Dott. Mario De Siati Andrologo Urologo cell 3396412331

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sabato 20 febbraio 2010

LA LIGHT TERAPY CURA L’IMPOTENZA E LE DISFUNZIONI SESSUALI


Si basa sulla stimolazione della ghiandola pineale
Un nuovo studio italiano ha confermato che la light terapy migliora le performance sessuali degli uomini affetti da mancanza di desiderio, impotenza e incapacita' a raggiungere l'orgasmo. La terapia consiste nella stimolazione della ghiandola pineale all'interno del cervello per mezzo di fasci di luce. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Psychotherapy and Psychosomatics, si fonda sull'assunto che la luce-terapia stimolando la ghiandola pineale, che regola diverse funzioni biologiche fra cui quella sessuale, possa influire sui disturbi che interessano questa sfera. I ricercatori hanno sottoposto i soggetti dello studio all'esposizione di un fascio di luce bianca fluorescente di intensita' pari a 10 mila lux, per mezz'ora al giorno, per un periodo di due settimane. Al termine della ricerca le prestazioni sessuali di tre pazienti su cinque sono migliorate sensibilmente.

Uomini più virili? Il segreto è nella tintarella (ma solo quella naturale)

Il testosterone nel sangue aumenta di pari passo con la presenza di vitamina D: per questo motivo la tintarella naturale è in grado di migliorare le prestazioni sessuali maschili fino al 69%. È quanto sostiene un nuovo studio condotto dai ricercatori del Sunlight Research Forum di Veldhoven, nei Paesi Bassi, e riportato dalla versione online del quotidiano inglese Telegraph: "Gli uomini che garantiscono al loro corpo un apporto sufficiente di vitamina D - spiega Ad Brand, portavoce del Sunlight Research Forum - si garantiscono un aumento del livello di testosterone e della libido".

Dallo studio è anche emerso che i cali di libido sono più frequenti a partire da ottobre, all`inizio dei mesi invernali, e raggiungono il loro livello più basso a marzo, a causa della debolezza delle

giovedì 18 febbraio 2010

Settimana della Prevenzione Andrologica

Clamidia. La nemica dei primi amori


Il nome ha un suono dolce ed invece è’la nemica «number one»dei primi amori. Parliamo della clamidia genitale che è una delle più comuni malattie sessualmente trasmesse nel mondo: colpisce milioni di donne ogni anno (100milioni) senza causare spesso alcun segno o sintomo visibile. Si tratta di un batterio (Chlamydia trachomatis) presente nella popolazione sessualmente attiva.


Clamidia. La nemica dei primi amori
Sesso


Nell’uomo l’infezione si localizza con frequenza all’uretra (il condotto che dalla vescica porta l’urina verso l’esterno) e di solito in chi ha meno di 35 anni, nella zona del testicolo. Nella donna, invece, può localizzarsi ancora all’uretra, al collo dell’utero e agli organi circostanti e in questo caso se non viene curata può causare una malattia infiammatoria alla zona pelvica (Pid) che può portare alla sterilità o gravidanze extrauterine. Inoltre durante il parto la donna può trasmettere l’infezione al neonato, causandogli congiuntivi (che possono causare cecità), polmoniti e otiti. L’infezione da clamidia è molto diffusa soprattutto tra le adolescenti e le giovani donne fra i 20 e i 26 anni, ovvero la popolazione femminile più a rischio di malattie sessuali. Una vulnerabilità biologica legata al sesso e all’età , che spiega quanto le giovanissime siano poco informate e non sufficientemente esperte nel proteggersi in modo adeguato. Secondo una ricerca nel nostro Paese sarebbero addirittura il 15% le ragazze che hanno contratto l’infezione. Purtroppo la clamidia spesso non dà sintomi e questo rende più difficile diagnosticarla.

