita un’importante funzione di difesa nei confronti delle infezioni batteriche e, probabilmente, nel controllo della crescita dei tumori (7). A questo proposito occorre aggiungere, comunque, che condizioni di aumentato stress ossidativo – es. eccessiva produzione di anione superossido – comportano la conversione dell’NO in perossinitrito, una forma radicalica alla quale è legata la tossicità del mediatore primario (8).

Dopo che ha agito, l’NO viene trasformato in una serie di derivati, quali i nitriti ed i nitrati, che si accumulano, in funzione della quantità del mediatore primario prodotto, nel sangue ed in altri fluidi extracellulari per poi essere definitivamente allontanati dall’organismo attraverso le urine. Infatti, numerosi studi sperimentali e clinici hanno documentato che i livelli plasmatici ed urinari di nitriti/nitrati correlano abbastanza bene con la produzione “endogena” di NO, anche dopo particolari terapie (9).

Poiché la ridotta biodisponibilità dell’NO (figura 2) è ritenuta responsabile dell’insorgenza e/o dell’aggravamento di numerose quanto diffuse e temibili malattie, quali l’ipertensione arteriosa e l’aterosclerosi (2, 6-9), numerosi studi hanno valutato la possibilità di aumentare la sintesi endogena del mediatore centrato sull’azoto attraverso l’integrazione alimentare.

Figura 2. Biodisponibilità dell’ossido nitrico e malattie (NOS, ossido nitrico sintetasi, ONOO-, perossinitrito) La strada più battuta, in tal senso, è stata la somministrazione di dosi generose di L-arginina per via orale. Infatti, come si è detto in precedenza, questo amminoacido semi-essenziale (10) è il diretto precursore dell’NO (2).

In tale contesto, studi condotti su animali da laboratorio hanno dimostrato che l’integrazione alimentare con L-arginina, favorendo la sintesi di NO, accelera la guarigione di ulcere in ratti diabetici Sprague-Dawley (11), migliora la disfunzione endoteliale in hamster resi sperimentalmente iperlipemici-iperglicemici (12) ed esercita un effetto benefico sull’ipertensione ed il metabolismo lipidico

in ratti diabetici (13). Questi favorevoli effetti, confermati recentissimamente anche in ratti resi diabetici mediante streptozotocina (14), dimostrano che è sperimentalmente possibile, attraverso l’aggiunta di L-arginina alla dieta, migliorare la sintesi endogena di NO e revertire gli effetti sfavorevoli dovuti ad una ridotta biodisponibilità del mediatore. D’altra parte, sembra che la carenza di arginina eserciti di per sé effetti deleteri sullo sviluppo del sistema linfoide in animali da esperimento (15).

Studi condotti sull’uomo hanno confermato ed esteso le potenziali indicazioni “terapeutiche” della L-arginina che, sia come tale – grazie all’attività immuno- ed endocrino- modulatrice – sia, soprattutto, come precursore dell’NO, si sta rivelando particolarmente utile nel trattamento di numerosissime patologie, dalle varie forme cliniche della cardiopatia ischemica, quale l’angina pectoris, alla claudicatio intermittens, dall’ipertensione arteriosa all’insufficienza cardiaca congestizia, dalla preeclampsia alla disfunzione erettile (16-19). Inoltre, gli effetti dell’integrazione alimentare con L-arginina sono stati valutati anche nella terapia dell’AIDS, del diabete, della sindrome X, di alcune malattie gastrointestinali, dell’infertilità maschile e femminile, della cistite interstiziale e della demenza senile, con risultati molto interessanti (16, 20). Infine, esperimenti condotti su topi indicano che la L-arginina migliora le prestazioni muscolari in regime di esercizio aerobico attraverso un aumento della produzione di NO, e ciò conferma il già noto ruolo di questo amminoacido sulle performance atletiche (21).

Nel complesso, quindi, i dati sperimentali e quelli clinici qui analizzati, dimostrano univocamente che l’aggiunta di moderate quantità di L-arginina alla dieta abituale può migliorare alcune condizioni fisio-patologiche attraverso un aumento della sintesi endogena dell’NO, importantissimo mediatore biologico, di cui l’amminoacido è il diretto precursore.

Oggi sono disponibili numerose formulazioni orali a base di L-arginina, tra le quali andrebbero preferite quelle arricchite con antiossidanti, quali il selenio. Infatti, in talune circostanze, quali quelle legate allo stress ossidativo (squilibrio fra produzione ed inattivazione di specie reattive dell’ossigeno, quali l’anione superossido) l’NO, pur prodotto in quantità adeguate, viene rapidamente convertito in sottoprodotti biologicamente inattivi o addirittura tossici (es. perossinitrito) (vedi figura 2). Pertanto, sebbene la L-arginina possa esercitare di per sé un’azione anti-radicalica (22), la presenza di un antiossidante nella sua formulazione, è potenzialmente in grado di aumentare in maniera più efficiente la “biodisponibilità” dell’NO, sia fornendo il precursore fisiologico (L-arginina) sia neutralizzando le specie chimiche reattive che tenderebbero ad inattivarlo (selenio).

Le “dosi” di L-arginina da assumere variano a seconda delle indicazioni (23). Ovviamente, come per qualsiasi sostanza introdotta nel nostro organismo, vale la precauzione di ordine generale di consultare il medico prima dell’uso e di non abusare di queste formulazioni in termini di dosi e/o durata del trattamento. In particolare, sebbene alla usuali dosi, la L-arginina è ben tollerata – in quanto amminoacido normalmente presente nelle proteine – essa non dovrebbe essere assunta da soggetti in trattamento con sildenafil (Viagra®) o nitroglicerina, perché questi farmaci potenziano l’azione dell’NO, aumentando il rischio di tossicità da superdosaggio (23).

