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martedì 19 settembre 2017

Tumori della bocca e sesso orale

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/cards/tumori-bocca-quanto-ne-sapete-sesso-orale-scarsa-igiene-le-cause/10mila-nuovi-casi-ogni-anno-italia_principale.shtml

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Il sesso orale ed il rischio cancro
La medicina sembra avere pochi dubbi. L’HPV è un virus  che non si può definire killer ma comunque abbastanza temibile.
L’organizzazione mondiale della  sanità ha sentenziato che è l’unico  in grado di generare un tumore a causa di un’infezione.
Ce ne sono 120 tipi dei quali un terzo interessato le zone genitali sia maschili che femminili (utero, pene, ano, vagina).
Tra questi 120 ce ne sono due, catalogati come HP16 e HP 18 che sono strettamente correlati al carcinoma alla cervice uterina (nel 95% dei casi il primo e nel 10% dei casi il secondo).
Si trasmette con rapporti sessuali  non protetti ma usare il preservativo non garantisce di esserne al riparo  come avviene per l‘AIDS, in quanto il virus può trasmettere il suo maleficio anche per contatto della pelle nelle zone non protette. Ecco il rischio  per il connilingus ed il sesso orale  in generale.
Il parere dell’oncologo
Paolo Bossi, oncologo della struttura di Oncologia Medica Tumori Testa – Collo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,  spiega così il legame che esiste tra HPV, sesso orale e tumori della bocca e della gola.
“I tumori della laringe non hanno correlazione col virus, quelli dell’orofaringe, tra i quali il cancro alla gola capitato a Dickinson, sì. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento nei fattori causali di questo tipo di tumori. Prima erano causati solo da fumo e alcol, ora aumentano quelli causati dall’Hpv, lo stesso virus che causa il tumore della cervice uterina nelle donne. Nel caso di Douglas si può trattare di concause: fumo e alcol e Hpv.”
Il chè significa, tradotto in parole povere, che  se il cancro colpisce una persona che non beve e non fuma, la causa è il sesso orale.
 Addio al sesso orale?
Secondo  gli oncologi  non bisogna allarmarsi né drammatizzare. L’incidenza del tumore all’orofaringe  per causa di HPV è di 3 casi ogni 100.000 infezioni, il chè significa che si tratta di una infezione molto diffusa anche se poco raccontata. Ciò che preoccupa i medici è la progressione che pare molto accelerata.
Bossi comunque su questo punto è abbastanza chiaro: è il numero dei partner che aumenta considerevolmente  il rischio, nel senso che una vita sessuale promiscua o molto variata in termini di numero e diversità di rapporti sessuali con partner diversi accentua molto il rischio ed a sua volta lo  estende, potendo l’uomo che ha contratto il virus essere un portatore sano che lo attacca ad una successiva partner femminile innescando la classica reazione di contagio a catena.
Come si cura e si previene il cancro da esso orale
La prevenzione principale che i medici raccomandano non è rinchiudersi in vita monastica e rinunciare all’aspetto giocoso ed intrigante del sesso bensì  adottare uno  stile di vita che pur non rinunciando a tali piaceri riduca i rischi.
  1. E accertato che  relazioni sessuali stabili e monogamiche sono correlate ad una minor diffusione di queste patologie.
  2. Inoltre anche se non assicura protezione totale, quando il soggetto della stimolazione sessuale è il pene maschile, l’uso del profilattico è comunque un modo per ridurre l’area del rischio.
  3. Poi ci sono i vaccini.  Sono adatti sua all’uomo che alla donna e sono efficaci a prevenire  spesso anche il 100% del rischio . Tuttavia sono più efficaci in giovane età e comunque sono studiati per prevenire il rischio di solo 2 ceppi di HPV su 120. Nella stragrande maggioranza dei ceppi il vaccino in pratica non funziona.
  4. Infine c’è lo screening , ovvero gli esami periodici che individuano la presenza del virus precocemente aiutando a combatterlo con più facilità. Il servizio Sanitario nazionale per esempio assicura a tutte le donne tra i 25 ed i 64 anni un test gratuito  contro l’HPV, ufficialmente per prevenire il tumore alla cervice uterina ma indirettamente  e di fatto anche contro il rischio del cancro da sesso orale
I contraccolpi del virus nella vita di coppia
La sessuologa Alessandra Graziottin ha indagato cosa accade nella relazione di coppia in presenza della malattia ed ha scoperto che  può essere anche causa di traumi nella vita di relazione  e nei rapporti sessuali. Nel 10-15% dei casi la reazione della coppia è perfino drastica: black oout dei rapporti sessuali quando non sussiste nessuna ragione clinica perché ciò avvenga, dopo naturalmente che sia stata debellata la malattia.
Il fatto è  – secondo la Graziottin – che si insinua nella coppia qualcosa di più temibile del virus che è il sospetto, la sfiducia, la paranoia  di sapere che il partner ha contratto una malattia che presuppone sesso orale. Se non  con me con chi?

