Dott. Mario De Siati Andrologo Urologo cell 3396412331

Consulta Privata:

Foggia -Via Crostarosa n°25° tel:0881 743507 /

Altamura -Stada Privata Stasolla n°8 tel:080 3146470/


Taranto - Via Lago d'Arvo 31 H tel: 3396412331

Brindisi - Via Seneca 8 tel:3396412331







martedì 18 dicembre 2012

Cuore a rischio per chi soffre di disfunzione erettile


I medici avvertono che sperimentare problemi d’impotenza, o disfunzione erettile, può essere un primo segnale di fattori di rischio che, se non controllato, può portare a malattie cardiache e morte per attacco di cuore
I maschi di età compresa tra i 30 e i 60 anni, oggetto di uno studio Usa sulla relazione tra la disfunzione erettile e le malattie cardiache, pare siano a rischio cuore.
Sono diversi infatti i casi segnalati di morti per arresto cardiaco o attacco di cuore in genere, in persone che soffrivano di problemi d’impotenza fisiologica e non sapevano di avere problemi cardiovascolari.

La disfunzione erettile diviene dunque non solo un problema sessuale, ma un vero e proprio segnale d’allarme per possibili fattori di rischio che, se non tenuta sotto controllo, può portare a malattie cardiache, sostengono i medici della Cleveland Clinic.
«La probabilità di avere una malattia di cuore a un certo punto nella vita – spiega nel comunicato Cleveland il dottor Mehdi Shishehbor – è da due a tre volte più alto in coloro che hanno l’ED [la disfunzione erettile], rispetto a coloro che non ne soffrono».

Ecco pertanto che la questione diventa ambivalente. Da un lato, soffrire di disfunzione erettile può sintomo che qualcosa non va a livello dell’apparato cardiovascolare; dall’altro, la domanda è se sia la stessa ED a causare problemi cardiovascolari.
Domanda a cui risponde il cardiologo: «Le arterie del pene – sottolinea  Shishehbor  – sono molto più piccole delle arterie che forniscono sangue al cuore, al cervello o gli arti inferiori, e quindi si bloccheranno più velocemente. La disfunzione erettile spesso appare come sintomo anni prima dell’attacco di cuore. L’altra ragione è che il pene è più sensibile ai primi cambiamenti associati con un aumentato rischio di malattie cardiache, come l’infiammazione e lo stress ossidativo».
Secondo il cardiologo la disfunzione erettile sarebbe dunque una conseguenza di un problema alle arterie che coinvolge l’apparato più di quanto possa apparire.

Una patologia che interessi le coronarie, le arterie che portano nutrimento al cuore, si contraddistingue da un restringimento e indurimento delle stesse. Questo causa un ridotto afflusso di sangue che può portare da un “semplice” dolore a un attacco cardiaco vero e proprio.
«Lo stesso processo può accadere nel bacino – fa notare il dottor Shishehbor – I fattori di rischio che si applicano alla malattia coronarica sono gli stessi fattori di rischio che si applicano ai blocchi nel pene».
«Nel corso degli anni – aggiunge il cardiologo – si formano dei blocchi che impediscono al sangue di arrivare al pene e, al fine di ottenere l’erezione, abbiamo bisogno del flusso di sangue al pene. Se con l’avanzare dell’età non ci si prende cura dei fattori di rischio, se si fuma, si mangia male, non si tiene sotto controllo la pressione sanguigna, queste cose possono portare allo stesso processo che porta ai blocchi nel cuore e può causare blocchi nel pene».
Cuore e pene sono quindi più legati di quello che si crede. Attenzione perciò all’uno e all’altro.
[lm&sdp]

Foto: ©photoxpress.com/Dmitri MIkitenko 
https://www.facebook.com/pages/Generazione-Ilva/401041836639411?fref=ts



mercoledì 14 novembre 2012


Spremuta di limone ogni giorno
per combattere i calcoli renali


Il citrato impedisce la precipitazione del calcio nelle urine. Per evitare l'eccessiva acidità meglio diluire il succo con acqua

Spremuta di limoniSpremuta di limoni
MILANO - Diversi studi hanno suggerito che il succo di limone sia un rimedio efficace per prevenire i calcoli renali. Ma dei tanti studi fatti, nessuno ha raggiunto conclusi0ni decisive, per questo nefrologi degli Ospedali Riuniti di Bergamo, in collaborazione con l'Istituto Mario Negri e il Consorzio del limone di Siracusa Igp, hanno avviato uno studio clinico controllato che coinvolge oltre 200 pazienti. Lo studio permetterà di verificare se un rimedio semplice, come una spremuta giornaliera di 3-4 limoni, aiuti a prevenire la calcolosi renale.
Ma perché il limone sembra tanto importante nella prevenzione dei calcoli? «Questo agrume — risponde Maria Rosa Caruso, nefrologo degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che guida lo studio — contiene 42,9 grammi di citrato per chilo ed è l'agrume più ricco di questa sostanza. Ed è noto che il citrato previene la precipitazione del calcio nelle urine, alla base della formazione di calcoli di ossalato di calcio che rappresentano circa l'80% dei calcoli. «Per evitare però che l'eccessiva acidità del citrato intacchi lo smalto dei denti — continua Caruso — suggeriamo di diluire il succo di limone in acqua e ne sconsigliamo l'uso a chi soffre di reflusso gastroesofageo perché potrebbe accentuare i bruciori gastrici».
A parte il limone, quali altri accorgimenti dieteticipossono essere utili? La risposta viene da una revisione, pubblicata da Urologic Clinics of North America, condotta da ricercatori italiani. Accanto a fattori protettivi già noti, come l’ acqua, ce ne sono di meno conosciuti che possono invece avere un effetto negativo come le proteine e i piatti pronti. «Un elevato consumo di alimenti di origine animale e di piatti pronti, spesso ricchi di sale e molto calorici — spiega Antonio Nouvenne del Centro Calcolosi dell'Università di Parma, coautore della revisione —incrementa il rischio di calcolosi attraverso molti meccanismi. Le proteine animali aumentano il calcio, l'ossalato e l'acido urico urinari (i "mattoni" dei calcoli); più sale si assume più calcio si trova nelle urine e l'eccesso calorico favorisce il sovrappeso, di per sè associato al rischio di calcolosi. Se alla dieta scorretta si associa la sedentarietà, il rischio diviene ancora più elevato: l'esercizio fisico contribuisce infatti migliora il controllo pressorio, aumenta il flusso sanguigno renale e riduce le molecole pro infiammatorie alla base dei meccanismi dell'infiammazione e dell'adesione agli epiteli delle vie urinarie dei piccoli cristalli che si aggregano fino a formare i calcoli».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

martedì 2 ottobre 2012


MALATTIA DI LA PEYRONIE

 La malattia di La Peyronie , anche definita come Induratio Penis Plastica (IPP), è caratterizzata tipicamente dalla formazione di tessuto fibroso o calcifico a livello dell’albuginea del pene che causa dolore e curvatura durante l’ erezione e difficoltà durante il rapporto sessuale.



Incidenza e prevalenza

La malattia di La Peyronie si presenta in circa l’1% degli uomini ed è più comune fra i 45 e i 60 anni. Si stima che la sua diffusione possa essere anche più alta a causa della riluttanza del paziente a sottoporsi all’ osservazione del medico.

Segni e sintomi

La malattia di La Peyronie può avere vari livelli di gravità e una diversa velocità di comparsa e di evoluzione. I sintomi includono i seguenti:

• Tessuto di consistenza aumentata (placca) nel pene

• Dolore durante l’ erezione

• Curvatura del pene durante l’ erezione

• Deformità del pene

 
La placca si sviluppa solitamente a livello della parte superiore dell'asta, portando il pene a curvare verso l' alto durante l’ erezione, ma può anche svilupparsi sulla parte inferiore e causare quindi una curvatura verso il basso o sulla parte laterale determinando una curvatura dallo stesso lato. In circa il 13% dei casi la placca non provoca dolore e il grado di curvatura è così minimo da non necessitare di alcun trattamento. In alcuni casi ,se pur raramente , la malattia può risolversi spontaneamente. Nei casi più gravi il dolore e la curvatura provocano deficit erettile di vario grado.


Diagnosi

Il tessuto indurito può essere apprezzato alla palpazione. Delle fotografie della deformità eseguite direttamente dal paziente e mostrate al medico sono fondamentali . Se la placca è di natura calcifica può essere identificata tramite ecografia e radiografia.


Trattamento

L' obiettivo del trattamento medico mira alla riduzione del dolore e al rallentamento della progressione della malattia. La chirurgia , allo stato attuale, e l'unico trattamento efficace e risolutivo. Il trattamento non chirurgico dovrebbe essere effettuato entro 6 mesi dall'inizio dei sintomi e prima che la placca si calcifichi.

Chirurgia

La terapia chirurgica viene impiegata nei casi severi e persistenti di Peyronie, che non hanno risposto al trattamento medico. Le procedure utilizzate includono:

• la plicatura del tessuto posizionato al lato opposto della placca al fine di ridurre la curvatura (interventi di Nesbit e di Yachia)

• l'incisione della placca stessa allo scopo di rilassare la tonaca albuginea, con innesto di un materiale protesico


• l’ impianto di una protesi peniena • una combinazione dei precedenti interventi



.• una combinazione dei precedenti interventi






 












   
 
 
 
 
 
 
 
 

martedì 17 luglio 2012

Un farmaco anticalvizie maschile dietro a disfunzione erettile e altri problemi sessuali

http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/medicina/articolo/lstp/462530/

Gli uomini che assumono il farmaco Propecia o Finasteride per combattere la calvizie possono incorrere in spiacevoli effetti collaterali: disfunzione erettile, calo della libido, difficoltà di orgasmo e dolore ai genitali, anche per molto tempo dopo


I ricercatori della George Washington University hanno scoperto che utilizzare un noto farmaco per il trattamento della calvizie potrebbe influire negativamente sulla sessualità maschile.