Bibliografia 1. Brennan PA, Moncada S. From pollutant gas to biological messenger: the diverse actions of nitric oxide in cancer. Ann R Coll Surg Engl.2 0 0 2. 84(2): 75-78. 2. Ignarro LJ. Nitric oxide: a unique endogenous signalling molecule in vascular biology. The Nobel Prize 1998 Medicine/Physiology Lecture.1 9 8 8. 3. Snyder SH. Nitric oxide: first in a new class of neurotransmitters? Science.1 9 9 2. 257: 494-496. 4. Förstermann U, Boissel J-P, Kleinert H. Expressional control of the ‘constitutive’ isoforms of nitric oxide synthase (NOS I and NOS III). FASEB J.19 9 8. 12: 773–790. 5. Ignarro LJ, Napoli C, Loscalzo J. Nitric oxide donors and cardiovascular agents modulating the bioactivity of nitric oxide. An Overview.2 0 02. Circ Res. 90: 21-28. 6. Ignarro LJ. Biological effects of nitric oxide. Proceedings of the “1st International meeting on nitric oxide. From basic science to clinical evidence”. Barcelona, Spain. 2003, May, 24.2 00 3. 7. Ignarro LJ. Plenary lecture. Proceedings of the “1st International meeting on nitric oxide. From basic science to clinical evidence”. Barcelona, Spain. 2003, May, 24.2 00 3. 8. Channon KM, Qian HS, George SE. Nitric oxide synthase in atherosclerosis and vascular injury. Insights from experimental gene therapy. Arterioscler Thromb Vasc Biol.2 0 0 0. 20: 1873–1881. 9. Fujiwara N, Osanai T, Kamada T, Katoh T, Takahashi K, Okumura K. Study on the relationship between plasma nitrite and nitrate level and salt sensitivity in human hypertension modulation of nitric oxide synthesis by salt intake. Circulation.2 0 0 0. 101: 856-861. 10. Lehninger AL, Nelson DL, Coc MM. Principi di Biochimica.1 9 94. 2: 563. Zanichelli, Bologna. II Ed. 11. Witte MB, Thornton FJ, Tantry U, Barbul A. L-Arginine supplementation enhances diabetic wound healing: involvement of the nitric oxide synthase and arginase pathways. Metabolism.2 0 0 2. 51(10): 1269-1273. 12. Popov D, Costache G, Georgescu A, Enache M. Beneficial effects of L-arginine supplementation in experimental hyperlipemia-hyperglycemia in the hamster. Cell Tissue Res.2 0 02. 308 (1): 109-120. 13. Kawano T, Nomura M, Nisikado A, Nakaya Y, Ito S. Supplementation of L-arginine improves hypertension and lipid metabolism but not insulin resistance in diabetic rats. Life Sci.2 0 0 3. 73 (23): 3017-3026. 14. Kohli R, Meininger CJ, Haynes TE, Yan W, Self JT, Wu G. Dietary L-arginine supplementation enhances endothelial nitric oxide synthesis in streptozotocin-induced diabetic rats. J Nutr.2 0 04 . 134(3): 600-608. 15. de Jonge WJ, Kwikkers KL, te Velde AA, van Deventer SJ, Nolte MA, Mebius RE, Ruijter JM, Lamers MC, Lamers WH. Arginine deficiency affects early B cell maturation and lymphoid organ development in transgenic mice. J Clin Invest.2 0 0 2. 110 (10): 1539-1548. 16. Appleton J. Arginine: clinical potential of a semi-essential amino acid. Altern Med Rev.2 002. 7 (6): 512-522.

17. Wu G, Meininger CJ. Arginine nutrition and cardiovascular function. J Nutr.2 00 0. 130: 2626–2629.

18. Palloshi A, Fragasso G, Piatti P, Monti LD, Setola E, Valsecchi G, Galluccio E, Chierchia SL, Margonato A.Effect



of oral L-arginine on blood pressure and symptoms and endothelial function in patients with systemic hypertension, positive exercise tests, and normal coronary arteries. Am J Cardiol.2 0 04. 3 (7): 933-935. 19. Stanislavov R, Nikolova V.Treatment of erectile dysfunction with pycnogenol and L-arginine. J Sex Marital Ther. 2003. 29 (3): 207-213. 20. Battaglia C. Adjuvant L-arginine treatment for in-vitro fertilization in poor responder patients. Hum Reprod.1 9 99. 14 (7): 1690-1697. 21. Maxwell AJ, Ho H-KV, Le CQ, Lin PS, Bernstein S, Cooke JP. L-arginine enhances aerobic exercise capacity in association with augmented nitric oxide production. J Appl Physiol.2 0 0 1. 90: 933–938. 22. Jablecka A, Checinski P, Krauss H, Micker M, Ast J. The influence of two different doses of L-arginine oral supplementation on nitric oxide (NO) concentration and total antioxidant status (TAS) in atherosclerotic patients. Med Sci Monit.2 0 0 4. 10 (1): CR29-CR32. 23. Fried R, Merrell WC. The arginine solution.1 9 99. Warner Books. Riassunt o L’ossido nitrico (NO) è una specie chimica reattiva centrata sull’azoto prodotta negli organismi viventi a partire dall’amminoacido semi-essenziale L-arginina, grazie all’azione catalitica dell’enzima ossido nitrico sintetasi. Generato quasi ubiquitariamente nell’organismo umano, l’NO modula una serie importantissima di funzioni biologiche a livello di quasi tutti gli organi e sistemi. L’aggiunta di L-arginina alla dieta è in grado di ripristinare la biodisponibilità dell’NO, revertendo almeno in parte gli effetti sfavorevoli di alcune condizioni morbose –in

primis ipertensione arteriosa e disfunzione rettile – legate a deficit di questo importante mediatore biochimico. Parole chiave Ossido nitrico, ossido nitrico sintetasi, perossinitrito, stress ossidativo, L-arginina, disfunzione endoteliale, disfunzione erettile, integratori.

Abst ract Nitric oxide (NO) is a nitrogen-centred reactive species that living organisms produce from the semi-essential amino acid L- arginine, thank to the catalytic action of a specific nitric oxide synthase. Nitric oxide is an ubiquitous molecule with a wide range of biological activities in many organs and systems. Dietary supplementation with L-arginine may at least partially restore NO bioavailability, thus reverting the unwanted effects of some diseases with impaired synthesis/ degradation of such a nitrogen-centred mediator, like arterial hypertension and erectile dysfunction.

Key w ords Nitric oxide, nitric oxide synthase, peroxynitrite, oxidative stress, L-arginine, endothelial dysfunction, erectile dysfunction, dietary supplementation.


Fig 1 : Sintesi dell' NO a partire daal'Arginina
Fig :2 Biodisponibilità dell'NO e malattie

Infertilità Maschile e Diossina

L’esposizione alla diossina

riduce i livelli di testosterone già

a una dose di accumulo di soli 17

ng/Kg, valori facilmente

riscontrabili anche in soggetti

non esposti professionalmente.

La diminuita conta spermatica

sembra essere correlata

all’azione simil-estrogenica della

diossina, lo stesso motivo

chiamato in causa

nell’endometriosi femminile.

