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lunedì 7 giugno 2010

Informazioni sulla vasectomia

La sterilizzazione chirurgica rappresenta, sia per l’uomo sia per la donna, uno dei metodi contraccettivi più diffusi nel mondo. La pratica della vasectomia è considerata il metodo contraccettivo maschile più efficace e sicuro nell’ottica di una pianificazione famigliare. Tra le ragioni che inducono la coppia ad optare per la chiusura delle tube vi è la comodità di abbinare la procedura ad un parto ed il rifiuto da parte dell'uomo di sottoporsi a vasectomia per il timore di possibili, quanto infondati, effetti collaterali. Di contro, le coppie che decidono di ricorrere alla vasectomia, sono spinte da altri fattori, quali una forte motivazione da parte dell'uomo, la maggiore semplicità ed economicità dell’intervento, la scarsa incidenza di complicazioni, le limitazioni mediche o psicologiche alla contraccezione femminile, l’ottima compliance riferita dai pazienti che si sono già sottoposti alla procedura e che sono soddisfatti del risultato. In Italia il ricorso alla vasectomia è di gran lunga più limitato rispetto ad altri Paesi, ed è soprattutto svantaggiato dall’assenza di una legislazione chiara in merito alla sterilizzazione. Inoltre l’accostamento della medicina ai meccanismi riproduttivi dell’uomo viene spesso letto come interferenza con la natura ed è quindi sfavorito dalle implicazioni etiche che potrebbero derivarne. Tuttavia si è assistito ad un cambiamento di valutazione nei confronti di tale intervento, che dall’essere considerato in precedenza come una mutilazione grave ed invalidante viene oggi riconosciuto quale diritto individuale. La vasectomia trova rare indicazione oltre l’ambito contraccettivo in cui rappresenta in assoluto il metodo più sicuro ed efficace. Può essere effettuata per prevenire le prostatiti acute o per evitare l’insorgenza di epididimiti nei pazienti sottoposti a chirurgia prostatica. In Italia le indicazioni non contraccettive alla vasectomia hanno rappresentato per anni un espediente a cui ricorrere per raggirare la legge che vietava espressamente la sterilizzazione chirurgica. Ancora oggi, nonostante la norma che proibiva espressamente la sterilizzazione sia stata abrogata, e la legittimità della vasectomia sia stata sancita da numerose sentenze, molti medici ricorrono all’espediente del ricovero del paziente con diagnosi di Orchiepididimite Cronica per sottoporlo ad intervento di sterilizzazione. Allo stesso modo si agisce talvolta in ambito ginecologico, dove il ricovero di una donna con diagnosi di salpingite cronica bilaterale può essere il pretesto per una sezione delle tube. Le modalità di interruzione del dotto deferente sono molteplici ma la la legatura semplice dei monconi è sicuramente la più diffusa al mondo, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Attualmente va affermandosi sempre più la No Scalpel Vasectomy (NSV), ovvero vasectomia senza bisturi, tecnica di semplice esecuzione con i vantaggi della minore invasività rispetto alle altre, l’assenza di un’incisione scrotale cruenta, la velocità di esecuzione e la rarissima incidenza di complicanze. Il quadro di Azoospermia, quindi il raggiungimento dell’obiettivo contraccettivo, si ottiene dopo circa 90 giorni dall’intervento e deve essere confermato da almeno 3 spermiogrammi consecutivi che rilevino l’assenza totale di spermatozoi. In caso di persistenza di spermatozoi immobili si informa il paziente circa la remota possibilità di gravidanza, mentre la presenza di spermatozoi vitali e di buon grado morfologico dopo 6 mesi dall’intervento ne indica il fallimento. Non esistono particolari controindicazioni all’intervento di vasectomia, ma si deve in ogni caso tener conto di eventuali situazioni cliniche che dovrebbero indurre il chirurgo ad escluderlo, quali infezioni locali o sistemiche, segni o sintomi di malattie sessualmente trasmesse e presenza di masse sospette testicolari. Prima di sottoporre un soggetto a vasectomia è opportuno quindi eseguire una serie di indagini uro-andrologiche di routine per valutare lo stato di salute riproduttiva del paziente, quali un’ecografia con eco-color Doppler testicolare ed un’indagine del liquido seminale per confermare la presenza di spermatozoi nell’eiaculato. Le complicanze post-chirurgiche più frequenti sono rappresentate dall’Orchialgia post-vasectomia, determinata dall’Aumento della Pressione Idrostatica Intraepididimaria, dall’epididimite, dal Granuloma Spermatico e dalla rara evenienza della Ricanalizzazione Spontanea. Un aspetto importante, di natura immunologica, è la Formazione di Anticorpi Anti-Spermatozoi (ASA) i quali possono danneggiare la capacità fecondante degli spermatozoi influenzandone negativamente la motilità, la penetrazione nel muco cervicale e l’interazione con l’ovocita. È importante tener conto di questa evenienza qualora il paziente vasectomizzato “pentito” decidesse di ricorrere al Reversal microchirurgico. Secondo la nostra esperienza e dai dati riportati da altri Autori, il Reversal della Vasectomia è una pratica che offre una discreta percentuale di successo della performance chirurgica, ma un pregnancy rate non particolarmente elevato con un range compreso tra il 30 ed il 60%. Altri autori riportano che la probabilità massima di gravidanza dopo un Reversal non supera