Se dunque si stava cercando di essere più “maschi” rinfoltendo la chioma, si rischia invece di ottenere l’effetto contrario venendo a soffrire di tutta una serie di disturbi sessuali tra cui calo della libido, problemi di orgasmo e disfunzione erettile.



Per giungere alle loro conclusioni i ricercatori statunitensi, guidati dal dottor Michael Irwig della GWU, hanno reclutato 71 volontari uomini di età compresa tra i 21 e 46 tutti che soffrivano di calvizie e avevano sperimentato gli effetti collaterali del farmaco ancora dopo tre o più mesi dopo l’interruzione del trattamento. I partecipanti si sono auto-offerti di partecipare allo studio dopo aver risposto all’appello pubblicato sul sito Propeciahelp.com, nato proprio per valutare gli effetti del farmaco.



Dall’indagine si è scoperto che quasi tutti gli uomini avevano segnalato problemi sessuali. Tra questi, i più comuni erano la disfunzione erettile, una riduzione della libido, problemi di orgasmo, riduzione e dolore ai genitali. Alcuni partecipanti hanno anche segnalato disturbi neurologici come depressione, ansia e turbe cognitive. Tutti questi disturbi sono continuati anche dopo mesi, quando non anni, dopo l’interruzione del trattamento farmacologico per circa il 96% dei partecipanti allo studio.

Fatto degno di nota è che nessuno dei partecipanti soffriva di disturbi sessuali, medici o psichiatrici, prima di assumere Propecia.



Lo studio, pubblicato sul Journal of Sexual Medicine, ha evidenziato nel particolare che il 94% dei soggetti in questione ha visto ridursi la libido; il 92% ha sviluppato la disfunzione erettile e una diminuzione dell’eccitazione e, infine, il 69% ha avuto problemi d’orgasmo.

I ricercatori tengono a precisare che i risultati di questo studio, oltre a essere riferiti a un numero piuttosto ridotto di soggetti, questi si erano auto-proposti per l’indagine, per cui è possibile che molti dei partecipanti fossero tra le persone più investite dagli effetti negativi del farmaco.



«I nostri risultati fanno sospettare che questo farmaco possa aver recato dei danni permanenti a questi uomini», commenta nel comunicato GWU il dottor Irwig. Sebbene nel foglio illustrativo del farmaco siano segnalati i possibili effetti collaterali, fanno notare gli autori, questi sono indicati come passeggeri o comunque reversibili. Non si fa tuttavia cenno a possibili effetti irreversibili o comunque persistenti per un lungo periodo di tempo.

[lm&sdp]





Foto: ©photoxpress.com/Dmitri MIkitenko

giovedì 10 maggio 2012

Citrullina e Disfunzione Erettile

http://www.my-personaltrainer.it/integratori/citrullina-disfunzione-erettile.html
Citrullina e Disfunzione Erettile

La citrullina è un amminoacido commercializzato sottoforma di integratore con la promessa di garantire erezioni più vigorose e durature. Non a caso, la generosa presenza di citrullina viene chiamata in causa per giustificare dal punto di vista scientifico le presunte proprietà afrodisiache del cocomero.



Citrullina, Ossido nitrico ed Erezione del pene

Il razionale d'impiego dell'amminoacido L-citrullina nel trattamento della disfunzione erettile deriva dalla sua conversione metabolica in arginina, amminoacido semiessenziale coinvolto nella sintesi di ossido nitrico (NO). A livello penieno, attraverso la stimolazione dell'enzima guanilato ciclasi, l'ossido nitrico produce una vasodilatazione aumentando il turgore dei corpi cavernosi e concorrendo in maniera determinante all'erezione del pene



La biosintesi dell'ossido nitrico nelle cellule endoteliali ed in altri distretti dell'organismo avviene principalmente attraverso la trasformazione della L-arginina in L-citrullina, operata da enzimi detti NO sintasi (NOS). Come mostrato in figura, la citrullina neoformata può a sua volta originare nuova arginina ed il ciclo ricomincia.



Partendo da questo presupposto metabolico, i primi integratori amminoacidici proposti per il trattamento della disfunzione erettile contenevano principalmente l'amminoacido semiessenziale L-arginina ed i suoi sali (ad es. Arginina Piroglutammato, Arginina Etilestere, Arginina Alfachetoglutarato). Alcuni studi a sostegno dell'uso di citrullina nel trattamento della disfunzione erettile sostengono che la somministrazione orale di arginina sarebbe ostacolata dall'esteso metabolismo presistemico [1]. In particolare, la generosa presenza di arginasi a livello intestinale porterebbe alla conversione di una parte dell'arginina assunta in ornitina ed urea, inattivando l'amminoacido prima che venga assorbito. Le arginasi epatiche, inoltre, espongono la quota di arginina assorbita ad un importante effetto di primo passaggio che ne riduce ulteriormente la quota disponibile a livello sistemico per la sintesi di ossido nitrico. A differenza dell'arginina, l'amminoacido L-citrullina non è soggetto a queste forme di eliminazione sistemica e pre-sistemica, al punto che la sua somministrazione aumenta in modo dose-dipendente sia i livelli plasmatici di arginina che quelli di citrullina. A parità di dosaggio e via di somministrazione (per bocca), la citrullina garantirebbe un aumento dei livelli di arginina del sangue quasi doppi rispetto a quelli di una stessa dose di arginina a lento dosaggio, e circa il 20% superiori a quelli di una stessa dose di arginina a rilascio immediato [1].



Esistono prove a sostegno della citrullina nel trattamento della disfunzione erettile?

L'efficacia della citrullina nel trattamento della disfunzione erettile è stata testata in alcuni studi clinici preliminari e su modelli animali, con risultati incorraggianti ma non certo miracolosi.



In un recente studio clinico [2], 24 pazienti di età media 56.5 anni ± 9.8 anni affetti da disfunzione erettile LIEVE hanno assunto un placebo per un mese, ed una dose quotidiana di 1.5 g di L-citrullina durante il mese successivo.



L'intero gruppo ha concluso lo studio senza eventi avversi. Nel mese di trattamento con placebo si è registrato un miglioramento del punteggio di durezza dell'erezione da 3 (disfunzione erettile lieve) a 4 (funzione erettile normale) in due soli pazienti (8.3% del campione). Durante il trattamento con L-citrullina, invece, il dato positivo si è registrato in 12 soggetti (50% del campione).



Il numero medio di rapporti mensili è aumentato dal valore basale di 1.37 ± 0.93 ad 1.53 ± 1.00 al termine del trattamento con placebo (P = .57) e a 2.3 ± 1.37 alla fine del trattamento con citrullina.



Tutti i pazienti che riferivano un miglioramento del punteggio di durezza di erezione da 3 a 4 si sono dichiarati molto soddisfatti del trattamento ricevuto.



In base ai risultati dello studio, secondo gli autori, sebbene meno efficace dei classici farmaci inibitori dell'enzima fosfodiesterasi di tipo 5 (tadalafil, vardenafil, sildenafil, avanafil...), almeno nel breve termine, la citrullina è sicura e psicologicamente ben accettata. Il suo ruolo come trattamento alternativo della disfunzione erettile LIEVE, in particolare in pazienti che faticano ad accettare psicologicamente la terapia con PDE-5 inibitori, merita quindi ulteriori ricerche.



BIBLIOGRAFIA



[1] Institute of Experimental and Clinical Pharmacology and Toxicology, University Medical Centre Hamburg-Eppendorf, Germany.



Pharmacokinetic and pharmacodynamic properties of oral L-citrulline and L-arginine: impact on nitric oxide metabolism.

Schwedhelm E, Maas R, Freese R, Jung D, Lukacs Z, Jambrecina A, Spickler W, Schulze F, Böger RH.







[2] Urology. 2011 Jan;77(1):119-22.



Oral L-citrulline supplementation improves erection hardness in men with mild erectile dysfunction.
Cormio L, De Siati M, Lorusso F, Selvaggio O, Mirabella L, Sanguedolce F, Carrieri G.

mercoledì 18 aprile 2012

Viagra, il farmaco dell'amore cura anche il cuore

Il sildenafil, usato per l'impotenza, cura la cardiomiopatia diabetica che porta allo scompenso cardiaco. La sperimentazione su pazienti con diabete di tipo 2. La scoperta di un gruppo di ricercatori dell'Università di Roma Sapienzadi VALERIA PINI




ROMA - La pillola dell'amore, usata per l'impotenza, può curare anche la cardiomiopatia diabetica che porta allo 'scompenso cardiaco', cioè al progressivo indebolimento e all'ingrossamento del cuore affaticato. L'effetto terapeutico del viagra, o meglio il sildenafil è stato dimostrato in persone con cardiopatia indotta dal diabete e, in tutti quelli trattati con il farmaco, è si è ottenuto un ritorno alla normalità del cuore, con un miglioramento della contrazione cardiaca. Lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricercatori italiani coordinati da Andrea Lenzi, direttore della sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell'Università di Roma La Sapienza 1. Sarà presto pubblicata sulla rivista Circulation 2, 3la rivista più prestigiosa al mondo del settore cardiovascolare.



Nuovi medicinali. La ricerca potrebbe essere il primo passo per la nascita di nuovi medicinali per cardiopatici. Nel mondo 180 milioni di persone soffrono di diabete e fra loro l'80% muore per scompenso cardiaco. Si tratta di una graduale modificazione del cuore dovuta ad una alterazione delle fibre del ventricolo sinistro che, durante il battito, si ispessiscono, si contraggono meno e inducono il cuore a ruotare di più sul proprio asse con un movimento

che non è utile ad imprimere una spinta propulsiva al sangue. L'organo va quindi incontro ad un rimodellamento e ha in conseguenza un battito affaticato. Lo scompenso cardiaco è una cardiopatia progressiva e poco curabile, tipica non solo dei diabetici, ma anche di chi soffre di ipertensione arteriosa ed altre patologie cardiache e di chi ha avuto un infarto.