Dopo l’incidente di Severo e a 15 anni di distanza,

ancora si registrano un eccesso di nascite di bambini di

sesso femminile che maschile, soprattutto negli uomini che

al tempo dell’incidente si trovavano nella fase puberale o

pre-puberale. Si sono contati, infatti, 50 figli maschi su 81

femmine contro gli attesi 106 su 100. dato il tempo

trascorso, sembra che anche piccolissime quantità di

diossina siano capaci di procurare questo effetto. La

diossina colpisce con effetti teratogeni in particolar modo
Taranto e la piaga dell'inquinamento industriale

l’apparato riproduttivo maschile.

mercoledì 17 novembre 2010

Stress Ossidativo e Patologie Correlate

Lo stress ossidativo è una condiziona patologica che si verifica nell’organismo quando l’equilibrio fra produzione ed eliminazione di radicali liberi viene meno. Una condizione che dipende in buona parte dalla composizione della dieta e che, oltre ad essere associata al fisiologico invecchiamento cellulare, è coinvolta insieme all’infiammazione nello sviluppo di diverse malattie croniche come l’aterosclerosi, l’obesità e il diabete di tipo 2, spesso associati alla sindrome metabolica. Per combattere lo stress ossidativo è molto importante seguire uno stile di vita salutare, basato su poche e semplici regole: non fumare, fare un uso moderato di alcol, seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di frutta e verdura, accompagnata da una regolare attività fisica che potenzia le difese antiossidanti dell’organismo.




In quest’ambito NFI – Nutrition Foundation of Italy – Centro Studi dell’ alimentazione – segnala due studi scientifici che confermano come la capacità antiossidante totale della dieta da una parte rifletta i livelli di assunzione di antiossidanti con gli alimenti e dall’altra sia inversamente associata ad alcuni fattori di rischio della sindrome metabolica.



Il primo studio pubblicato su Nutrition ha valutato la relazione fra la Capacità Antiossidante Totale della Dieta (TAC) e diverse manifestazioni precoci della sindrome metabolica in adulti giovani e in buona salute. In 153 soggetti sani con più di 20 anni sono stati analizzati: la pressione sanguigna, alcune variabili antropometriche, i livelli di colesterolo, la glicemia e gli acidi grassi liberi. Dall’analisi dei dati raccolti è emersa un’associazione positiva e significativa fra la TAC della dieta e assunzione di fibra, acido folico, vitamina A e C, magnesio, selenio e zinco. Un’associazione negativa è invece emersa fra TAC della dieta e pressione sistolica, livelli di glucosio nel sangue e di acidi grassi in forma libera, parametri che peggiorano in mancanza di sostanze antiossidanti. Infine è stata evidenziata anche una relazione tra la massa grassa e la carenza di antiossidanti di origine alimentare.



I ricercatori hanno quindi concluso che la TAC della dieta, che riflette i livelli di assunzione di antiossidanti, può essere considerata un elemento importante per la valutazione precoce del rischio di sviluppare la sindrome metabolica,



La revisione sistematica pubblicata su Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases ha invece preso in considerazione precedenti studi sperimentali e clinici che evidenziano come la maggior parte dei componenti della sindrome metabolica siano associati ad una condizione di stress ossidativo, un elemento importante che contribuisce allo sviluppo di complicazioni metaboliche e cardiovascolari. In futuro la determinazione dello stress ossidativo nei pazienti affetti da sindrome metabolica potrebbe contribuire a identificare quei soggetti maggiormente a rischio di complicanze che potrebbero essere canditati alla cura con terapie più intense.



Fonte : http://www.italia-news.it/

venerdì 12 novembre 2010

DIOSSINA E FERTILITA' MASCHILE

Lo studio, che sarà presentato a settembre al congresso della Società Italiana di Andrologia, rivela che gli uomini italiani dagli anni Settanta ad oggi hanno visto diminuire gli spermatozoi, in un millilitro di sperma, da 71 milioni a 60. E se trent’anni fa uno spermatozoo su due era mobile, ora lo è appena il 30 per cento. I dati, raccolti da Fabrizio Menchini Fabris dell’Università di Pisa, arrivano da diecimila uomini sani e giovani (età media 29 anni). Colpiscono soprattutto le differenze fra le regioni italiane. Così se pugliesi, siciliani e toscani sembrano avere spermatozoi più sani, Lazio, Lombardia e Veneto registrano primati in negativo.



Ma la maglia nera spetta alla Campania e a Napoli, al di sotto della media nazionale. I cumuli di immondizia bruciati per strada forse non sono estranei al risultato, visto che gli esperti puntano il dito contro l’inquinamento, ovvero le discariche abusive, i pesticidi, lo smog. «Esiste una correlazione fra la fertilità e gli inquinanti ambientali. Negli uomini che vivono nei grandi centri urbani, in aree inquinate da rifiuti industriali o zone agricole dove si fa uso di pesticidi, gli spermatozoi sono meno mobili del 20 per cento rispetto a quelli di chi abita nelle piccole città; non solo, anche gli spermatozoi anomali sono il 15 per cento in più», riferisce Menchini Fabris. «Piombo, ossido di carbonio, polveri sottili: li respiriamo ogni giorno e si accumulano nei testicoli — aggiunge Giorgio Piubello, segretario della Società Italiana di Andrologia — . con effetti sul liquido seminale; lo provano gli studi condotti su chi è molto esposto, come i vigili urbani o i casellanti».



Una conferma arriva da Paolo Mocarelli dell’Università Milano Bicocca, già direttore del Servizio di Laboratorio dell’ospedale di Desio (Milano), che per la prima volta al mondo ha dimostrato nell’uomo il collegamento diretto fra l’esposizione alla diossina e una riduzione nella conta degli spermatozoi (lo studio è stato pubblicato su Environmental Health Perspective). È stato possibile grazie a 135 abitanti di Seveso esposti alla nube tossica, gonfia di chili di diossina, uscita dallo stabilimento chimico dell’Icmesa di Meda il 10 luglio del 1976. Da oltre vent’anni Mocarelli studia il loro apparato riproduttivo e confronta i dati con i livelli di diossina assorbita: alcuni di quelli che all’epoca avevano meno di dieci anni oggi hanno un calo del 40 per cento del numero e della motilità degli spermatozoi rispetto ai coetanei non esposti alla diossina. «La diossina e gli inquinanti che agiscono con lo stesso meccanismo, ad esempio i policlorobifenili, interferiscono con gli equilibri ormonali, soprattutto nei bimbi piccoli — spiega Mocarelli — . La sensibilità ai danni da diossina però non è la stessa per tutti e la conta degli spermatozoi delle vittime della tragedia di Seveso non è una condanna senza appello alla sterilità. I dati raccolti indicano, purtroppo, che anche dosi basse di diossina possono compromettere in modo permanente la quantità e la qualità degli spermatozoi». Questo aiuta a spiegare il calo della fertilità nel mondo occidentale: i livelli ambientali della diossina degli anni Settanta e Ottanta erano tre-quattro volte superiori a quelli attuali; la riduzione è merito delle politiche di sanità pubblica, come l’abolizione di piccoli inceneritori e l’adozione di impianti di riscaldamento moderni e vetture a emissioni ridotte. Resta da vedere se tutto questo servirà a migliorare gli spermatozoi. Lunedì inizia la settimana della prevenzione andrologica: in tutte le regioni decine di specialisti saranno a disposizione per visite gratuite.