il 67%. Per quel che riguarda le paventate ripercussioni sulla virilità, si tratta di un fenomeno legato a retaggi culturali, più presenti nei paesi latini ed africani e molto meno in quelli anglosassoni. Dalla letteratura emerge che nel paziente vasectomizzato possono instaurarsi squilibri psico-sessuologiche di varia entità (senso di rammarico, dimostrazione della virilità in forma aggressiva, difficoltà a raggiungere l’orgasmo, impotenza). È utile quindi che la valutazione uro-andrologica del paziente sia supportata anche da figure specialistiche (psicologo, sessuologo, psichiatra) in grado di utilizzare correttamente strumenti di indagine dell’area psicologico-emotiva, in modo da porre l’intervento di vasectomia al termine di un percorso di accompagnamento e approfondimento del problema. Nel corso dei secoli, la morale e la deontologia medica hanno interpretato l’atto sterilizzante come una mutilazione lesiva dell’integrità fisica e psicologica della persona che la subisce. Nel nostro Paese tale concezione ha esercitato una notevole influenza anche sugli aspetti giuridici della questione, tanto che nel passato si rese necessario operare una marcata distinzione tra la sterilizzazione praticata per ragioni strettamente terapeutiche e la sterilizzazione attuata per altri motivi non strettamente terapeutici. Attualmente nessuna distinzione di tal genere merita di essere fatta, atteso che la finalità dell’intervento deve essere comunque tesa sempre al miglioramento della salute, anche psichica, del soggetto richiedente e, in senso più ampio, della coppia. Pur mancando una specifica previsione normativa, numerose sentenze hanno sancito che la sterilizzazione volontaria (finalizzata al miglioramento della salute nell’eccezione più ampia del termine) deve essere considerata atto medico lecito allorquando sostenuto da un esplicito, libero, informato e valido consenso informato. La decisione del paziente deve essere preceduta da una dettagliata informazione da parte del medico sul quale grava anche l’obbligo di effettuare ripetuti controlli post-operatori, tenuto conto che potrebbe presentarsi un’eventuale gravidanza non voluta. Durante i colloqui con il paziente è necessario risaltare il concetto che la pratica della vasectomia è una tecnica definitiva e che dopo l’intervento gli sarà preclusa la possibilità di fecondare. È evidente che i progressi compiuti dalla medicina, in particolare in materia di PMA, non precludono a priori la possibilità di avere un figlio anche a chi si sia volontariamente sottoposto a sterilizzazione chirurgica. La donna sterilizzata, ad esempio, continua a disporre di ovaie funzionali e, oltre a poter ricorrere al tentativo di ricostruzione tubarica, può essere sottoposta ad intervento di pick-up ovocitario e successiva FIVET. Allo stesso modo il maschio vasectomizzato può essere sottoposto ad intervento di recupero chirurgico di gameti testicolari o epididimari (MESA, PESA, TESE, MicroTESE) da utilizzare per tecniche di PMA. Contestualmente a tale intervento si dovrebbe tentare anche la ricostruzione microchirurgica dei dotti deferenti per ristabilirne la pervietà e per dare la possibilità alla coppia di ottenere un concepimento per vie naturali. Tutto ciò nel rispetto della Legge 40/2004 che impone la gradualità degli interventi terapeutici nella coppia che intende iniziare un programma riproduttivo. I dati riportati in letteratura segnalano che tra le precauzioni da adottare prima di una vasectomia c’è quella di proporre al paziente la crioconservazione del liquido seminale. Questa procedura, se da un lato contrasta con le forti motivazioni che dovrebbero spingere il paziente all’intervento, dall’altro tiene conto delle numerose evidenze che fanno notare come vi sia un significativo aumento delle richieste di ripristino della fertilità. La morte di un figlio o una nuova relazione sono eventi che possono suscitare pentimento per aver voluto rinunciare, potenzialmente per sempre, alla funzione riproduttiva. Le informazioni generali che il medico deve tener presente e delle quali deve necessariamente discutere con il paziente sono rappresentate dai seguenti punti: la vasectomia è consigliata in coppie consolidate (=35 anni) e con figli (=2); il maschio deve essere ben motivato (valutazione psicologica); il paziente deve essere a conoscenza delle possibili sequele post-operatorie (ematoma, infezione, dolore), della possibilità d’insuccesso, di ricanalizzazione spontanea e di produzione di ASA; inoltre il paziente deve comprendere pienamente la necessità di sottoporsi a controlli seminali ripetuti nel tempo prima di considerare l’intervento di sterilizzazione pienamente riuscito e quindi la necessità di ricorrere a metodi contraccettivi alternativi fino ad allora. Il paziente deve essere pienamente consapevole dell’irreversibilità del trattamento dal punto di vista motivazionale, ma dal punto di vista meramente tecnico, e alla luce delle più recenti acquisizioni in tema di ricanalizzazione microchirurgica dei deferenti e di PMA, la possibilità di un futuro concepimento non può essere esclusa in modo completamente definitivo. Nel rispetto quindi dello ius poenitendi del paziente, riteniamo utile informare il paziente su questa possibilità offerta dalla medicina e su quelle che sono la reali possibilità di successo di tali tecniche.