La sperimentazione. Lo studio, randomizzato e con placebo, è stato portato avanti su un campione di 59 uomini di età media 60 anni, affetti da diabete di tipo 2, detto anche alimentare, con cardiomiopatia diabetica ancora asintomatica. Al gruppo sono stati somministrati 100 mg al giorno di sildenafil oppure di placebo e, con l'aiuto di una particolare tecnica di risonanza magnetica cardiaca, sono stati osservati i cambiamenti cardiaci. Dopo tre mesi di terapia, 'la pillola blu' ha prodotto un significativo miglioramento comparato al placebo. Infatti è aumentata di nuovo la forza delle contrazioni cardiache e sono rientrati nella norma la 'geometria' e la cinetica del cuore stesso che ha anche ripreso un movimento di torsione sul proprio asse nella norma.



In collaborazione con la radiologia e la cardiologia della Sapienza il gruppo del professor Lenzi è riuscito a dimostrare che l'inibizione della fosfodiesterasi di tipo 5 riporta queste alterazioni ad un livello vicino alla normalità nei pazienti diabetici e ha confermato, con indagini molecolari, che l'azione del farmaco è diretta alle cellule cardiache.



"Questi dati potrebbero aprire le porte ad una nuova classe di farmaci anti-rimodellamento e anti-scompenso cardiaco, che rappresenta la principale causa di morte nel paziente diabetico - spiega Andrea Lenzi - .Gli effetti del sildenafil sono diretti nel cuore perché la molecola bersaglio del farmaco, la fosfodiesterasi di tipo 5, agisce direttamente sulle trasformazioni cardiache indotte dal diabete, che portano al temuto scompenso cardiaco".



Dosi giuste. All'inizio la pillola blu fu sperimentata proprio come farmaco per curare il cuore. "In un primo momento fu pensata come farmaco per il cuore, ma i ricercatori scoprirono che poteva servire contro l'impotenza", aggiunge Lenzi. Nel tempo però ci si sono registrati numerosi casi di malesseri di cardiopatici che avevano assunto 'la pillola dell'amore'. "In passato i farmaci commercializzati per i disturbi della erezione, in particolare il sildenafil furono definiti pericolosi per il cuore, ma questo era dovuto ad un'associazione sbagliata con altri medicinali - spiega Lenzi - . Alcune persone prendevano il viagra per l'impotenza e contemporaneamente farmaci coronarodilatatori. Oggi possiamo dimostrare che, evitando associazioni pericolose, e preso in dosi giuste, il farmaco può essere utile per alcune malattie cardiache".



Ora l'equipe dell'Università di Roma La Sapienza continuerà a fare dei test sugli effetti del farmaco sul cuore. "Abbiamo intenzione di provare il farmaco su un numero più ampio di pazienti. E poi vogliamo ampliare la sperimentazione su altre patologie di tipo cardiaco", conclude Lenzi.



(13 aprile 2012) © Riproduzione riservata

lunedì 19 marzo 2012

Medicina: la fertilita' maschile migliora anche a tavola

"Lo stile di vita influenza la salute riproduttiva maschile e l'alimentazione e' ora riconosciuta centrale nella prevenzione della sterilita'. Cereali, frutta, verdura, pesce, amminoacidi ed antiossidanti, in particolare, costituiscono la dieta ideale per migliorare la fertilita' maschile. Il consumo di dolci e i chili di troppo invece alterano invece il potenziale riproduttivo degli uomini, incidendo in modo negativo sulla motilita' e la concentrazione di spermatozoi," spiega Andrea Lenzi, direttore del dipartimento di fisiopatologia medica ed endocrinologia dell'Università di Roma Sapienza, a capo di una ricerca sulle abitudini alimentari e la qualita' del liquido seminale svolta su 130 uomini di 33 anni di eta' media effettuata al laboratorio di seminologia dell'ateneo romano.




"Lo studio, ancora in corso, si concludera' entro maggio estendendo il campione a 300 uomini" ha precisato Loredana Gandini, direttore della Banca del Seme della Sapienza di Roma.



"Per gli uomini la dieta, in particolare l'apporto e il tipo di grassi diversi ingeriti, e' associata alla qualita' e alla fertilita' degli spermatozoi. Dalle nostre analisi si evince come il consumo di frutta incida favorevolmente sulla concentrazione degli spermatozoi, mentre al contrario l'Indice di massa corporea, il BMI, e il consumo di dolci sembrano influenzare negativamente sia la concentrazione che la motilità spermatica. Gli uomini con problemi di fertilità consumano anche più frequentemente cibi che agiscono da vettori di sostanze deleterie per il sistema riproduttivo come gli xeno estrogeni".



Di prevenzione delle patologie andrologiche e dell'infertilita' si e' discusso stamattina in occasione del convegno di presentazione del tredicesimo volume della collana I Quaderni del Ministero della Salute "Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura delle patologie andrologiche" in corso al Ministero della Salute.



Il volume sui "Criteri di appropriatezza in andrologia" edito dal Ministero della Salute analizza le patologie che maggiormente spingono l'uomo a rivolgersi all'andrologo, approfondisce i fattori di rischio delle patologie andrologiche e dei disturbi della sessualita' e i criteri di appropriatezza strutturale, operativa e tecnologica per gli specialisti.



© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

lunedì 23 gennaio 2012

PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELL’INFERTILITA’ MASCHILE




Recentemente c’è stato un consistente interesse scientifico sullo stress ossidativo come responsabile o corresponsabile di molte patologie umane e come fattore non secondario nell’infertilità maschile.

I radicali liberi, responsabili dello stress ossidativo, provocano un danno del DNA spermatico e un danno della membrana cellulare dello spermatozoo con conseguente riduzione della sua motilità e della sua capacità fecondante.

E’ quindi diventato ben chiaro che il benessere dello spermatozoo è fondamentale nella fecondazione, indipendentemente dalla modalità con cui essa avviene (naturale o assistita).



Le cause che possono condurre allo stress ossidativo sono molteplici: ambientali, autoimmuni, testicolari, iatrogene, patologie croniche, errato stile di vita.

L’inquinamento ambientale da idrocarburi e benzopirene (che stimolano il recettore estrogenico) si traduce in una diminuzione del testosterone intra -testicolare che conduce a una riduzione del numero e della motilità degli spermatozoi. Sempre riguardo all’inquinamento ambientale non sono da dimenticare i metalli pesanti (piombo, mercurio), le sostanze derivanti dai materiali plastici (ftalati), i pesticidi e i diserbanti ed in fine le diossine. Queste sostanze largamente presenti nell’ambiente entrano nel ciclo alimentare e provocano gravi danni. Recentemente si è posta attenzione anche ai danni sulla fertilità che potrebbe essere indotta dalle radiazione elettromagnetiche prodotte da (cellulari, TV, PC, ecc).

I fattori autoimmuni comprendono principalmente gli esiti provocati dalle prostato- vescicoliti croniche, da infezioni genito- urinarie croniche e da infezioni generali.

Tra i fattori testicolari il principale è il varicocele, che causa un aumento della pressione venosa a livello del plesso testicolare con aumento della temperatura di lavoro del testicolo che si traduce in un notevole stress ossidativo per gli spermatozoi (la correzione chirurgica del varicocele produce nel 50% un miglioramento sensibile dello spermiogramma).

Le orchi-epididimiti provocano spesso situazioni di stress ossidativo cronico alle cellule della linea seminale.

Spesso poco considerate sono le cause iatrogene dovute a farmaci, come antibiotici ed antinfiammatori non steroidei che possono provocare quadri di severa oligo-asteno-teratospermia .

L’uso di ormoni anabolizzanti come doping determina un’atrofia testicolare con conseguente alterazione del quadro seminale.

Un impatto fortemente negativo sulla fertilità maschile è dato dal diabete, dall’obesità e da tutte le malattie metaboliche.

Il fumo di sigaretta è una delle cause principali di patologie della sfera sessuale maschile, causando deficit erettile e ipofertilità. Solo il 3 % dei fumatori ha uno spermiogramma con un quadro di normozoospermia contro il 27% dei non fumatori.

Le sostanze d’abuso come alcol, droghe, ecc hanno un influsso fortemente negativo sulla fertilità.

Tutte le suddette cause e concause provocano un significativo aumento dello stress ossidativo a livello seminale.



Un corretto approccio nella prevenzione e nella terapia dell’infertilità maschile comporta l’individuazione e l’eliminazione di tutti i fattori di rischio e nell’aderire a comportamenti salutari per ottimizzare lo stile di vita con una dieta antiossidante ricca di nutrienti in grado di fornire un giusto apporto di antiossidanti e con un’adeguata attività fisica.

Lo stress ossidativo, oltre che con la rimozione dei fattori di rischio e con un adeguato stile di vita, può essere combattuto con una serie di integratori alimentari o nutraceutici in grado di proteggere lo spermatozoo dai radicali liberi, di migliorarne la motilità e il metabolismo energetico; tali integratori vengono prescritti su consiglio dell’Andrologo di fiducia.

sabato 7 gennaio 2012

Salute: ventenne e metropolitano, crollo fertilita' del 25%

http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2011/12/29/visualizza_new.html_19263548.html


Colpa di smog e pesticidi, padri quarantenni mantengono standard


30 dicembre, 14:02


ROMA - La citta' e le sue tentazioni non e' solo un cliche' ottocentesco da cui rifuggire ma anche un pericolo reale per la capacita' riproduttiva dei ventenni italiani residenti nelle metropoli, il cui patrimonio in termini di spermatozoi e' ridotto di un quarto, a causa dei gas di scarico, dei pesticidi e di fattori peggiorativi come obesita', sedentarieta', alcol, fumo e droghe. Lo scarto con i coetanei che vivono in campagna e' evidente: questi ultimi hanno il 30% in piu' di potenziale di fertilita'. Ad essere a rischio e' l'intera fascia dei ventenni metropolitani che perdono anche il confronto con la generazione immediatamente precedente, quella dei quarantenni. Al loro cospetto, i giovani hanno una diminuzione del 25% della conta degli spermatozoi. L'effetto negativo della citta', il paragone con la provincia rurale e con la generazione dei quarantenni sono i risultati di tre ricerche condotte dalla Societa' Italiana di andrologia e medicina della sessualita' (Siams) che lancia un allarme: il 33,4% dei ragazzi sottoposti all'indagine e' ipofertile e l'11,7% e' gravemente ipofertile.