Elena Meli





Fonte www.corriere.it

07 marzo 2008

mercoledì 20 ottobre 2010

Pesce alleato della prostata malata

Nuovi dati indicano che in chi ha già sviluppato il tumore il consumo di prodotti ittici può migliorare la prognosi



MILANO - Se le potenzialità preventive del pesce nei confronti del diffuso tumore della prostata sono ancora controverse, non si può dire altrettanto quando il cancro ha già colpito. Secondo una rassegna canadese degli studi sul tema, pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition, pare proprio che mangiare spesso pesce quando ormai il tumore si è già sviluppato possa ridurre il rischio che si formino metastasi e la mortalità.


BENEFICI - Fino ad ora diversi studi hanno evidenziato che il consumo regolare di pesce comporta alcuni benefici per la salute tra cui una riduzione del rischio di avere un infarto o un ictus, tuttavia è ancora poco chiaro il suo ruolo nei confronti del tumore della prostata. Per cercare di chiarire questo punto i ricercatori canadesi hanno analizzato una trentina di studi sul tema giungendo alla conclusione che il pesce non sarebbe di grande aiuto nella prevenzione di questo tumore, ma gioverebbe una volta che la malattia si è sviluppata. In particolare, dai dati raccolti emerge che gli uomini che mangiano spesso pesce hanno un rischio ridotto del 44 per cento di sviluppare metastasi nonché un rischio ridotto del 63 per cento di soccombere per colpa del cancro.

MECCANISMI - Secondo i ricercatori canadesi gli effetti benefici del pesce potrebbero essere legati all’azione antinfiammatoria degli oli di pesce in grado di contrastare la progressione del tumore. Alcuni studi precedenti hanno infatti evidenziato che i grassi buoni del pesce, i ben noti omega-3, sono in grado di ridurre la progressione del tumore riducendo l’infiammazione e attraverso altri meccanismi.


QUANTITÀ - «Possiamo senz’altro dire che mangiare più spesso pesce può offrire dei benefici, purtroppo però non sappiamo quante sono le porzioni ideali» puntualizza Konrad M. Szymanski della McGill University di Montreal, uno degli autori dello studio. L’impossibilità di dare delle indicazioni precise, spiegano i ricercatori, deriva dall’eterogeneità degli introiti di pesce considerati nei diversi studi. Tuttavia, considerando che mangiare spesso pesce è un toccasana per la salute in generale, sarebbe utile raccomandarne un consumo maggiore negli uomini. «Il tumore della prostata è una malattia molto comune - fa notare Szymanski - e se anche l’impatto del consumo di pesce su di essa fosse modesto, la promozione di una politica di implementazione al suo consumo relativamente economica e facile potrebbe avere complessivamente delle ricadute importanti». Insomma via libera al consumo di pesce, ricordano di variare comunque la tipologia e di abbinarlo ad altri alimenti benefici, a partire da frutta e verdura.



Antonella Sparvoli

20 ottobre 2010

venerdì 1 ottobre 2010

TRATTAMENTO MEDICO E FISICO DELLE PATOLOGIE HPV CORRELATE

Carlo Antonio Liverani

Servizio di Ginecologia Preventiva Dipartimento per la Salute della Donna, del Bambino e del Neonato - Fondazione I.R.C.C.S. - Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena Università degli Studi di Milano

L’infezione da papillomavirus umano (HPV) ha un’elevata prevalenza nella popolazione adulta sessualmente attiva, con stime che arrivano a calcolare che una donna all’età di 50 anni avrà avuto fino all’80% di probabilità di essere venuta in qualche modo in contatto con il virus nel corso della propria vita. Oltre alla cervice uterina, gli HPV sono responsabili di infezioni a livello vaginale, vulvare, perianale ed anale, penieno ed orofaringeo. Occorre distinguere le infezioni subcliniche (diagnosticabili con citologia, colposcopia ed istologia), dalle infezioni cliniche (visibili anche ad occhio nudo, note come condilomi floridi).

Patologie HPV correlate

• Circa il 70% dei cancri cervicali è causato dai tipi di HPV 16 o 18.

• Dal 50 al 60% delle lesioni intraepiteliali di alto grado della cervice uterina (CIN2 e CIN3) è dovuto all’HPV 16 e 18.

• Dall’80 al 90% dei cancri anali è causato dall’HPV 16 o 18.

• Almeno il 40% dei cancri vulvari è correlato all’HPV.

• Percentuali variabili di cancri penieni, vaginali, uretrali, orali (testa e collo) contengono tipi carcinogenici di HPV.

• Il 90% dei condilomi floridi anogenitali è causato dall’HPV 6 o 11.

• La papillomatosi laringea giovanile si verifica in circa 1 su 200.000 bambini al di sotto dei 18 anni di età (raramente i papillomi possono trasformarsi in carcinomi a livello di laringe, esofago, bronchi. Gli HPV 6 e 11 sono i tipi più frequenti nei papillomi del tratto respiratorio ed il tipo 11 è quello che più spesso si associa alla progressione verso il cancro).

INFEZIONE GENITALE SUBCLINICA

Comprende situazioni in cui l’infezione viene diagnosticata sulla cervice dal Pap test, colposcopia o biopsia; a livello vulvare, penieno o di altra cute genitale dalla comparsa di aree bianche dopo applicazione di acido acetico al 5%. Si verifica molto più frequentemente delle lesioni genitali visibili, sia tra gli uomini che tra le donne. A livello cervicale viene spesso diagnosticata dal Pap test unitamente a lesioni squamose intraepiteliali. Non è ancora chiaro se i pazienti con infezione subclinica siano altrettanto contagiosi quanto i pazienti che hanno lesioni esofitiche. In assenza di una coesistente lesione squamosa intraepiteliale, il trattamento dell’infezione subclinica da HPV diagnosticata con colposcopia, biopsia, applicazione di acido acetico o rilevazione dell’HPV con test di laboratorio non è raccomandato. Infatti il valore preventivo del trattamento di queste forme non è dimostrato perché non è stata identificata alcuna terapia che eradichi l’infezione. Inoltre la diagnosi di infezione è spesso una diagnosi non definitiva: una percentuale che arriva fino al 91% dei casi di infezione da HPV si risolve spontaneamente entro due anni. In presenza di una lesione squamosa intraepiteliale invece, il trattamento dovrebbe basarsi sul grado del referto istopatologico. Pertanto la gestione di queste pazienti deve essere finalizzata alla diagnosi precoce ed alla terapia delle lesioni preneoplastiche che eventualmente si associano (CIN, VIN, VaIN, AIN). Le lesioni di basso grado possono essere seguite con programmi di follow-up semestrale data l’elevata percentuale di regressione spontanea, mentre quelle di alto grado devono essere sottoposte ad escissione (con bisturi, raggio laser o radiofrequenza).