Nella donna i disturbi (dolori durante i rapporti sessuali, secrezioni vaginali anomale, cistiti ricorrenti, perdita di sangue tra una mestruazione e l’altra e febbre moderata, pruriti genitali o dolori nel basso addome) compaiono solo quando l’infezione è in fase avanzata. Nell’uomo, il sospetto può sorgere quando ci sono bruciori e difficoltà a urinare, accompagnati da secrezione scarsa o assente. Quasi l’85% delle donne con infezione da clamidia sono prive di sintomi, contro il 40% degli uomini con lo stesso problema. Per questa ragione gli esperti raccomandano di effettuare un test , almeno una volta l’anno, a tutte le persone sessualmente attive in una relazione non monogama. Utilizzando le recenti nuove tecniche diagnostiche, i dottori possono analizzare in maniera affidabile le secrezioni genitali o le urine nel corso di una visita ad un laboratorio di analisi. La raccolta del campione può essere fatta a casa propria, senza imbarazzi o paure, ecco perché questi test condotti sulle urine sembrano essere i più indicati per le quindicenni

Esistono, comunque, quattro metodi per scoprire se è presente l’infezione:

1) COLTURE CELLULARI
Si tratta di uno dei test più sicuro per diagnosticare la clamidia. Prevede la raccolta del muco attraverso un tampone cervicale e la «semina» delle cellule così ottenute: se il batterio è presente, può essere riconosciuto dopo aver applicato anticorpi specifici.

2) IMMUNOFLUORESCENZA DIRETTA E SAGGIO IMMUNOENZEMATICO
Sono due esami consigliati soprattutto alle adolescenti, perché danno una risposta immediata e sicura e non sono troppo costosi. Dopo un prelievo di muco , il materiale raccolto viene subito esposto ad anticorpi che riconoscono la clamidia. Possono essere eseguiti anche su un campione di urina.

3) PCR
Reazione a Catena della Polimerasi., test molto costoso ma particolarmente sicuro, che consiste nel prelievo di una piccola quantità di materiale biologico per individuare eventuali geni di clamidia presenti. Estremamente sensibile, può essere eseguito anche sulle urine.

4) ESAME DEL SANGUE
Nel sangue si possono cercare gli anticorpi specifici contro la clamidia, a conferma dell’infezione in atto o pregressa.
Le infezioni da clamidia nel basso tratto genitale sono trattate con antibiotici, come la doxicliclina, l’azitromicina, l’eritromicina o l’oofloxacina. Se non rilevata e non curata, la clamidia può causare la malattia infiammatoria pelvica (infezione nelle ovaie e nelle tube di Fallopio), che può portare alla sterilità. La visita ginecologica, seppur sgradita, resta l’unico modo per riconoscere e trattare tempestivamente le malattie trasmesse per via sessuale. Dicevamo che le donne gravide che ne sono affette possono causare le infezioni nei bebé.

Le infezioni neonatali possono essere:

Congiuntivite
La manifestazione clinica più precoce dell’infezione da C. trachomatis è rappresentata dalla congiuntivite, presente in circa il 50-70% dei neonati infettati. Insorge in genere tra il 5° ed il 14° giorno di vita. La sintomatologia è caratterizzata dalla comparsa di essudato mucopurulento e da edema delle palpebre. Il decorso senza terapia è prolungato, con esacerbazioni spontanee. L'esito di solito è benigno, tuttavia possono residuare cicatrici congiuntivali e micropanno corneale; tali esiti non si verificano se viene instaurata una terapia adeguata.

Polmonite
La polmonite si manifesta nel 10-30% dei neonati infettati, per cui costituisce una delle più comuni forme di polmonite nei primi 6 mesi di vita. Insorge generalmente tra la 3° e la 12° settimana di vita. Nel 50% dei casi è presente la congiuntivite o risulta nell’anamnesi, può inoltre associarsi rinite o otite. Accanto a questo quadro classico esistono forme più gravi, più frequenti nei neonati pretermine, ad insorgenza più precoce con quadro di grave insufficienza respiratoria e forme più benigne la cui frequenza è spesso sottostimata per la difficoltà delle diagnosi. L'evoluzione è di solito favorevole; tuttavia se il trattamento non è adeguato, il decorso è molto prolungato (3-8 settimane).

A cura di CARLA PILOLLI

mercoledì 17 febbraio 2010

Non è mai troppo tardi per avere una sessualità attiva


Quando si parla di sesso ci si riferisce quasi sempre a giovani o adulti e molto raramente alle persone di una certa età. Un po' perché si tende a dare – erroneamente - per scontato che gli anziani in qualche modo non ci pensano più, un po' perché tendiamo a scartare certe immagini mentali.
Ma la realtà è un'altra. E per qualcuno potrebbe risultare sorprendente.
Secondo quanto riportato sulle pagine del NYDaily le persone anziane sono molto attive sessualmente, anche dopo gli 80 anni.
Dai dati emersi da uno studio, parte del National Social Life - Health and Aging Project, si è scoperto che circa l'84% degli uomini e il 62% delle donne di età compresa tra i 57 e i 64 anni hanno dichiarato di aver fatto sesso durante l'anno passato. E, dato sorprendete, tra coloro che hanno dichiarato di fare sesso vi era il 38% di uomini e il 17% di donne di età compresa tra i 75 e gli 85 anni.