Come cause del crollo del potenziale fertile ''occorre considerare l'esposizione ambientale a pesticidi - afferma Carlo Foresta, presidente della Siams - inquinanti ambientali che agiscono come distruttori endocrini, spiazzando le fini regolazioni ormonali che modulano lo sviluppo dell'apparato riproduttivo, durante le prime fasi dell'embriogenesi''.

La Siams sottolinea l'importanza di preservare la 'dote' di spermatozoi ed evitare un ulteriore abbattimento. L'andamento e' gia' naturalmente al ribasso con l'invecchiamento, a partire dai 35 anni senza contare i fattori peggiorativi della fertilita' come obesita', sedentarieta', alcol, fumo e droghe.



© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

giovedì 1 dicembre 2011

Il laptop sulle gambe? Gli spermatozoi rischiano

L'uso di computer portatili dotati di connessione Wi-Fi potrebbe compromettere la fertilità maschile. Lo sostiene uno studio pubblicato da Fertility and Sterility in cui un gruppo di ricercatori statunitensi e argentini ha valutato la qualità dello sperma esposto alle onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi elettronici, dimostrando che un quarto degli spermatozoi viene ucciso in poche ore. Tuttavia, gli stessi ricercatori sottolineano che questi risultati sono stati ottenuti in una situazione artificiale e che non devono generare un eccessivo allarmismo.


Ciascuno dei campioni di sperma ottenuti da 29 uomini di età compresa tra i 26 e i 45 anni è stato diviso in due parti. Mentre la prima è stata collocata vicino a un computer collegato col Wi-Fi, la seconda è stata conservata alla stessa temperatura, ma lontano dalle onde elettromagnetiche. Dopo 4 ore, il 25% dello sperma contenuto nella prima parte del campione non si muoveva più e il 9% aveva accumulato danni al Dna, mentre nell'altra frazione queste percentuali erano rispettivamente il 14% e il 3%. Se, invece, la connessione Wi-Fi non veniva attivata, non si mostravano significativi danni allo sperma.

Conrado Avendano, autore principale dello studio, precisa: “Non sappiamo se questo effetto è indotto da tutti i portatili connessi al Wi-Fi o se ci sono delle condizioni di utilizzo che lo aumentano”.


(aggiornato 01-12-2011)

di Silvia Soligon (01/12/2011)

martedì 15 novembre 2011

Le 10 regole per una sana vita sessuale

Ecco le dieci regole d’oro che dovrebbero, secondo la Società Italiana di Andrologia, mantenere una regolare e sana vita sessuale; queste regole sono state consigliate e ricordate all'ultimo Congresso Nazionale tenutosi recentemente a Fiuggi:




1. Adottare un sano comportamento sessuale proteggendo se stesso e gli altri: usare il preservativo, evitare bruschi movimenti di angolazione del pene durante la penetrazione e curare l’igiene personale.



2. Evitare il fumo: la sigaretta è stata associata, nell’immaginario cinematografico, al fascino maschile. In realtà, questa immagine non corrisponde a quanto oramai centinaia di studi scientifici hanno evidenziato, e cioè che il fumo riduce le performance sessuali.



3. Avere cura dell’alimentazione e tenere sotto controllo il peso: un’errata alimentazione può determinare elevati valori di grassi e zuccheri nel sangue, e fungere da fattore d’innesco di diabete; un eccessivo consumo di sale è uno dei fattori causali che producono ipertensione. Le dislipidemie, il diabete e l’ipertensione sono universalmente riconosciuti fattori associati a difficoltà di erezione, oltre a costituire importanti fattori di rischio cardiovascolare. Anche l’abuso di alcol svolge un ruolo deleterio sia sulla capacità sessuale che sulla fertilità. L’obesità è stata inoltre identificata come significativamente correlata al deficit erettile.



4. Fare sport, ma correttamente: una regolare attività fisica consente di migliorare le proprie prestazioni sessuali.



5. Avere una sana vita affettiva, lavorativa e relazionale: prendersi cura di sé è importante perché per stare bene è necessario conoscersi, accettarsi, volersi bene.



6. Fare attenzione ai rischi di alcune professioni: la salute dell’individuo nell’ambiente di lavoro è tutelata da norme di sicurezza ed è previsto un controllo da parte dei Servizi di medicina preventiva sulla loro stretta osservanza. Purtroppo non rientrano tra questi controlli anche quelli relativi alla funzione riproduttiva. È noto che l’esposizione occupazionale a molti agenti chimici o fisici può produrre danni, anche irreversibili, a carico dell’apparato riproduttivo maschile; di alcuni il meccanismo d’azione è noto da tempo di altri si sa ancora poco. È pertanto raccomandabile che siano adottate tutte le precauzioni previste dalla legge.



7. Prevenire e curare diabete e ipertensione.



8. Non trascurare i controlli nell’infanzia: alcune alterazioni della funzione sessuale in età adulta hanno la loro origine in problemi irrisolti o risolti tardivamente in età infantile.



9. Fare una visita andrologica in età adulta: la necessità di fare controlli andrologici anche nell’adulto, non solo in caso di patologia, scaturisce prima di tutto dai dati epidemiologici che mostrano come in Italia il 12,8% degli uomini abbia problemi di erezione, il 30% lamenti eiaculazione precoce e come, in caso di infertilità in almeno il 50% dei casi il problema sia maschile.



10. Fare una visita andrologica anche nella terza età: l’avanzare dell’età può determinare un progressivo indebolimento di alcune funzioni quali ad esempio la vista, l’udito e anche la funzione sessuale. Consultare l’andrologo per far presente e curare problemi di deficit dell’erezione non deve essere considerato diverso dal rivolgersi all’oculista o all’otorinolaringoiatra per risolvere i problemi della vista o dell’udito.







Fonte:



http://www.andrologiaitaliana.it/

mercoledì 26 ottobre 2011

Urologia: ancora tabù?

il Dottor Mario De Siati, urologo e andrologo. Gli abbiamo rivolto alcune domande su quali siano le patologie più comuni tra i giovani

31/08/2011
di Alessia Strinati



Oggi per voi abbiamo intervistato il Dottor Mario De Siati, urologo e andrologo. Gli abbiamo rivolto alcune domande su quali siano le patologie più comuni tra i giovani nel suo ambito e il modo migliore per affrontarle.

Quali sono, secondo la sua esperienza, le malattie urologiche più comuni tra i giovani?


Dobbiamo distinguere per sesso: nel sesso femminile sono frequenti le infezioni urinarie, la cistite per intendersi; la frequenza di questo disturbo aumenta drasticamente con l’inizio dell’attività sessuale. Voglio precisare che non si tratta di una malattia sessualmente trasmessa, diciamo che l’attività sessuale, a causa di un fattore anatomico tipico della donna, brevità dell’uretra e vicinanza con la parte terminale dell’intestino, predispone a questo disturbo.



Nel sesso maschile sono frequenti le prostatiti, le uretriti e le infezioni da HPV (condilomatosi) prese a causa di rapporti sessuali non protetti. Nel maschio, inoltre, può essere presente il varicocele (dilatazione delle vene del funicolo spermatico) che può talvolta predisporre all’infertilità e la fimosi che può rendere difficoltosi i rapporti sessuali e predisporre alle infezioni urinarie.



La calcolosi urinaria è presente in entrambi i sessi ed è dovuta a un’alimentazione sbagliata e/o a una non sufficiente assunzione di liquidi. Bere in maniera adeguata previene molte malattie urologiche.



Ovviamente in questa sede non è possibile menzionare tutte le problematiche urologiche o andrologiche, ma sarebbe buona regola, sia nell’uomo che nella donna, eseguire delle periodiche visite preventive.


Quando esisteva la leva obbligatoria, molte malattie dell’apparato urogenitale maschile venivano diagnosticate precocemente e curate.


Possono queste malattie, se non curate adeguatamente, diventare croniche e compromettere l’apparato genitale?



Ogni malattia malcurata tende a diventare cronica e/o a peggiorare, quindi l’invito è a non trascurare nessun problema ed evitare il fai da te, perché un’auto prescrizione di un farmaco può peggiorare la situazione o far tardare la diagnosi.



Un problema urologico, può essere un campanello d’allarme per malattie che interessano anche altri organi, come ad esempio i reni?


Come dicevo nessun sintomo deve essere trascurato (disturbi della minzione, presenza di sangue nelle urine o nel liquido seminale, aumento del volume dei testicoli ecc) e va riferito al proprio medico di famiglia, che dovrebbe fare da filtro e valutare l’opportunità di una visita specialistica

La cistite. Si tende a pensare che sia un problema esclusivamente al femminile, è così?



La cistite, nella fascia d’età che stiamo prendendo in considerazione, interessa quasi esclusivamente il sesso femminile e la si previene con una giusta igiene e l’assunzione di un’adeguata quantità di acqua (per prevenire la calcolosi e le infezioni urinarie è buona regola che le urine abbiano sempre un colore chiaro e mai carico) ed evitando di ritardare eccessivamente i tempi tra una minzione e l’altra. Ovviamente, le cose non sono sempre così semplici perché alcune donne hanno una predisposizione “congenita alla cistite “e in questi casi la terapia non è sempre facile.


La prostata. Da quale età è consigliabile iniziare a fare i controlli e quali le misure preventive da attuare per limitare i disturbi in età adulta?



Il capitolo delle malattie prostatiche è molto vasto e viene diviso fondamentalmente nelle prostatiti che sono presenti sia nel giovane che nell’anziano e nell’ipertrofia prostatica e il carcinoma della prostata che, salvo rare eccezioni, sono presenti negli uomini dai 50 anni in su.