domenica 6 giugno 2010

FIMOSI

La fimosi è la situazione anatomica per la quale il prepuzio si presenta di larghezza non sufficiente per lo scorrimento e lo scoprimento del glande. Questo restringimento del prepuzio non è una malattia in senso stretto ma una caratteristica morfologica del pene che può causare disagi e malattie.

Fimosi congenita
La fimosi è congenita quando il restringimento prepuziale è presente fin dalla nascita. In questo caso l’intervento chirurgico correttivo è consigliabile solo se si tratta di una fimosi serrata e cioè con un prepuzio talmente ristretto da rendere difficile la capacità di orinare liberamente e di effettuare la normale e necessaria igiene. Nel caso della fimosi non serrata del bambino non è necessario operare ed il più delle volte si risolverà con una progressiva ginnastica di scorrimento.

Fimosi acquisita
Si tratta di fimosi acquisita quando il paziente normale in età adulta subisce un processo infiammatorio al glande dovuto a funghi o batteri che sfocia in una reazione di restringimento del prepuzio. In questo caso è solitamente necessaria la correzione chirurgica.

Distinguendo il grado di severità di questo problema il restringimento del prepuzio può essere classificato in fimosi serrata e fimosi non serrata.
Fimosi serrata
Si tratta del caso più severo di restringimento. Lo scoprimento anche parziale del glande è impossibile anche a pene non eretto. La fimosi serrata comporta difficoltà nell’orinare, rapporti sessuali praticamente impossibili e grossi problemi d’igiene. Il paziente affetto potrà risolvere questoproblema esclusivamente affidandosi alla terapia chirurgica.