Poiché in assenza di una concomitante displasia non si raccomanda il trattamento per l’infezione genitale subclinica da HPV, la valutazione medica dei partner sessuali non è necessaria. La maggior parte dei partner sessuali dei pazienti con infezione da HPV è già probabilmente infetta in modo

subclinico. Lo screening per l’infezione genitale subclinica da HPV mediante test al DNA o RNA non è raccomandato.

INFEZIONE GENITALE CLINICA

Per quanto riguarda invece le forme floride (che rappresentano circa l’1% di tutte le infezioni), queste dovranno essere attentamente valutate e adeguatamente trattate, per l’elevata contagiosità, la possibile presenza di sintomi e l’impatto psicologico che quasi sempre determinano nei soggetti che ne sono affetti: prima di procedere a qualunque tipo di trattamento è però indispensabile escludere le forme pretumorali e tumorali, che talvolta anche nelle condilomatosi floride possono essere associate. Le varie opzioni terapeutiche non sempre risultano efficaci e vi è un alto tasso di persistenza o di recidiva delle lesioni, soprattutto nelle donne immunodepresse. Allo stato attuale delle conoscenze, la terapia chirurgica si è dimostrata superiore alla quella medica.

I condilomi genitali rappresentano la più comune malattia a trasmissione sessuale dei paesi industrializzati. Poiché rispondono male ai comuni trattamenti, essi sono responsabili di una non indifferente morbilità. Più del 90% delle lesioni condilomatose genitali sono associate ai tipi di HPV 6 e 11: questi tipi, pur non essendo associati ai carcinomi cervicali, causano tuttavia gradi minori di displasia che risultano anch’essi in una morbilità, sia per i timori che vengono ingenerati sia per l’overtreatment. Circa due terzi degli individui che hanno un contatto sessuale con un soggetto affetto da condilomi floridi svilupperà condilomatosi, generalmente entro tre mesi dal contatto. I partner sessuali di pazienti con condilomi possono trarre beneficio dall’esame clinico per un’eventuale diagnosi di lesioni genitali e di altre malattie sessualmente trasmesse. L’uso del preservativo può ridurre ma non eliminare il rischio di trasmissione ai partner non infettati: infatti l’infezione può essere trasmessa a livello di aree dell’asta peniena non ricoperte dal preservativo, dell’inguine, dello scroto o del pube. L’impiego del preservativo non si è dimostrato efficace neanche nel migliorare l’esito del trattamento dei condilomi anogenitali, ma, potendo almeno in parte prevenire la trasmissione ai partner non infettati, va comunque incoraggiato. Educazione e counseling sono aspetti importanti della gestione dei pazienti con condilomatosi genitale: i pazienti possono venire informati per mezzo di materiali educativi appropriati, tipo opuscoli e siti web.

I tipi di HPV 16, 18, 31, 33, e 35 vengono occasionalmente ritrovati nei condilomi genitali visibili e sono stati associati alle neoplasie squamose intraepiteliali ed ai carcinomi cervicali, vaginali e dei genitali esterni (vulvari, anali e penieni). Non bisogna dimenticare che pazienti con condilomi genitali visibili possono risultare infettati simultaneamente con tipi di HPV multipli. Non vi sono dati che supportino l’impiego di routine di test virali tipo-specifici nella gestione dei condilomi genitali visibili.

Lo stress psicologico di essere portatori di condilomatosi genitale è spesso maggiore della morbilità della malattia e perciò un trattamento efficace è cruciale. Scopo primario del trattamento dei condilomi genitali visibili è la rimozione delle lesioni sintomatiche. Nella maggior parte dei pazienti il trattamento può indurre periodi di guarigione. Se non vengono trattati, i condilomi genitali visibili possono risolversi spontaneamente, rimanere invariati, oppure estendersi in dimensione e/o numero. I dati esistenti indicano che le terapie attualmente disponibili per i condilomi possono ridurre l’infettività, ma probabilmente non la eliminano. Poiché non esiste un migliore trattamento in assoluto, sarà compito del medico che lo esegue cercare di adattarlo e personalizzarlo al singolo paziente. Qualunque tipo di terapia venga scelta, bisogna ricordare che il DNA virale può persistere in forma latente nel tessuto circostante e può portare a ricorrenza di lesioni visibili.

Le terapie raccomandate per la condilomatosi florida anogenitale si distinguono in terapie applicate dal paziente e terapie praticate dal medico.

Terapie applicate dal paziente:

Podofillotossina soluzione allo 0,5%. Composto purificato estratto dalla pianta Podofillum peltatum. La soluzione va applicata con un batuffolo di cotone sui condilomi genitali visibili, due volte al giorno - mattina e sera - per 3 giorni consecutivi, seguiti da 4 giorni di sospensione del

trattamento. Questo ciclo può essere ripetuto, se necessario, fino ad un massimo di 4 cicli consecutivi. L’area totale da trattare non dovrebbe superare i 10 cm2 ed il volume totale di podofillotossina dovrebbe essere limitato a 0,5 mL al giorno. La sicurezza della podofillotossina in gravidanza non è stata documentata.

Imiquimod crema al 5%. L’imiquimod è un farmaco immunostimolante attivo per via topica, che stimola la produzione di interferoni e di altre citochine. Reazioni infiammatorie locali, da lievi a moderate, sono comuni. La crema va applicata una volta al giorno, alla sera al momento di coricarsi, per tre volte alla settimana fino ad un massimo di 16 settimane. L’area trattata dovrebbe essere lavata con acqua e sapone 6-10 ore dopo l’applicazione. Il costo è elevato e l’efficacia variabile. La sicurezza dell’imiquimod durante la gravidanza non è stata stabilita.

Terapie praticate dal medico:

Crioterapia con azoto liquido o criosonda. Le applicazioni possono essere ripetute ogni 1-2 settimane. La crioterapia distrugge i condilomi per citolisi termo-indotta. L’impiego della criosonda in vagina non è raccomandato, a causa del rischio di perforazione vaginale e la formazione di fistole.