I ricercatori del National Opinion Research Center presso l'Università di Chicago hanno commentato i risultati dichiarando che «le persone anziane possono e devono avere una vita sessuale molto attiva, e l'idea che lo facciano non è una visione sbagliata della società».
«Il bisogno di intimità e di contatto con un'altra persona non cambia con l'età», ha aggiunto il dr. Dennis Lin, Direttore del programma di medicina psicosessuale al Beth Israel Medical Center.

I risultati mostrano che a essere più sessualmente attivi e più aperti verso la sessualità sono i maschi. Secondo la dr.ssa Stacy Tessler Lindau, ginecologa, questo potrebbe essere imputato al fatto che le donne anziane hanno più difficoltà a trovarsi un partner. «Le donne tendono a sopravvivere il matrimonio, gli uomini invece tendono a vivere con il coniuge fino alla morte. Quindi ci sono meno uomini anziani intorno da scegliere come partner sessuale», ha aggiunto Lindau.
(lm&sdp)

Ruolo della nutrizione nella prevenzione dei tumori


Studi epidemiologici e su modelli animali, condotti per anni, indicano che alcune abitudini alimentari possono incrementare il rischio di cancro. Non sono state dimostrate le teorie per cui alcuni tipi di dieta e alcuni componenti degli alimenti forniscano una protezione contro lo sviluppo della malattia neoplastica. Tuttavia, il National Cancer Institute, NCI e l'American Cancer Society, ACS hanno stabilito alcune linee guida dietetiche prudenziali per la selezione dei cibi:

1 . Mantenere un peso corporeo desiderabile
2 . Alimentarsi con una dieta variabile
3 . Includere una nuova varietà di frutta e verdure nella dieta quotidiana
4 . Consumare una maggiore quantità di cibi ricchi in fibre, quali cereali integrali, legumi, vegetali e frutta
5 . Diminuire l'apporto totale di grassi (30% meno delle calorie totali)
6 . Limitare il consumo degli alcolici
7 . Limitare il consumo di cibi sotto sale o conservati con nitriti

1. Raggiungere e mantenere un peso corporeo normale . Un'eccessiva introduzione calorica e l'obesità sono state poste in relazione con un'aumentata mortalità per alcune neoplasie, tra le quali il tumore della mammella, dell'utero, del colon, della colecisti e della prostata. La prevalenza di questi tumori aumenta con il grado di obesità.

2. Variare la dieta . Dato l'alto numero dei componenti nutrizionali e non di ciascun cibo in una dieta e le complesse interazioni tra questi, è difficile isolare fattori che possono causare o prevenire il cancro. Un cambiamento totale delle abitudini alimentari verso una dieta varia, con quantità moderate, offre la miglior speranza per abbassare il rischio di cancro

3. Includere frutta e verdure varie nella dieta giornaliera. Il consumo di verdura e frutta è associato a un minor rischio di cancro del polmone, della prostata, della vescica, dell'esofago e dello stomaco. Questi cibi contengono vitamine, minerali, fibre e componenti non nutritivi che da soli o insieme possono essere responsabili della riduzione del rischio di cancro.


4. Mangiare più alimenti ricchi in fibre come cereali integrali, farina integrale, legumi, vegetali e frutta. L'incidenza del cancro del colon è bassa in popolazioni che utilizzano diete ricche di fibre. Si ipotizza che potrebbero esercitare i loro effetti diluendo la concentrazione dei carcinogeni nel colon, riducendone la formazione con l'alterazione della flora batterica intestinale.