Lichen ad interessamento genitale e valutazioni terapeutiche

http://www.lichensclerosus.it/tag/dermatologia
Di seguito riportiamo la relazione dell’intervento che la D.ssa Mariateresa Semino (Specialista in Dermatologia e Venereologia) ha tenuto lo scorso 16 giugno nel corso nostro Primo Congresso Nazionale A.LI.S.A.:
Lichen ad interessamento genitale e valutazioni terapeutiche.
Con il termine lichen si intendono malattie clinicamente differenti. 
Perché si indicano allora tutte con lo stesso termine? Bisogna ritornare indietro nel tempo in un’ epoca in cui le malattie della cute venivano studiate e classificate utilizzando dei criteri descrittivi; ci si basava essenzialmente sui sintomi e sui segni.
Nei testi di medicina le lesioni cutanee, non potendo essere documentate con fotografie, venivano disegnate e descritte minuziosamente spesso paragonandole ad immagini prese in prestito dalla biologia e dalla botanica.
Il termine lichen, se lo facciamo derivare dal latino, si riferisce ai licheni, organismi rimasti misteriosi per molto tempo, che stabiliscono relazioni simbiotiche stabili obbligatorie con speciali categorie di alghe su diversi substrati (roccia, corteccia, terreno).
Le strie arborescenti che realizzano servivano a rammentare l’aspetto clinico delle piccole papule del lichen ruber planus la dermatosi lichenoide per eccellenza.
 Le malattie cutanee che hanno una somiglianza clinica con il lichen ruber planus (LRP) sono perciò dette lichenoidi. Questa dermatosi che ha precisi quadri clinici cutanei e mucosi si caratterizza per un’ istologia tipica.
Per gli istopatologi il termine lichen o lichenoide si usa per descrivere una reazione infiammatoria caratterizzata da un infiltrato linfocitario a banda che invade il derma superficiale. Questi linfociti hanno un comportamento auto-aggressivo nei confronti dell’epidermide con conseguente liquefazione dello strato basale.
Come i licheni sono eccellenti bio-indicatori della qualità atmosferica di un determinato ambiente così i lichen possono, in molti casi, indicare nella cute la presenza di una reazione infiammatoria di tipo citotossico.
I lichen cutanei ad interessamento genitale sono:
• Lichen planus
• Lichen simplex
• Lichen nitidus
• Lichen sclerosus.
LICHEN RUBER PLANUS (LRP)
La lesione elementare del LRP è la papula.
Per papula si intende un’area cutanea circoscritta, sopraelevata, di pochi millimetri fino ad un centimetro di diametro.
 Quelle del lichen ruber planus sono lucenti, piccole, sormontate da fini striature biancastre (strie di Wickham). 
Le papule unendosi possono realizzare figure di forma anulare o lineare e dare luogo anche a placche.
Il lichen planus presenta queste caratteristiche:
• è frequente
• le donne sono più colpite
• è asintomatico o pruriginoso
• ha diverse varianti cliniche
• l’eziologia è sconosciuta.
Oltre a considerarla una malattia idiopatica, varie ipotesi eziopatogenetiche la mettono in relazione con:
• infezioni virali (HCV)
• farmaci (beta bloccanti, ACE-inibitori,…)
• amalgame dentali
• trapianto di midollo allogenico.
Le sedi coinvolte sono:
• polsi
• avambracci
• cosce
• polpacci
• caviglie
• addome
• regione lombare
• unghie
• cuoio capelluto
• mucosa oculare (rara)
• cavo orale
• genitali.
La sintomatologia in queste due ultime sedi può essere particolarmente invalidante (lichen erosivo). 