Fimosi non serrata
Nel caso del restringimento del prepuzio di minore entità che permette lo scoprimento del glande anche solo parziale quando il pene è in erezione. La forzatura di questo restringimento può provocare lo strozzamento del glande (parafimosi) con l’impossibilità di ricoprire nuovamente lo stesso.Nel caso di parafimosi è necessario di solito l’intervento d’urgenza.

Parafimosi
E’ una patologia possibile nei maschi non circoncisi dovuta allo strozzamento del pene dovuto alla presenza di un anello ristretto nel prepuzio. Il fatto avviene quando un paziente con fimosi non serrata scopre il glande in erezione ed il prepuzio strozza l’asta rendendo impossibile il ritorno alla posizione coperta. Tale evento se non risolto immediatamente può provocare la cancrena del pene.

Cura della fimosi
La cura della fimosi serrata è chirurgica. Non è infatti possibile pensare ad un progressivo allargamento del prepuzio con progressiva ginnastica di scorrimento in quanto la differenza da colmare è eccessiva e le necessità di igiene incombono il paziente. Nel caso invece della fimosi non serrata il medico deve valutare con il paziente le specifiche caratteristiche in maniera da consigliare la soluzione migliore (chirurgica / ginnastica scorrimento).

Intervento chirurgico
L'intervento indicato per la correzione della fimosi è la circoncisione, cioè l'asportazione della porzione eccedente del prepuzio responsabile del restringimento.

mercoledì 12 maggio 2010

Liberati dall’Eiaculazione Precoce. E’ il momento di chiedere la soluzione al medico.


Diagnostica Globale
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giovedì 6 maggio 2010

LA LONGEVITA’ DIPENDE PER CIRCA IL 70% DA FATTORI AMBIENTALI COME UNA BUONA VITA SOCIALE

segreto per vivere fino a 100 anni non sta nella genetica ma nella personalita' e in uno stile di vita sano e sereno, circondati da familiari e amici. Lo indica una ricerca australiana su quasi 200 persone di 100 anni o piu', che ha individuato diversi tratti comuni, fra cui non fumare, non bere in eccesso e mantenere un peso regolare, ma anche buone relazioni e contatti sociali. Altri fattori determinanti sono rappresentati dall’ottimismo e dall’apertura al cambiamento.
L'autore della ricerca, il prof. Robyn Richmond della Scuola di salute pubblica dell'universita' del Nuovo Galles del sud, in una relazione alla Conferenza della Federazione internazionale sull'invecchiamento a Melbourne, ha evidenziato che circa il 20-30% della probabilita' di arrivare a 100 anni dipende dai geni e che quindi i fattori ambientali hanno un peso fra il 70 e l'80%.
Nel campione studiato sono stati osservati livelli di depressione piu' bassi del resto della comunita' e un'incidenza minore di malattie cardiache rispetto agli ottantenni. Un fattore chiave si e' rivelata la rete di relazioni. Dei 188 partecipanti, l'88% ha contatti con la famiglia almeno una o due volte la settimana, il 26% ha contatti quotidiani con familiari e il 76% partecipa regolarmente ad attivita' di gruppo organizzate. Per il 90% sono sposati o vedovi e il 10% separati, divorziati o mai sposati.

domenica 2 maggio 2010

PAPILLOMAVIRUS: Ipotesi di vaccino anche per i maschi

MILANO - La diffusione del Papillomavirus (Hpv) attraverso il sesso orale potrebbe essere la causa del forte aumento di un tipo di tumore della bocca, il carcinoma a cellule squamose dell’orofaringe. Lo sostengono gli autori, inglesi e americani, di uno studio pubblicato sul British Medical Journal, i quali ipotizzano, a questo punto, che la vaccinazione potrebbe essere utile non solo per le ragazzine (per le quali in molti Paesi industrializzati sono state lanciate ampie campagne di immunizzazione), ma anche per i coetanei maschi. Che fare sesso possa essere direttamente responsabile dell’insorgere del cancro orale è un’affermazione decisamente sopra le righe per gran parte della comunità scientifica. «Bisogna essere cauti – sottolinea Luciano Mariani, ginecologo oncologo dell’Istituto Regina Elena di Roma -. L’infezione da Hpv è sì sessualmente trasmissibile e ci sono molte ricerche in atto per verificare il ruolo giocato dal virus nello sviluppo di altre neoplasie oltre a quelle della cervice uterina. Come quelle della bocca, appunto. E quelle rarissime dell’ano, che pure stanno diventando molto più frequenti».