5. Riduzione totale dell'assunzione di grassi. Tra tutti i fattori dietetici con possibili effetti sulla malattia neoplastica i grassi sono stati i più studiati. Sostanziali evidenze hanno suggerito che un'eccessiva introduzione di grassi aumenta il rischio di sviluppo di cancro della mammella, del colon e della prostata

6. Limitare l'assunzione di bevande alcoliche qualora assunte. I forti bevitori hanno un elevato rischio di sviluppare diversi tumori del cavo orale, della laringe e dell'esofago. Questi rischi sono inoltre aumentati nei fumatori.

7. Consumare con moderazione cibi conservati sotto sale, affumicati e con nitriti come conservanti. Le indagini relative al fatto che i cibi conservati sotto sale, o con nitriti possano aumentare il rischio di cancro dell'esofago e dello stomaco in quei paesi dove vi è un alto consumo di questi cibi nella dieta sono ancora limitate e parziali.

Tumori della vescica

II cancro della vescica si manifesta in due forme dal comportamento diverso: il tumore superficiale, più o meno circoscritto alla mucosa, quasi sempre di natura relativamente benigna, e il tumore di tipo invasivo che penetra in profondità, nella parete muscolare della vescica e risulta più aggressivo del primo.
I tumori superficiali costituiscono l'80% di tutti i tumori della vescica. In caso di recidiva dopo la terapia, essi tendono chiaramente a trasformarsi in tumori maligni e a invadere la parete muscolare.

INCIDENZA
Il tumore della vescica è in costante aumento nei Paesi industrializzati e rappresenta circa il 70% delle forme tumorali dell'apparato urinario e circa il 3% di tutti i tumori.
È più diffuso tra i 60 e i 70 anni, ed è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne.

SINTOMI
La fase iniziale risulta spesso assolutamente asintomatica. I sintomi con cui si può presentare il tumore della vescica sono comuni anche ad altre malattie che colpiscono l'apparato urinario: presenza di sangue nelle urine, la formazione di coaguli, sensazione di bruciore alla vescica quando si comprime l'addome, difficoltà e dolore a urinare, maggior facilità a contrarre infezioni.
Con la progressione della malattia questi disturbi possono diventare importanti.
Il tumore della vescica si può diffondere localmente e a distanza per via linfatica, dapprima ai linfonodi e, successivamente, ai polmoni (24% dei casi), al fegato (21%) e alle ossa (6%).
Purtroppo, non sempre il suo comportamento è prevedibile.

PREVENZIONE E DIAGNOSI PRECOCE
Allo stato attuale, non esistono programmi di screening o metodi di diagnosi precoce considerati scientificamente affidabili.
Valgono le misure di prevenzione legate alle abitudini di vita, in particolare la rinuncia al fumo e al consumo regolare di analgesici e l’adozione di una dieta sana ed equilibrata.
Per quanto riguarda la diagnosi precoce la presenza di sangue nelle urine è un segnale d'allarme di particolare gravità che va subito riferito al medico per accertarne le cause.

Nel caso vi sia un sospetto di cancro alla vescica le procedure diagnostiche si basano sull’ecografia, l’urografia e la TAC, sulla risonanza magnetica, su metodi di tipo endoscopico (cistoscopia) che permettono di prelevare campioni di tessuto che verranno poi analizzati al microscopio, sulla ricerca di cellule tumorali nelle urine. Per valutare l’eventuale presenza di metastasi può essere utile la scintigrafia ossea.

TERAPIA
I tumori superficiali della mucosa (non infiltranti) possono essere in genere asportati con un intervento di elettrochirurgia per mezzo di uno strumento introdotto nella vescica attraverso l'uretra (resezione transuretale). Se un tumore maligno penetra invece nella parete muscolare o in caso di rapida crescita di un tumore superficiale, si ricorre alla cistectomia (asportazione dell'organo) parziale o totale, a seconda dello stadio e del tipo di tumore.

Sono oggi molto diffusi gli interventi combinati, che utilizzano, in combinazioni varie, chirurgia, chemioterapia e radioterapia.
Nel carcinoma in situ, per evitare che la malattia si ripresenti, si pratica un trattamento locale con il bacillo di Calmette-Guerin (lo stesso che provoca la tubercolosi ma inattivato) che, depositato sulle lesioni direttamente nella vescica, ne provoca l'eliminazione.

Nel tumore della vescica in fase avanzata l'approccio terapeutico è invece di tipo polichemioterapico (chemioterapie combinate).
Diversi farmaci si sono infatti dimostrati attivi contro il tumore della vescica.