Podofillina resina al 10%-25%. Estratta dalle radici e dai rizomi del Podofillum peltatum, pianta originaria delle regioni orientali dell’America del Nord come anche del podofillo indiano. Un sottile strato di questa resina dovrebbe essere applicato su ciascuna lesione e lasciato asciugare all’aria aperta. Il trattamento può essere ripetuto settimanalmente, se necessario. Per evitare la possibilità di complicazioni associate all’assorbimento sistemico e la tossicità, alcuni Autori raccomandano che l’applicazione sia limitata a meno di 0,5 mL di podofillina o un’area minore di 10 cm2 di condilomi per sessione. Per ridurre l’irritazione locale, la preparazione dovrebbe essere completamente rimossa con acqua 1-4 ore dopo l’applicazione. La sicurezza della podofillina durante la gravidanza non è stata stabilita. Recentemente molti Autori non raccomandano più l’uso della podofillina, a causa dei gravi effetti sistemici legati al suo assorbimento oltre che alle severe reazioni locali ed alla scarsa efficacia. Infine sono ben note le sue proprietà teratogene ed oncogene.

Acido tricloroacetico (TCA) o bicloroacetico (BCA) 80%–90%. Sono entrambi agenti caustici che distruggono i condilomi per coagulazione chimica delle proteine. Una piccola quantità di queste sostanze dovrebbe essere applicata solamente sulle lesioni e lasciata asciugare, finché non si sviluppa una specie di “brina”. Se l’acido viene applicato in eccesso, l’area trattata dovrebbe essere cosparsa di talco, bicarbonato di sodio, o sapone liquido. Questo trattamento può venire ripetuto settimanalmente, se necessario. Benché questi preparati siano ampiamente utilizzati, essi non sono stati completamente studiati. Soluzioni di TCA hanno una bassa viscosità, paragonabile a quella dell’acqua e possono diffondersi rapidamente se applicati in eccesso; perciò possono danneggiare i tessuti adiacenti.

Rimozione chirurgica mediante escissione tangenziale con forbici, bisturi, curettage, o elettrochirurgia, inclusa l’ansa diatermica (LEEP) e il Laser: dopo avere praticato un’anestesia locale, i condilomi visibili vengono fisicamente demoliti. Il raggio Laser e la LEEP esercitano le loro funzioni di taglio-coagulo con gli stessi meccanismi termici ed alle stesse temperature. In entrambi i sistemi il danno termico è contenuto dall’involucro di vapore che evita la dispersione termica nei tessuti. Sia l’elettrochirurgia a radiofrequenza che la chirurgia con Laser richiedono un apparecchio per l’aspirazione dei fumi: è dimostrato infatti che tali fumi contengono DNA virale potenzialmente in grado di causare negli operatori un’infezione da HPV del tratto respiratorio. Indipendentemente dalla tecnica, il 20-30% dei pazienti svilupperà nuove lesioni ai bordi del tessuto trattato e/o in sedi remote. La “laservaporizzazione” consiste nella distruzione del tessuto fino al piano chirurgico interessato, mentre la “laserescissione” consente di escindere il tessuto e quindi permette l’esame istologico del pezzo operatorio. Pertanto la prima tecnica va riservata solo a lesioni superficiali, lesioni condilomatosiche, o aree limitate di lichen scleroso, mentre la seconda viene utilizzata per le VIN, lesioni pigmentate, o comunque ogniqualvolta possano esservi dubbi interpretativi.

Il trattamento con 5-Fluorouracile in crema al 5% non è più raccomandato, a causa dei gravi effetti collaterali, che possono dare problemi anche a lunga distanza (neovascolarizzazione, bruciore vulvare, teratogenesi). Inoltre il suo utilizzo nella gestione dei condilomi anogenitali non è previsto dalla licenza del prodotto ed è a totale responsabilità del medico.

Trattamenti in gravidanza

Imiquimod, podofillina e podofillotossina non dovrebbero essere utilizzati durante la gravidanza. Dato che i condilomi genitali possono proliferare e divenire friabili nel corso della gestazione, molti specialisti sostengono la necessità della loro rimozione in gravidanza. I tipi di HPV 6 e 11 possono causare papillomatosi laringea nei neonati e nei bambini: la via di trasmissione (transplacentare, perinatale, o postnatale) non è completamente chiarita. Il valore preventivo del taglio cesareo non è noto; perciò il parto cesareo non dovrebbe mai essere effettuato al solo intento di prevenire la trasmissione dell’infezione da HPV al neonato. In gravidanza la terapia più efficace della condilomatosi genitale è probabilmente rappresentata dalla Laser chirurgia.

Trattamenti in pazienti immunocompromessi

L’immunodeficienza inibisce l’eliminazione dell’infezione da HPV e facilita la sua riattivazione. Soggetti immunodepressi a causa di infezione da HIV o per altre ragioni, possono non rispondere alle terapie per i condilomi anogenitali alla stregua dell’ospite immunocompetente e possono manifestare più frequenti recidive dopo trattamento. Carcinomi squamocellulari che insorgono in condilomi o che assomigliano ai condilomi possono inoltre verificarsi più frequentemente fra gli individui immunodepressi, richiedendo pertanto un maggiore ricorso alla biopsia per la conferma della diagnosi. Data l’aumentata incidenza di cancro anale nei maschi omosessuali sieropositivi per HIV, alcuni Autori raccomandano lo screening citologico per le lesioni squamose intraepiteliali anali (AIN) in questa popolazione. Le complicanze emorragiche ed infettive durante e dopo terapia, nelle pazienti HIV positive sono più importanti rispetto alle pazienti HIV negative. Le donne con infezione da HIV presentano anche un rischio più elevato di coinfezione con più tipi di HPV e la coinfezione potrebbe costituire un altro fattore di rischio indipendente di progressione. È stata inoltre descritta una chiara correlazione tra bassi livelli di CD4 e un numero più elevato di tipi HPV. Ciò depone per la persistenza o la riattivazione di infezioni da HPV preesistenti, in un quadro generale di compromissione della risposta immunitaria. Il fatto che più tipi di HPV siano stati descritti anche in una significativa percentuale di donne HIV negative, suggerisce l’esistenza di un sottogruppo di donne con una risposta immunitaria all’HPV intrinsecamente deficitaria.

COUNSELING SUGGERITO

I papillomavirus che colpiscono il tratto genitale inferiore (collo uterino, vagina, vulva e ano) sono di differenti tipi e possono provocare schematicamente 5 differenti scenari:

1) Assolutamente niente. È questa l’evenienza sicuramente più comune nella donna sana, non fumatrice e non immunodepressa. Come i virus sono venuti, così se ne vanno.

Terapia: nessuna.

2) Condilomi floridi. Sono lesioni contagiose, che è consigliabile eliminare tanto nella donna come nell’uomo. Si tratta di lesioni benigne, come le verruche, ma che possono recidivare spesso, causando notevoli disagi anche psicologici. Colpiscono circa l’1% della popolazione sessualmente attiva.

Terapia: asportazione chirurgica, vaporizzazione Laser o radiofrequenza, talora applicazione di particolari sostanze.