Voglio fare una premessa, e cioè che la salute che ognuno avrà nell’età avanzata dipende molto da un giusto stile di vita (alimentazione equilibrata, abolizione del fumo, alcol, droghe, sedentarietà, obesità, ecc) che deve iniziare sin dall’infanzia e questo è altrettanto vero per quanto riguarda le patologie prostatiche, quindi il sesso protetto e non promiscuo riduce l’incidenza delle prostatiti e un’alimentazione equilibrata ricca di alimenti vegetali e sostanze antiossidanti riduce l’incidenza e la gravità del dell’ipertrofia prostatica e del carcinoma della prostata.



È buona regola, comunque, dai 50 anni in su, anche in assenza di sintomi, eseguire delle visite preventive periodiche.







http://www.quotidianogiovanionline.it/Salute/Notizia/1277/Urologia-ancora-tab.aspx

sabato 22 ottobre 2011

Troppi interventi di allungamento del pene

lo studio - L'85% DI CHI VA IN SALA OPERATORIA NON NE AVREBBE BISOGNO


La Francia lancia l'allarme: «Troppi interventi di allungamento del pene»

L'Accademia di chirurgia transalpina: inutili e dannosi


MILANO - Sempre più cittadini francesi ogni anno decidono di sottoporsi a dolorose operazioni chirurgiche per allungare il pene. Lo ha reso noto giovedì scorso l'Accademia di chirurgia transalpina che ha anche rilevato come spesso questi interventi siano inutili e dannosi.

I DATI - Secondo l'istituto di ricerca, molti uomini hanno la sensazione di avere un pene troppo piccolo ma in realtà non avrebbero bisogno di un intervento correttivo. Circa l'85% dei maschi che in Francia si presentano in sala operatoria ha un pene di dimensioni normali. «Una domanda così alta è legata più che altro all'immagine che si vuol avere di se stessi piuttosto che a delle vere e proprie disfunzioni - spiega lo studio -. Il ruolo del chirurgo è allora pedagogico. Bisogna spiegare la realtà al paziente senza respingere la sua richiesta, ma dimostrando la mancanza di fondamento di tale intervento».

LE MISURE - Proprio per rassicurare, l'Accademia pubblica uno studio in cui sono diffuse le misure medie che dovrebbe raggiungere il pene per essere considerato fisiologicamente attivo: a riposo tra i 9 e 9,5 centimetri, in erezione tra i 12,8 e i 14,5 cm. La circonferenza del pene a riposo si dovrebbe inoltre attestare intorno agli 8,5 cm, mentre in erezione può superare i 10,5 cm. L'Accademia afferma che qualsiasi uomo che raggiunge queste dimensioni non ha alcun bisogno di sottoporsi a operazioni chirurgiche e nessuna decisione d'intervento deve essere presa senza prima consultare uno specialista.

DANNI - Gli studiosi avvertono anche che le moderne tecniche di allungamento del pene possono essere controproducenti causando gravi problemi di erezione. Secondo la ricerca l'uso di alcuni materiali come il silicone e la vaselina dovrebbe essere proibita, mentre le iniezioni di grasso autologo hanno un effetto transitorio a causa del riassorbimento del grasso stesso.



Francesco Tortora

21 ottobre 2011 22:43

 CORRIERE.IT

giovedì 6 ottobre 2011

Eiaculazione Precoce: superare l'imbarazzo per ritrovare l’intesa

Eiaculazione Precoce: superare l'imbarazzo per ritrovare l’intesa


Maschi italiani e sesso. A indagare un sondaggio condotto su 750 persone di età diverse in occasione della recente Giornata mondiale della salute sessuale dal quale sono emerse non poche sorprese, non tutte positive.

Innanzitutto un dato: quattro milioni di italiani soffrono di Eiaculazione Precoce (EP), ma il problema viene spesso sottostimato a causa di timori e imbarazzo che circondano la questione. Se, infatti, spesso si parla di disfunzione erettile, l’Eiaculazione Precoce resta ancora un problema confinato alla camera da letto, soppresso tra silenzi e sensi di colpa. La compagna, in tal senso, può svolgere un ruolo-chiave: la maggior parte dei pazienti si rivolge allo specialista solo dietro pressione o richiesta della partner.

Ma quando si può parlare di Eiaculazione Precoce? Le principali società scientifiche internazionali (tra queste l’International Society for Sexual Medicine, l’American Urological Association e l’European Association of Urology) definiscono l’Eiaculazione Precoce sulla base di tre elementi:


1.un’eiaculazione che si verifica, in modo persistente o ricorrente, in seguito a stimolazione sessuale minima, prima o durante la penetrazione vaginale;

2.la mancanza di controllo dell'eiaculazione;

3.le conseguenze negative sul piano personale, come insoddisfazione e frustrazione.

E quali sono le cause principali dell’Eiaculazione Precoce? In merito alle cause dell’EP si distingue tra forma 'primaria' e forma 'secondaria'. La prima è molto più diffusa della seconda, come confermano le diagnosi effettuate durante gli EpDays, una 'tre giorni' di viste gratuite dedicata agli uomini afflitti da questo problema.


La forma primaria, presente sin dai primi rapporti sessuali e con quasi tutte le partner, può dipendere anche da cause neurobiologiche, determinate geneticamente, responsabili di una ridotta concentrazione di una sostanza, la serotonina, che provoca la mancanza di controllo nel riflesso eiaculatorio.

Studi recenti, infatti, hanno dimostrato che è questo neurotrasmettitore a controllare l’eiaculazione e la risposta sessuale maschile: un aumento dei livelli di serotonina a livello del sistema nervoso centrale svolge un’azione inibitoria sull’eiaculazione, ritardandola. L’Eiaculazione Precoce risulta, invece, associata a una ridotta concentrazione di serotonina.



La forma secondaria di EP è invece causata da altre patologie (ad esempio prostatiti o disturbi alla tiroide) o anche da cause psicologico/situazionali (ansia/stress) e a differenza della primaria compare dopo un periodo di normale attività sessuale.


Si tratta, sia per la forma primaria che per quella secondaria, di un disturbo che va affrontato insieme allo specialista andrologo o al sessuologo medico e che con le cure adeguate, oggi disponibili, può essere risolto.



Per avere un primo contatto con il medico, e favorire il dialogo medico-paziente, è attivo all'indirizzo www.eiaculazioneprecocestop.it il servizio di consulenza online 'Chiedi all'Esperto' che offre a quanti soffrono di Eiaculazione Precoce la possibilità di richiedere un parere medico gratuito, personalizzato e anonimo agli esperti del settore sui problemi di Eiaculazione Precoce.


Fonti Ansa

eiaculazioneprecocestop.it

lunedì 3 ottobre 2011

NOVIR

http://www.novir.it/novir/


Novir è un integratore alimentare a base di oligoelementi, vitamine e aminoacidi coadiuvante nella disfunzione erettile, nell’oligospermia, nella spermatogenesi e nell’affaticamento muscolare.


ATTENZIONE! Novir NON è un farmaco, ma un prodotto naturale e assolutamente privo di controindicazioni!

La sua composizione è semplice, ma allo stesso tempo estremamente efficace!

Coenzima Q10
Il Coenzima Q10 è un componente essenziale della catena respiratoria mitocondriale, stimola la produzione di energia cellulare (ATP) e protegge le cellule dal danno da radicali liberi grazie ad una potente azione antiossidante..


L-Citrullina

-E' un amminoacido con doverse funzioni:

-aumenta notevolmente la disponibilità periferica di arginina più della diretta assunzione;

- esercita un effetto vasodilatatore aumentando la disponibilità di ossido nitrico;

- ha un’azione protettiva sui vasi sanguigni e ha un’attività antiaterosclerotica;

- aumenta il ritmo metabolico dell’organismo, la performance aerobica e diminuisce la fatica muscolare;

- stimola il sistema immunitario;

- accelera la ripresa in situazioni di stress anche postchirurgico.

.L-Carnitina
La L-carnitina svolge un ruolo fondamentale nel trasportare gli acidi grassi attraverso la membrana mitocondriale interna, riduce i livelli di trigliceridi e nel contempo incrementa quelli di colesterolo HDL.
Ha un’azione antiossidante, cardioprotettiva e neuroprotettiva..

Vitamina E
E’ un potente antiossidante, neuroprotettivo, immunomodulante e stabilizzante di membrana. E’ essenziale nella regolazione della spermatogenesi e del ricambio dell’epitelio delle vie seminali. Studi recenti hanno dimostrato che contribuisce a migliorare la motilità e la morfologia degli spermatozoi.

Zinco
L’integrazione di zinco risulta utile nelle forme di infertilità maschile e femminile e nel soggetto maschio con prostatite cronica..Modalità d’uso


Assumere una compressa masticabile ogni 12 ore a stomaco vuoto per un mese, successivamente assumere una compressa al mattino prima di colazione..

domenica 2 ottobre 2011

Il pomodoro cotto è in grado di proteggere la prostata dal tumore

Studio del Centro Scienze dell'Invecchiamento dell'università di Chieti




Il pomodoro (cotto) protegge la prostata, se cucinato intero, con semi e buccia, il re della cucina mediterranea mostra un'efficace attività antitumorale



Intero, con buccia e semi compresi, e cotto: così va portato in tavola il pomodoro per proteggere la salute maschile. Da tempo il re della cucina mediterranea è studiato per le sue proprietà anticancro, soprattutto per uno dei suoi componenti, il licopene. Ora però uno studio italiano sostiene che il pomodoro nella sua interezza sia molto più efficace dei singoli micronutrienti nella prevenzione del tumore della prostata.



LA SALSA MEGLIO DI UNA PASTICCA - La dimostrazione delle virtù del pomodoro cotto proviene da uno studio su modelli animali condotto dagli esperti del Centro Scienze dell'Invecchiamento dell'università di Chieti, in collaborazione con l'università Federico II di Napoli, e pubblicato sulla rivista Cancer Prevention Research. Così Manuela Iezzi, ricercatrice del centro abruzzese, spiega come può essere che a livello di prevenzione il sugo sia più interessante di un integratore: «Abbiamo appurato che una dieta arricchita con pomodoro intero, specie se cotto e con la buccia, come accade nelle più tipiche preparazioni della cucina mediterranea, riduce lo sviluppo dei tumori della prostata e i fattori infiammatori coinvolti nel processo tumorale. Molto più di quanto può accadere assumendo un solo componente, come il licopene».