BOCCA, ATTENTI A ALCOL E FUMO - L’Hpv è ormai tra le cause riconosciute dei tumori del cavo orale (legati ai ceppi 16 e 18 del virus), oltre a quelle dei tumori del collo dell’utero e di altre aree genitali, sia femminili che maschili. Secondo diversi studi l’aumento dei casi di cancro delle tonsille e della base della lingua negli ultimi anni è da attribuire alla grande diffusione del virus: l’infezione, che avviene con i rapporti sessuali, è in effetti comunissima e nella gran parte dei casi si risolve senza sintomi o disturbi. Ma, fra i responsabili delle neoplasie del cavo orale, non vanno dimenticati alcol e fumo, che aumentano (anche di 20 volte) le probabilità di ammalarsi.

LO STUDIO – I tumori di testa e collo contano circa 640mila nuovi casi ogni anno nel mondo (più di seimila in Italia) e colpiscono soprattutto gli uomini fra i 50 e i 70 anni. Nonostante in tempi recenti sia registrato un generale declino di queste neoplasie, l’incidenza del carcinoma a cellule squamose dell’orofaringe è notevolmente aumentata, soprattutto nei Paesi più sviluppati. Fra il 1999 e il 2006, ad esempio, negli Stati Uniti l’incidenza è cresciuta del 22 per cento e fra gli uomini britannici (nel periodo1989-2006) è persino raddoppiata, passando da 7 a 11 casi ogni 100mila abitanti. Inoltre, tra il 60 e l’80 per cento delle biopsie eseguite negli Stati Uniti hanno rivelato la presenza del virus Hpv nei malati, ma è stato registrato un incremento del 70 per cento nella presenza del virus anche in Svezia. È in base a questi dati, che gli autori dello studio hanno ipotizzato un legame fra il notevole rialzo dei casi e la diffusione del papillomavirus.

CANCRO PIU’ CURABILE SE C’E’ IL VIRUS - In Italia, il tasso di mortalità per le neoplasie di testa e collo a cinque anni è di oltre il 70 per cento e chi riesce a sopravvivere spesso deve sottoporsi a interventi estremamente invasivi. La diagnosi precoce, ancora una volta, è fondamentale sia per accrescere le chance di guarigione, sia per la possibilità di sottoporsi a trattamenti più soft. Diverse ricerche, inoltre, hanno dimostrato che alcune forme di tumore del cavo orale sono più curabili quando sono legati alla presenza del papilloma virus umano (Hpv), mentre sembrano rispondere meno alle terapie le neoplasie che dipendono da altre cause, come il fumo e l’alcol.

VACCINARE I MASCHI? – «Il Papillomavirus è responsabile, fra l’altro, di neoplasie rare e infezioni all’apparato genito-urinario maschile» ricorda Sandra Mazzoli, responsabile del Centro di malattie sessualmente trasmissibili dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze, che sostiene la necessità di estendere il vaccino anti-Papillomavirus anche ai giovani maschi, prima che incomincino l’attività sessuale. Da un lato, per limitare la diffusione di infezioni da Hpv negli uomini, per ridurre le possibilità di contagio durante i rapporti sessuali e, quindi, ridurre il rischio di tumori della cervice uterina nelle donne non vaccinate. Dall’altro, per prevenire possibili implicazioni del Papillomavirus nell’apparato genito-urinario maschile, che potrebbe indurre lo sviluppo di tumori rari come quelli del pene e dell’ano. «Negli Stati Uniti – dice Mariani – l’Fda ha già approvato l’indicazione del vaccino per i ragazzi fra 9 e 26 anni. L’Emea sta valutando per l’Europa. Sia chiaro, però, che per i maschi la protezione è valida contro i condilomi, infezioni molto diffuse ma benigne». E che non sarà certo rimborsabile dal Ssn come per le bambine, perchè stiamo parlando di patologie completamente differenti.

Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)
21 aprile 2010

mercoledì 28 aprile 2010

Il tumore della cervice uterina e HPV

Il tumore della cervice uterina è la
seconda causa di morte per cancro nelle
donne in tutto il mondo, dopo il cancro del
seno1.
La peculiarità di questa
neoplasia è di avere
come elemento indispensabile
per il suo
sviluppo l’infezione,
acquisita prevalentemente
per via sessuale,
da uno dei sottotipi
oncogeni di papillomavirus
umano
(Human Papilloma
Virus, HPV)2, che è
considerato il cancerogeno
biologico più
potente della specie
umana.Alcuni genotipi virali, HPV
16 e HPV 18 sono quelli
più importanti per la carcinogenesi
cervicale, poiché
identificati nel 70%
dei tumori squamosi.
L’HPV è di solito trasmesso
in seguito a rapporti
sessuali. È ritenuta l’infezione
a trasmissione sessuale
più frequente al
mondo. Circa la metà delle infezioni
avviene fra i 15 e 25 anni2 e l’80%
delle donne sessualmente attive è contagiato
entro i 50 anni.

L’incidenza annuale di nuovi casi di cancro
della cervice nel mondo è stimata in 493.000
nuovi casi, con 274.000 morti.

domenica 25 aprile 2010

Disturbo dell’Orgasmo Maschile

Il Disturbo dell’Orgasmo Maschile è caratterizzato da un persistente o ricorrente ritardo, o assenza, dell’orgasmo dopo una fase di normale eccitazione sessuale, che causa notevole disagio o difficoltà interpersonali.

Per valutare se l’orgasmo è effettivamente ritardato, è necessario valutare l’età del soggetto e l’adeguatezza della stimolazione nella sua intensità e durata.

La maggior parte dei soggetti che non riescono a raggiungere l'orgasmo durante il rapporto sessuale, ci riescono in seguito a stimolazione manuale o orale da parte del partner. Alcuni, invece, riescono a raggiungere l'orgasmo durante il coito, ma solo dopo una preliminare stimolazione di tipo manuale o orale assai intensa e prolungata; altri, infine, riescono a raggiungere l'orgasmo solo con la masturbazione.



Criteri diagnostici


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A. Persistente o ricorrente ritardo, o assenza, dell’orgasmo dopo una normale fase di eccitazione sessuale nell’ambito di una attività sessuale che il clinico, tenendo conto dell’età del soggetto, giudica adeguata per localizzazione, intensità, e durata.
B. L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali.
C. La disfunzione dell’orgasmo non è meglio attribuibile ad un altro disturbo in Asse I (ad eccezione di un’altra Disfunzione Sessuale) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.


Unfortunately, there is no instant cure. At present, there are no drugs that will make a man come.
But there is a good chance of putting things right through counselling, provided both the man and his partner really want to cure the problem.

Counselling
The object of therapy is to gradually diffuse the man's anxiety about giving up control so he can climax inside his partner without difficulty.

The most common method is based on the work of American experts who have developed behaviourist ways of helping the man to relax and 'let go' when he is with his partner.

Generally, the man can reach orgasm by self-masturbation and maybe through love play, but not through intercourse.

So the therapist may encourage the couple to gradually proceed to a situation where the man can ejaculate just outside his partner's vagina, and eventually go on from there to a more 'advanced' situation where he is able to cope with ejaculating inside her.

American sex experts Masters and Johnson have also devised a slightly different therapy:

first, the couple go through a period of treatment in which actual sex is off limits, but kissing and cuddling are encouraged
they progress to a stage where the woman, sitting astride the man, masturbates him till he reaches orgasm - even if this takes two hours or more
finally, they move to a situation where she lowers herself onto him shortly before he climaxes.