3) Lesioni squamose di basso grado. Sono lesioni ad alta probabilità di regressione spontanea, ma che è sempre doveroso indagare con la colposcopia (per confermare la loro natura).

Terapia: osservazione.

4) Lesioni squamose di alto grado. Sono lesioni ad alto rischio di diventare cancro, che è doveroso trattare chirurgicamente.

Terapia: conizzazione con ansa termica (LEEP o tecniche analoghe).

5) Lesioni ghiandolari. Si tratta in questo caso, fortunatamente molto più raro dei precedenti, di lesioni pericolose, ad elevato potenziale oncogeno e che possono ripresentarsi anche dopo LEEP. Se l’esame istologico definitivo è di adenocarcinoma in situ, sarà più prudente asportare tutto l’utero, almeno nelle donne che non vogliono più figli.

Terapia: isterectomia totale.

Conclusione

Allo stato attuale, purtroppo non ci sono evidenze che indichino che i trattamenti oggi disponibili per le lesioni genitali da papillomavirus:

1) eradichino l’infezione da HPV,

2) influiscano sulla storia naturale dell’infezione,

3) diminuiscano l’infettività,

4) influiscano sullo sviluppo del cervicocarcinoma.

Solo l’estendersi di programmi vaccinali contro l’HPV potrà cambiare questa situazione. Gli adolescenti sessualmente attivi hanno i più elevati tassi di infezione da HPV prevalente ed incidente, con percentuali superiori al 50-80% di probabilità di sviluppare infezioni entro 2-3 anni dopo l’inizio dell’attività sessuale. Questi alti tassi riflettono il comportamento sessuale e la vulnerabilità biologica. La maggior parte delle infezioni ha natura transitoria e non causa anomalie citologiche. Tuttavia un certo numero di adolescenti non si libera dall’infezione. La persistenza dell’HPV è fortemente collegata allo sviluppo di lesioni squamose intraepiteliali di alto grado (H-SIL) e al cancro invasivo. La vaccinazione prima dell’inizio dell’attività sessuale è di fondamentale importanza nell’interrompere la diffusione dell’infezione. Strategie politiche e risorse economiche decreteranno il successo del vaccino.

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lunedì 27 settembre 2010

La cistite post coitale

Le crisi di coppia possono nascere anche nell’intimità. L’uomo e la donna restano disorientati quando l’intesa emotiva e affettiva non si traduce in intesa fisica, e anzi trova nella sessualità l’area di maggiore delusione. O, addirittura, di dolore. Tra i sintomi più pesanti per la donna c’è la cistite che compare 24-72 ore dopo il rapporto (“post-coitale”). Costituisce il 4% delle cistiti, ma ben il 60% di quelle che recidivano. I sintomi che la caratterizzano sono il bruciore vescicale e uretrale, la minzione frequente e dolorosa, con un dolore/bruciore che persiste anche dopo la fine del getto urinario, talvolta perdita di sangue con le urine (“ematuria”). In positivo, è possibile risolverla se sappiamo diagnosticare e curare i fattori che predispongono alla cistite, quelli che la scatenano e quelli che la mantengono. Va evitato invece il minimalismo terapeutico di prescrivere solo antibiotici sempre più aggressivi che distruggono anche gli ecosistemi normali, intestinale e vaginale, favorendo le temibili infezioni da Candida, un fungo patogeno.

Una buona diagnosi di cistite implica che il medico valuti i possibili fattori predisponenti, quali: 1) la carenza di estrogeni, da cui dipendono sia l’innalzamento del pH con alterazione dell’ecosistema vaginale, che rende la vescica più vulnerabile all’attacco dei germi, sia la maggiore sensibilità a traumi meccanici; 2) la stitichezza, che favorisce le infezioni da Escherichia Coli; 3) l’eccessiva contrazione (“ipertono”) del muscolo elevatore dell’ano che chiude in basso il bacino. E che ricerchi i fattori precipitanti che scatenano l’attacco: 1) infezioni da germi (batteri, virus, funghi); 2) traumi meccanici, quali il rapporto sessuale in condizioni di secchezza vaginale e/o quando il muscolo che chiude in basso il bacino (“elevatore dell’ano”) è contratto: 3) variazioni brusche di temperatura, che causano la “cistite da freddo”; 4) danni chimici o fisici, quali chemio e radioterapia. La cistite persiste e peggiora, quando sono presenti due fattori di mantenimento: 1) una diagnosi inadeguata o incompleta e/o 2) una terapia che non cura i fattori predisponenti e precipitanti nella loro globalità.

La donna è più vulnerabile alle cistiti rispetto all’uomo per ragioni anatomiche: la stretta vicinanza con la vagina rende la vescica sensibile ai traumi “meccanici” qual è, per esempio, il rapporto sessuale se la lubrificazione non è adeguata, se la donna prova dolore alla penetrazione, e/o i muscoli che circondano la vagina sono contratti. La probabilità di sviluppare una cistite aumenta di 4 volte, se la donna ha secchezza vaginale, e di 7 volte, se il rapporto causa dolore. Spesso la cistite si associa a dolore vulvare (“vulvodinia”) e vestibolite vulvare. In altri termini, esiste una frequente comorbilità tra cistiti e sintomi sessuali quali la secchezza vaginale e il dolore all’inizio della penetrazione. Il dolore è il più potente inibitore riflesso della lubrificazione vaginale (ecco perché la donna avverte “secchezza” vaginale) e della congestione genitale associata all’eccitazione. Questo può favorire le cistiti perché l’uretra, il condottino da cui esce l’urina, è circondata da una fitta rete di vasi sanguigni, che si congestionano con l’eccitazione, formando una sorta di manicotto ammortizzatore che protegge l’uretra e il trigono dal trauma meccanico di un rapporto. Se l’eccitazione è insufficiente, o si blocca, questa protezione viene meno, facilitando la cistite post-coitale.

La diagnosi accurata orienterà la terapia risolutiva: 1) fare terapia antibiotica solo in caso di cistite infettiva, in modo mirato (dopo antibiogramma), a dose piena, e con antibiotici che rispettino l’ecosistema vaginale; 2) normalizzare il pH e l’ecosistema vaginale, con acidificanti vaginali (acido borico, vitamina C, gel che liberano ioni H+); 3) ripristinare un normale livello estrogenico in vagina, con minime quantità di estrogeni locali, da applicare due volte la settimana, specie dopo la menopausa; 4) correggere la stipsi; 5) rilassare il muscolo elevatore contratto: con automassaggio e stretching che la donna può fare da sola, oppure con biofeedback dei muscoli pelvici, tecnica che aiuta a comandare il rilassamento del muscolo; 6) assumere estratti di mirtillo rosso (“cranberry”) che riducono il potere aggressivo dell’Escherichia coli nei confronti della mucosa vescicale; 7) migliorare la risposta sessuale, curando secchezza e dolore ai rapporti; 8) non ultimo, curare anche il partner, in caso di infezioni “a ping-pong”.