PROTEZIONE ANTICANCRO - I ricercatori dell'Università di Chieti hanno simulato su topi da laboratorio manipolati geneticamente gli stadi di un tumore della prostata umano. Una parte degli animali è stata nutrita con estratto di pomodori cotti della varietà "ciliegino", in quantità pari al 10 per cento della dieta giornaliera. In questo gruppo di soggetti la sopravvivenza è aumentata (dall'11 al 67 per cento), il tumore è evoluto più lentamente, c'è stata una maggiore attività antiossidante e un minor livello nell'organismo dei marcatori dell'infiammazione (quest'ultimo è un processo particolarmente importante nella formazione dei tumori che colpiscono la ghiandola prostatica). «L'indagine è stata finanziata da programmi di ricerca di sviluppo industriale che vedono la collaborazione del settore pubblico e di alcune aziende alimentari - spiega ancora Manuela Iezzi - ed è servita, fra l'altro, a provare che non tutte le preparazioni e non tutte le qualità di pomodoro offrono gli stessi benefici in termini di chemioprevenzione».



ALIMENTI AMICI - Il tumore della prostata è la seconda forma di cancro più diffusa fra gli uomini (dopo quello al polmone) e la prima nei Paesi più ricchi. Oltre ai pomodori, i nutrienti più spesso studiati in relazione ai tumori prostatici sono il tè verde (ricco di polifenoli antiossidanti), la soia, la melagrana, oltre a singoli nutrienti come il selenio, la vitamina D e la vitamina E. I risultati non sono univoci, ma gli esperti concordano sugli effetti protettivi di una dieta equilibrata e varia, ricca di frutta e verdura..

domenica 11 settembre 2011

Chi dorme poco, oltre a stanchezze e irritabilità, potrebbe avere disturbi dell'erezione

MILANO – Una notte passata senza chiudere occhio, oltre a stanchezza e irritabilità, potrebbe avere anche altre conseguenze insospettate. Sembra infatti che un riposo notturno non proprio soddisfacente sia in relazione con disturbi di tipo urinario e perfino con la disfunzione erettile, almeno secondo quanto è stato riportato a Washington nel corso dell’ultimo meeting dell’American Urological Association.




GLI STUDI­ – In una ricerca condotta presso il New England Research Institute del Massachusetts circa 1600 uomini e 2500 donne intorno ai 48 anni sono stati seguiti per 5 anni riguardo la qualità del loro sonno e la presenza di disturbi urinari quali ad esempio l’incontinenza e la frequente necessità ad alzarsi durante le ore notturne per fare pipì. Sono proprio questi ultimi fastidi, secondo lo studio, ad affliggere maggiormente le donne che non riescono a riposare per più di cinque ore per notte. Anche per gli uomini insonni però qualche disagio c’è: rispetto a coloro che dormono senza difficoltà, hanno più probabilità di avere sintomi alle alte vie urinarie. Un disturbo invece tutto maschile legato in qualche modo alla qualità del sonno sembra essere la disfunzione erettile. Secondo ricercatori del Mount Sinai Medical Center di New York che hanno considerato circa 900 uomini in sovrappeso con un’età media di circa 47 anni, quelli che soffrivano di impotenza avevano una probabilità più che doppia, rispetto a chi aveva un’attività sessuale nella norma, di avere disturbi del sonno. In particolare rischiavano maggiormente di andare incontro ad apnee ostruttive notturne, ovvero quelle brevi interruzioni del respiro causate da un eccessivo rilassamento dei muscoli superiori della gola, disturbo particolarmente frequente negli obesi.



RELAZIONE BIDIREZIONALE – Non è difficile credere che chi soffra ad esempio d’incontinenza abbia difficoltà a dormire bene, ma questi studi sembrano affermare che può valere anche il contrario. «Solitamente pensiamo ai pazienti con sintomi urologici come a persone che hanno anche disturbi del sonno», afferma Raymond Rosen, ricercatore al New England Research Institute,«ma questi dati suggeriscono che ci può essere una relazione bidirezionale tra difficoltà cronica nel riposare e patologie urinarie e questo aspetto deve essere approfondito». Tutto ciò sembra valere anche per il legame tra insonnia e disfunzione erettile già notato in uno studio del 2008, in cui topi da laboratorio, sottoposti a intermittenti privazioni di ossigeno tipiche delle apnee notturne, presentavano il 55 per cento in meno di erezioni quotidiane spontanee.



APNEE INSIDIOSE - «Sarebbe auspicabile» sostiene Boback Berookhim, urologo al Mount Sinai Medical Center e autore della ricerca, «che chi soffre di disfunzione erettile si sottoponesse a indagini per verificare la presenza o meno di apnee notturne che possono avere effetti negativi sulle sue attività quotidiane». Questo disturbo del sonno colpisce il 4 per cento degli uomini e il 2 per cento delle donne tra i 30 e i 65 anni, percentuali che salgono con l’aumentare dell’età e del peso. Tali numeri sono poi probabilmente inferiori alla realtà data la difficoltà del paziente a riconoscere i sintomi di una patologia che, impedendo un adeguato riposo, è causa di sonnolenza durante il giorno che può portare a pericolosi momenti di disattenzione se sopraggiungono ad esempio quando si è alla guida o si svolgono attività delicate. Non solo, insonnia e apnee notturne col tempo possono aumentare il rischio d’ipertensione, ictus e altre patologie cardiache. Quantità e qualità del sonno sembrano, visti i dati di queste ricerche, influenzare anche la funzione erettile e quella urinaria. Una relazione che, secondo gli studiosi, merita approfondimenti per migliorare salute e qualità di vita dei pazienti.



Cristina Gaviraghi

10 settembre 2011 16:36

http://www.corriere.it/salute/11_settembre_10/insonnia-effetti-collaterali-gaviraghi_7a28f214-d93b-11e0-91da-5052c8bbe100.shtml

mercoledì 31 agosto 2011

Persistent Sexual Side Effects of Finasteride for Male Pattern Hair Loss

Persistent Sexual Side Effects of Finasteride for Male Pattern Hair Loss


Keywords:Erectile Dysfunction;Finasteride;Libido;5 Alpha Reductase Inhibitor;Propecia;Sexual Side Effects


ABSTRACT

Introduction.  Finasteride has been associated with reversible adverse sexual side effects in multiple randomized, controlled trials for the treatment of male pattern hair loss (MPHL). The Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency of the United Kingdom and the Swedish Medical Products Agency have both updated their patient information leaflets to include a statement that “persistence of erectile dysfunction after discontinuation of treatment with Propecia has been reported in post-marketing use.”



Aim.  We sought to characterize the types and duration of persistent sexual side effects in otherwise healthy men who took finasteride for MPHL.



Methods.  We conducted standardized interviews with 71 otherwise healthy men aged 21–46 years who reported the new onset of sexual side effects associated with the temporal use of finasteride, in which the symptoms persisted for at least 3 months despite the discontinuation of finasteride.



Main Outcome Measures.  The types and duration of sexual dysfunction and the changes in perceived sexual frequency and sexual dysfunction score between pre- and post-finasteride use.



Results.  Subjects reported new-onset persistent sexual dysfunction associated with the use of finasteride: 94% developed low libido, 92% developed erectile dysfunction, 92% developed decreased arousal, and 69% developed problems with orgasm. The mean number of sexual episodes per month dropped and the total sexual dysfunction score increased for before and after finasteride use according to the Arizona Sexual Experience Scale (P < 0.0001 for both). The mean duration of finasteride use was 28 months and the mean duration of persistent sexual side effects was 40 months from the time of finasteride cessation to the interview date. Study limitations include a post hoc approach, selection bias, recall bias for before finasteride data, and no serum hormone levels.



Conclusion.  Physicians treating MPHL should discuss the potential risk of persistent sexual side effects associated with finasteride. Irwig MS and Kolukula S. Persistent sexual side effects of finasteride for male pattern hair loss. J Sex Med 2011;8:1747–1753.



domenica 7 agosto 2011

SESSO: DISFUNZIONI LEGATE ALL'USO ALCOL, FUMO E ALL'OBESITA'

(ASCA) - Roma, 5 ago - Uno stile di vita non salutare e' strettamente connesso a problematiche dal punto di vista sessuale: e' quanto emerge da uno studio condotto su oltre 5 mila soggetti da un gruppo di ricercatori danesi dello Statens Serum Institut di Copenaghen e pubblicato sul Journal of Sexual Medicine.




I ricercatori hanno rilevato che mettere in pratica anche solo alcuni dei comportamenti tra l'essere in sovrappeso, fumare, bere alcol, consumare droghe pesanti e fare poca attivita' fisica porta a un aumento del rischio di non avere una vita sessuale regolare fino al 78% negli uomini e fino al 91% nelle donne. In particolare tra gli uomini il rischio di andare incontro a disfunzioni aumenta fino al 71% per i soggetti con obesita' addominale e di oltre l'800% in coloro che fanno uso di droghe pesanti. Le donne che fumano hashish corrono invece un rischio di sviluppare anorgasmia (difficolta' o impossibilita' a raggiungere l'orgasmo) 3 volte maggiore rispetto alle non utilizzatrici. noe/cam/bra

venerdì 8 luglio 2011

Disfunzioni sessuali: attenzione allo stile di vita

http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/news/articolo/lstp/410625/

Problemi sessuali come la disfunzione erettile maschile o l’anorgasmia nelle donne possono essere dovuti a un errato stile di vita. Lo studio


I problemi sessuali e le disfunzioni sono in costante aumento. Sono infatti ormai molti i maschi che lamentano difficoltà di erezione, eiaculazione precoce… e le donne con problemi di anorgasmia, rapporti dolorosi… Per tutti, poi, la regola generale è: rapporti insoddisfacenti o, peggio, inesistenti.