Anche questa temibile nemica dell’intimità, la cistite dopo rapporto, può essere risolta definitivamente con diagnosi e cure appropriate. E la passione può accendersi.

giovedì 23 settembre 2010

Visita andrologica, problemi a letto per il 30% dei maschi italiani

Non essendoci più l'obbligo del servizio militare, mentre per le ragazze è normale fare delle visite ginecologiche, i ragazzi non vengono più sottoposti a un importante appuntamento che era la visita di leva durante la quale venivano sottoposti anche ad un controllo andrologico, utile in molti casi per far luce su eventuali disturbi sessuali.
Problemi come il calo del desiderio, defaillance, eiaculazione precoce e infezioni, sono in continua crescita nei paesi occidentali, secondo i dati diffusi a Milano dalla Sia (Società Italiana di Andrologia), solo nel nostro paese quasi il trenta per cento degli uomini è colpito da almeno uno di questi disturbi. Osservando i dati si nota inoltre che circa un 18enne su due è a rischio infertilità per malattie a trasmissione sessuale o mini anomalie non diagnosticate, queste ultime in netto aumento anche a causa di un ambiente dove ormoni e pesticidi la fanno sempre più da padroni.

mercoledì 22 settembre 2010

Sport e sesso

Sport e sessualità sono compatibili? Il sesso può migliorare le prestazioni sportive o, viceversa, le danneggia? E lo sport, quanto incide sulle performances sotto le lenzuola? Si tratta di un annoso problema: il sesso coniugato allo sport continua ad attrarre l’attenzione della gente, sia quella che di sport vive, sia quella che di sport si limita a parlare, leggere o guardare. Ma come stanno realmente le cose? In questo specifico campo le ricerche si sprecano e sembra proprio che uno dei tabù più radicati, quello che vuole sport e sesso in antitesi, sia destinato a crollare definitivamente. Lo conferma il noto studio statunitense, pubblicato sulla rivista Urology, e condotto dall'urologo Drogo K.Montagne, responsabile del Center for Sexual Function alla Cleveland Clinic Foundation.
SEMPRE IN MOVIMENTO - Montagne ha dimostrato che l'esercizio fisico è una barriera contro l'impotenza per la stessa ragione per la quale previene attacchi di cuore: tre chilometri di camminata al giorno possono bastare per tenersi al riparo da qualsiasi problema erettile. Motivo? Semplice: l'esercizio aerobico contrasta la comparsa di malattie dei vasi, inclusa la formazione di placche lipidiche a livello delle arterie, occlusioni che impediscono al flusso sanguigno di irrorare a sufficienza il pene. Non siete ancora convinti? Ecco allora arrivare fresca fresca la ricerca, questa volta austriaca, presentata a Vienna a fine giugno dall’urologo Christian Kratzik. Se si bruciano almeno 4.000 chilocalorie la settimana si riducono i rischi di impotenza dell'83%. L’indagine è stata condotta su un campione di 674 uomini, di età compresa tra i 45 e i 60 anni, sottoposti ad analisi urologiche e ormonali e interrogati sulle loro attività sessuali e sportive. Gli sport più indicati quelli che migliorano la funzionalità dell'apparato cardiocircolatorio e, di conseguenza, la resistenza: dunque, jogging, marcia veloce, ciclismo, nuoto. Si tratta di sport e attività motorie che si prolungano nel tempo, almeno per 30/40 minuti, praticati a ritmi moderati, ovvero quelli che permettono di parlare con un compagno.
IL SESSO FA BENE ALLO SPORT? - Sì, ma in questo caso, occorre fare delle distinzioni tra disciplina e disciplina e tra momenti e momenti. Secondo il sessuologo francese Jacques Waynberg, il sesso è sconsigliato agli atleti di sesso maschile prima della prestazione agonistica (almeno sei ore) solo per gli sport che richiedono una particolare concentrazione o uno sforzo breve ma violento, come scherma, tiro con l'arco, getto del peso, salto in alto e in lungo, corsa veloce. Motivo? Dopo un orgasmo si abbassano i livelli di testosterone, la capacità respiratoria e la capacità di contrarre i muscoli. Decisamente più fortunati invece, i giocatori di tennis, calcio, ping-pong, per i quali l'amplesso prima della prova potrebbe, addirittura, sortire un effetto positivamente rilassante.
IL PARERE DELLA SCIENZA - D’accordo, in linea di massima, con la tesi del collega francese, Willy Pasini, professore di psichiatria alla Facoltà di Medicina di Milano e all’Università di Ginevra. Ma preferisce evitare le generalizzazioni e mettere al centro della discussione l’individuo, precisando che per alcuni atleti particolarmente apprensivi, indipendentemente dalla disciplina praticata, l'effetto rilassante e ansiolitico ottenuto dopo un rapporto sessuale é più importante, ai fini della prestazione sportiva, dello spreco energetico. Ma non è tutto. Per Pasini, gli effetti del rapporto sessuale sulla donna sono molto differenti da quelli sull'uomo. E la conferma di questa affermazione viene data da un interessante studio condotto dall'israeliano Alexander Olshanietzky che ha dimostrato come l'orgasmo femminile è, in sostanza, un doping autorizzato. Ovvero si traduce, quantomeno nell'atletica e precisamente nella velocità, in migliori performances, grazie all'aumento della concentrazione di testosterone che le donne hanno dopo un rapporto sessuale.
ATTO SESSUALE E DISPENDIO ENERGETICO - Sono ancora molti gli allenatori e preparatori atletici convinti che il rapporto sessuale comporti un eccessivo dispendio energetico e che, di conseguenza, sia contrario ad una performance sportiva ottimale, qualsiasi sia la disciplina praticata. Se è vero che l'atto sessuale è un atto atletico a tutti gli effetti, dal momento che nei 13 minuti e 50 secondi - la durata dell'amplesso medio secondo uno studio europeo - il ritmo respiratorio sale progressivamente da 14 a 40 volte al minuto, la frequenza cardiaca raggiunge le 180 pulsazioni e la pressione sanguigna supera le 200 di massima, è altrettanto vero che l'impegno fisico non è assolutamente intenso, comportando una spesa energetica contenuta tra le 150 e le 300 calorie. In pratica, quanto si consumerebbe a salire di corsa tre piani di scale. Insomma, con una buona dormita, il fisico di qualsiasi atleta, maschio o femmina, è in grado di compensare ben altro. Fare l'amore, dunque, la sera prima delle competizioni non pregiudica assolutamente le prestazioni fisiche degli atleti.
Mabel Bocchi