Ma quale può essere il motivo di tutti questi problemi? Secondo uno studio danese pubblicato sul Journal of Sexual Medicine, colpevole sarebbe uno stile di vita errato. Fattori come il fumo, l’alcol, la droga, la sedentarietà, il sovrappeso e altri ancora sono tra i primi a sedere sul banco degli imputati.



Il dottor Morten Frisch, del Statens Serum Institut ha scoperto che non solo uno stile di vita malsano influisce sulla qualità dei rapporti sessuali, ma anche sui rapporti di coppia in genere. E, infine, sono proprio le persone sessualmente inattive che sono risultate seguire uno stile di vita scorretto.

Il professor Frisch lo ha scoperto utilizzando e analizzando i dati raccolti a livello nazionale, nel 2005, su un numero rappresentativo di 5.552 uomini e donne danesi di età compresa tra i 16 e i 97 anni. Con questi dati alla mano, ha valutato l’associazione tra fattori di stile di vita, l’inattività sessuale e le disfunzioni sessuali.



I numeri hanno confermato che chi seguiva uno stile di vita scorretto mancava di un partner sessuale e una vita sessuale attiva. Questo è apparso evidente fino al 78% negli uomini e addirittura fino al 91% nelle donne, la quasi maggioranza.

Tra coloro che invece un partner ancora ce l’avevano, se seguivano uno stile di vita malsano, il rischio di sviluppare una disfunzione sessuale era del 78% negli uomini con una circonferenza della vita molto grande. Ma il rischio maggiore sia per gli uomini che per le donne era quando facevano uso di droghe, sia leggere che pesanti. Per gli uomini il rischio aumentava addirittura dell’800%; per le donne la possibilità di andare incontro ad anorgasmia era di tre volte maggiore.



Oggi si sa che uno stile di vita scorretto può avere conseguenze nefaste sulla salute, sia fisica che psichica. Ma, con questo studio, ora sappiamo che anche la vita sessuale ne può essere intaccata e se manca la salute, e infine anche la sessualità, diventa davvero difficile poter essere sereni.

«Speriamo che i nostri risultati possano essere utilizzati in futuro per la consulenza ai pazienti con stili di vita non sani. Conoscere le possibili conseguenze negative di uno stile di vita malsano per la salute sessuale può aiutare le persone a smettere di fumare, consumare meno alcolici, fare più esercizio fisico, e perdere peso», commenta Frisch.

[lm&sdp]

mercoledì 22 giugno 2011

News :Vaccino Hpv riduce lesioni pre-cancerose

(ANSA) - ROMA, 17 GIU - Il vaccino contro il papillomavirus (Hpv) e' efficace contro le lesioni della cervice che preludono al tumore, abbattendole del 50%. Lo ha dimostrato uno studio australiano pubblicato da The Lancet, che ha riscontrato un calo delle lesioni nelle adolescenti sotto i 18 anni dallo 0,80% allo 0,42%. Anche in Italia, come in Australia, la campagna vaccinale e' stata avviata nel 2007, e per l'Istituto Superiore di Sanita' nel 2010 si e' raggiunta una copertura del 59% delle adolescenti nate nel 1997.

giovedì 5 maggio 2011

ESSERE SOVRAPPESO A 40 ANNI AUMENTA IL RISCHIO DI DEMENZA DELL'80%

Essere sovrappeso o obesi tra i 40 e i 45 anni aumenta dell'80% il rischio di sviluppare l'Alzheimer e altre forme di demenza. A sostenerlo e' uno studio pubblicato su Neurology dai ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia). La ricerca e' stata condotta su 8.534 gemelli di 74 anni di eta' media. Nel corso dell'esperimento gli studiosi hanno scoperto che solo il 26% di coloro che, a quarant'anni, erano stati sovrappeso non avevano fatto registrare l'insorgenza dei sintomi della demenza, contro un 39% che aveva sviluppato diverse forme di declino cognitivo e un altro 36% che aveva ricevuto diagnosi di demenza ''discutibile'' vale a dire soggetti che mostrano deterioramento di alcune funzioni cognitive, compresa la memoria, anche senza deterioramento delle capacita' funzionali. Per approfondimenti




martedì 29 marzo 2011

Deficit Erettile e Disfunzione Endoteliale

La fisiologiapatologia della disfunzione endoteliale rappresenta un fenomeno complesso ed articolato, coinvolgente diversi meccanismi. La disfunzione endoteliale è caratterizzata da vasocostrizione, aggregazione piastrinica, adesione leucocitaria e proliferazione delle cellule muscolari lisce ed è stata correlata ad una ridotta biodisponibilità di NO, ad un eccesso ossidativo e ad un’aumentata azione di ET-1 (endotelina).


MONOSSIDO DI AZOTO

NO è una delle sostanze più importanti prodotte dall’endotelio; è un potente vasodilatatore, un inibitore della crescita cellulare e dell’infiammazione,ha effetti antiaggreganti sulle piastrine, per cui risulta la molecola chiave della normale funzione endoteliale. Una ridotta disponibilità di NO è stata descritta in presenza di disfunzione endoteliale ed è stata associata ad una ridotta attività dell’isoforma endoteliale della NO-sintetasi (eNOS), enzima in grado di ottenere NO a partire dall’L-arginina, per ossidazione del suo nitro gruppo terminale guanidinico.

L’ECCESSO OSSIDATIVO

Un ruolo preminente nella disfunzione endoteliale va assegnato all’inattivazione dell’NO da parte dei radicali liberi dell’ossigeno. Le specie reattive dell’ossigeno reagiscono con l’NO producendo perossinitriti, molecole cito-ossidanti, che tramite – la nitrazione delle proteine cellulari endoteliali – ne alterano la funzione; i perossinitriti sono anche coinvolti nell’ossidazione delle LDL, che aumentano così il loro effetto pro-aterogeno e riducono a loro volta la biodisponibilità di NO inibendone la via biosintetica tramite una alterazione della conformazione dei recettori Gi-dipendenti, con conseguente mancata attivazione della eNOS, oppure inattivando direttamente lo NO per un eccesso di anione superossido.

In modelli animali di ipertensione, un eccesso ossidativo caratterizzato da produzione di elevate quantità di radicali liberi sotto forma di anione superossido, perossido di idrogeno e radicale ossidrilico, è associato a disfunzione endoteliale, come dimostrato da un miglioramento della vasodilatazione endotelio-dipendente dopo l’uso di antiossidanti. L’eccesso ossidativo si associa inoltre ad aumento dei processi infiammatori e della formazione di trombi e la sua entità correla con il grado di riduzione della vasodilatazione endotelio-dipendente e con lo sviluppo di eventi cardiovascolari.

La disfunzione endoteliale è associata a varie patologie cardiovascolari e rappresenta uno dei principali meccanismi attraverso cui i fattori di rischio cardiovascolare predispongono allo sviluppo di aterosclerosi, di instabilità di placca e di trombosi,e quindi, all’incidenza di eventi clinici futuri .Essendo una patologia di tipo funzionale, la disfunzione endoteliale è per lo più un processo reversibile ed il trattamento delle condizioni predisponenti può almeno in parte ripristinare un endotelio integro e funzionante .Lo stress ossidativo è considerato uno dei meccanismi patogenetici fondamentali della disfunzione endoteliale e dell’aterosclerosi; esiste, per questo motivo, una crescente attenzione sugli effetti di terapie antiossidanti sulla funzione dell’endotelio. Le terapie con sostanze antiossidanti sono a base di farmaci che agiscono sugli ossidanti lipidici circolanti o di farmaci che agiscono direttamente sugli anioni superossido .

DEFICIT ERETTILE

Come detto ,quindi ,l’endotelio è il principale organo per il mantenimento dell’omeostasi vasale e l’eziopatogenesi vascolare è da considerarsi la causa principale di Deficit Erettile (DE), infatti le indagini epidemiologiche le attribuiscono la responsabilità del 25-50% dei casi. L’incidenza di DE nei fumatori è del 40% rispetto al 28 % della popolazione generale, anche l’ipertensione è riconosciuta causa di DE, infatti il 68 % dei pazienti ipertesi soffre di DE. La dislipemia ,attraverso il fenomeno aterosclerotico può essere alla basa di DE(ad ogni incremento di 1 mmol/l dei livelli di colesterolo totale corrisponde un incremento di 1,32 volte di sviluppare DE. Il 60-65 % dei maschi sottoposti a bypass coronarico e degli infartuati di tutte le età presenta un grado variabile di DE e il 16-42% dei pazienti ultra 45enni con DE vasculogenetica, ma totalmente asintomatici,presenta alterazioni all’ECG da sforzo.

Concludendo il trattamento del DE deve mirare a risolvere il problema immediato e cioè quello di restituire una erezione valida al paziente ,ma contemporaneamente deve rimuovere i fattori di rischio , deve promuovere un corretto stile di vita, deve agire in maniera mirata ,anche farmacologicamente, per ripristinare o quantomeno migliorare la funzione endoteliale, in caso contrario si assisterà ad un progressivo aggravarsi dei sintomi e a una progressiva insensibilità al trattamento con gli inibitori delle Fosfodiesterasi 5 (cialis-levitra-viagra).

Ecco perché è fondamentale associare l’assunzione di tali farmaci ad un corretto stile di vita e a una terapia volta a migliorare e correggere il danno endoteliale e tale associazione può essere e deve essere prescritta dal bravo andrologo che deve considerare il paziente nella globalità delle sue problematiche psicologiche e di salute.



Mario De Siati

sabato 26 marzo 2011

Eiaculazione precoce le cause nell'adolescenza

Secondo uno studio del San Camillo, la disfunzione sessuale nasce da errate abitudini

L'INDAGINE



Eiaculazione precoce

le cause nell'adolescenza



Secondo uno studio del San Camillo, la disfunzione sessuale nasce da errate abitudini







ROMA- L'eiaculazione precoce in età adulta può avere origine da errati comportamenti in adolescenza. Masturbarsi in bagno, infatti, sembra avere un'influenza sull'insorgere, anni dopo, di questo disturbo. Lo ha appurato uno studio condotto all'Ospedale San Camillo di Roma su 200 pazienti, metà con eiaculazione precoce e metà sani. Il risultato è inequivocabile: coloro che si masturbavano prevalentemente in bagno da adolescenti, nella maggior parte dei casi da grandi non avevano il controllo della riflesso eiaculatorio ed avevano un tempo di latenza intravaginale inferiore ai due minuti. Coloro invece che avevano la possibilità di masturbarsi nel loro letto, senza fretta e al riparo da intrusioni, nella maggioranza dei casi erano capaci di controllare il riflesso e decidere il momento dell'orgasmo facendo durare il rapporto tutto il tempo necessario per appagare la propria partner.



CONTROLLO - «Il motivo è chiaro anche se molti lo ignorano», spiega l'autore dello studio, l'andrologo Giuseppe La Pera, responsabile dell'ambulatorio del San Camillo specializzato su questo tema: «Esistono dei muscoli che consentono il controllo dell'eiaculazione: lo stimolo viene in modo naturale, ma noi lo possiamo controllare con efficacia e ritardare anche di molto. Un po' come succede quando si deve urinare. Masturbarsi in bagno, in fretta, con uno stato di ansia, impedisce che l'adolescente impari a conoscersi, a scoprire il funzionamento di questi muscoli e a imparare a rallentare l'atto. Cosa che ha modo di fare chi si tocca nel letto. Per questo da grandi si può incorrere nell'eiaculazione precoce. Tra i pazienti che ho interpellato, il 90% di chi soffre di eiaculazione precoce si masturbava in bagno, e appena il 10% nel letto». Questo disturbo raramente viene affrontato clinicamente da chi ne è affetto: «Molti uomini - conclude La Pera - non si rivolgono ai medici, restando nella solitudine familiare per imbarazzo o perchè non sanno che oggi è possibile curare tale condizione» L'eiaculazione precoce è la più diffusa disfunzione sessuale maschile e gli studi epidemiologici indicano che circa il 30% della popolazione maschile non ha il controllo del riflesso eiaculatorio.



Redazione Online - Corriere della Sera Salute

23 marzo 2011(ultima modifica: 25 marzo 2011)

giovedì 13 gennaio 2011

Oral L-citrulline supplementation improves erection hardness in men with mild erectile dysfunction.

Cormio L, De Siati M, Lorusso F, Selvaggio O, Mirabella L, Sanguedolce F, Carrieri G.

Department of Urology and Renal Transplantation, University of Foggia, Foggia, Italy.



Abstract

OBJECTIVES: To test the efficacy and safety of oral L-citrulline supplementation in improving erection hardness in patients with mild erectile dysfunction (ED). L-arginine supplementation improves nitric oxide-mediated vasodilation and endothelial function; however, oral administration has been hampered by extensive presystemic metabolism. In contrast, L-citrulline escapes presystemic metabolism and is converted to L-arginine, thus setting the rationale for oral L-citrulline supplementation as a donor for the L-arginine/nitric oxide pathway of penile erection.

METHODS: In the present single-blind study, men with mild ED (erection hardness score of 3) received a placebo for 1 month and L-citrulline, 1.5 g/d, for another month. The erection hardness score, number of intercourses per month, treatment satisfaction, and adverse events were recorded.

RESULTS: A total of 24 patients, mean age 56.5 ± 9.8 years, were entered and concluded the study without adverse events. The improvement in the erection hardness score from 3 (mild ED) to 4 (normal erectile function) occurred in 2 (8.3%) of the 24 men when taking placebo and 12 (50%) of the 24 men when taking L-citrulline (P < .01). The mean number of intercourses per month increased from 1.37 ± 0.93 at baseline to 1.53 ± 1.00 at the end of the placebo phase (P = .57) and 2.3 ± 1.37 at the end of the treatment phase (P < .01). All patients reporting an erection hardness score improvement from 3 to 4 reported being very satisfied.

CONCLUSIONS: Although less effective than phosphodiesterase type-5 enzyme inhibitors, at least in the short term, L-citrulline supplementation has been proved to be safe and psychologically well accepted by patients. Its role as an alternative treatment for mild to moderate ED, particularly in patients with a psychologically fear of phosphodiesterase type-5 enzyme inhibitors, deserves further research.



Urology. 2011 Jan;77(1):119-22.

Copyright © 2011 Elsevier Inc. All rights reserved.

mercoledì 5 gennaio 2011

La prevenzione cardiovascolare (previene anche il deficit erettile)

Su diversi fattori di rischio per le malattie del cuore e dei vasi si può intervenire efficacemente



Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nei Paesi occidentali. In Italia 240 mila persone (di cui 110 mila circa sono uomini e 130 mila donne) muoiono ogni anno per malattie dell’apparato cardiocircolatorio. In particolare, l’infarto miocardico presenta una prevalenza maggiore nel sesso maschile, mentre le malattie cerebrovascolari colpiscono con maggiore frequenza le donne.




Le malattie cardiovascolari sono principalmente conseguenza dell’aterosclerosi, che è una malattia che colpisce la parete delle arterie, causandone un restringimento (stenosi), sino, nei casi più gravi, alla loro occlusione. Le stenosi possono ostacolare il flusso di sangue (e quindi di ossigeno e sostanze nutritizie) agli organi, soprattutto in condizioni in cui è richiesto un aumento del flusso (come, ad esempio, al cuore in caso di sforzo fisico). Esse, inoltre, possono complicarsi improvvisamente, e spesso imprevedibilmente, con la formazione di trombi, che occludono rapidamente il vaso, determinando l’interruzione completa del flusso di sangue, che, se prolungata, causa l’infarto, cioè la morte delle cellule.



I meccanismi responsabili dell’aterosclerosi e delle sue complicanze sono molteplici.

Più che delle cause specifiche, tuttavia, possiamo considerare che esistono una serie di fattori, detti fattori di rischio cardiovascolare, che ne favoriscono lo sviluppo e le complicanze, aumentando, quindi, il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.



I fattori di rischio cardiovascolare possono essere suddivisi in modificabili e non modificabili. I fattori di rischio non modificabili (su cui, cioè, non possiamo intervenire) comprendono l’età, il sesso maschile e la familiarità per malattie cardiovascolari.



I classici fattori di rischio modificabili (su cui si può intervenire) comprendono l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia), l’aumento della pressione arteriosa (ipertensione), il diabete, il fumo di sigaretta, l’inattività fisica, l’aumento dei livelli ematici di trigliceridi, l’obesità. L’eliminazione, o almeno una drastica riduzione, di questi fattori di rischio, da cercare di perseguire già dall’età pediatrica, rappresenta uno dei mezzi più efficaci per ridurre il rischio di sviluppare un infarto o un ictus cerebrale e costituisce l’obiettivo principale della prevenzione delle malattie cardiovascolari. E’ pertanto fondamentale uno stile di vita adeguato, con un’attenta alimentazione, che prediliga frutta, verdura e pesce, l’abolizione completa del fumo (due sigarette al giorno raddoppiano il rischio di infarto), una regolare moderata attività fisica (almeno 30 minuti 5 volte a settimana), ed il mantenimento del peso entro limiti ottimali (indice di massa corporea [cioè rapporto tra peso in Kg e quadrato dell’altezza in m2 inferiore a 25).

Da notare che recentemente è emerso che ancora più importante del contenimento dell’indice di massa corporeo è mantenere la circonferenza del girovita a valori inferiori a 102 cm nell’uomo e a 88 cm nella donna. Un uso moderato di vino (massimo due bicchieri al giorno) è consentito e può anche avere effetti benefici sulla circolazione, verosimilmente in virtù del suo potere antiossidante, ma è fortemente sconsigliata una quantità superiore di alcool, che ha effetti deleteri a lungo termine. In diversi casi, tuttavia, per alcuni fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione, diabete) è necessario ricorrere ad un appropriato trattamento farmacologico. Ricordiamo qui che, in soggetti apparentemente sani, viene considerato attualmente ottimale un valore di colesterolo LDL nel sangue inferiore a 160 mg/dL. I valori di colesterolo totale ed LDL vanno tenuti più bassi (sotto i 130 mg/dL) nei pazienti che hanno altri fattori di rischio, e ancora più bassi (sotto i 100 mg/dL) in quelli affetti da diabete o che abbiano già avuto un infarto o ictus. Riguardo alla pressione arteriosa, ricordiamo che sono oggi ritenuti ottimali valori inferiori a 130/85 mmHg. I fattori di rischio tradizionali spiegano circa il 90% delle malattie cardiovascolari. In almeno il 10% dei pazienti che vanno incontro ad infarto o ictus, tuttavia, non è possibile riscontrare alcun fattore di rischio classico. Ciò ha stimolato la ricerca di ulteriori fattori di rischio in grado di colmare questa lacuna.



Tra i fattori di rischio cardiovascolare emergenti, i più rilevanti e studiati in anni recenti sono gli indici di infiammazione nel sangue, di cui il più semplice e facilmente misurabile è la proteina C reattiva. Anche la sindrome metabolica costituisce una nuova entità che individua soggetti con un rischio particolarmente aumentato di sviluppare malattie cardiovascolari. Essa è data dalla combinazione, nello stesso individuo, di alcuni dei tradizionali fattori di rischio: 1) ridotta tolleranza al glucosio; 2) circonferenza addominale superiore a 102 cm nell’uomo o a 88 cm nella donna (quindi soprappeso o obesità) 3) bassi livelli di colesterolo HDL, “il cosiddetto colesterolo buono” (<40 mg/dL nell’ uomo e <50 mg/dL nella donna); 4) trigliceridemia >150 mg/dL; 5) pressione arteriosa >130/85 mmHg.



A cura degli specialisti dell'Istituto di cardiologia del Policlinico Gemelli, Roma

18 dicembre 2009(ultima modifica: 21 dicembre 2009)

http://www.corriere.it/salute/cardiologia/prevenzione-cuore_237d96f4-e8c4-11de-b930-00144f02aabc.shtml