Nella cute quando le papule si risolvono residuano degli esiti iperpigmentati.
Si possono richiedere i seguenti esami:
• virologici (markers epatite, anticorpi anti EBV)
• funzionalità epatica
• immunologici: ANA, ENA, anticorpi organo specifici
• biopsia (nei casi dubbi).
La terapia si avvale dell’uso di:
• cortisonici topici
• antistaminici
• immunosoppressori (nei casi non responsivi).
LICHEN SIMPLEX CHRONICUS
E’ una modalità di risposta della cute ad un trauma ripetuto da frizione (sfregamento o grattamento) che insorge su cute pruriginosa apparentemente normale o cronicamente infiammata. Il lichen simplex è frequente. Le donne sono più colpite. 
Le sedi interessate sono:
• cuoio capelluto
• nuca
• gomiti
• cosce
• gambe
• scroto
• vulva
• perineo.
Clinicamente l’aspetto delle lesioni richiama gli agglomerati dei licheni sulle rocce.
La cute è ispessita con accentuazione del disegno dell’epidermide. 
La lichenificazione è dovuta al grattamento per il prurito un sintomo frequente che accompagna molte patologie tra cui l’atopia.
Nell’istologia non è preponderante l’infiltrato infiammatorio come nel lichen planus ma predomina l’ispessimento dello strato corneo che accompagna la fibrosi nel derma.
La terapia si avvale di:
• steroidi
• antistaminici
• sintomatici.
LICHEN NITIDUS
Istologicamente il lichen nitidus è più una forma granulomatosa che lichenoide e l’infiltrato nel derma occupa soltanto due o tre papille dermiche ma, come nelle più classiche dermatosi lichenoidi, ci può essere danno alla giunzione dermo-epidermica. 
La terapia, se necessaria, si avvale di:
• steroidi
• retinoidi
• antistaminici
• tacrolimus.
LICHEN SCLEROSUS
E’ stato descritto per la prima volta da Hallopeau e Darier nel 1887. Riconosce una predisposizione genetica ed una probabile eziologia autoimmune (presenza di autoanticorpi circolanti IgG contro la glicoproteina della proteina-1 della matrice extracellulare).
E’ più frequente nelle donne prima della pubertà e nella quinta/sesta decade di vita anche se si può riscontrare in altre età.
 Si può associare a malattie autoimmuni soprattutto se insorge in età matura.
E’ stato segnalato dopo l’uso di imiquimod e dopo l’utilizzo di contracettivi orali (con progestinici ad attività antiandrogena) in soggetti presumibilmente predisposti.
Le sedi interessate possono essere:
• lati del collo
• clavicola
• spalle
• cute tra le mammelle
• areole mammarie
• superfici flessorie avambracci
• ombelico
• glutei
• cosce
• zone di trauma.
Condizione molto rara è l’interessamento del cavo orale. Fino ad oggi sono stati riportati una trentina di casi.
Lichen sclerosus genitale Interessa nella donna:
• vulva
• perineo
• cute perianale.
L’interessamento nel maschio comprende:
• solco balano prepuziale
• glande
• meato uretrale
• prepuzio.
Le modalità di presentazione ai genitali possono essere diverse a seconda che si consideri un LS iniziale o conclamato, un LS insorto prima della pubertà o in menopausa.
In queste sedi è possibile l’associazione ad un lichen simplex (lichenificazione da grattamento) per il prurito. L’istologia presenta una estesa banda di fibrosi nel derma superficiale che riposa su un infiltrato infiammatorio.
E’ presente atrofia epidermica.
Possibili complicazioni sono:
• carcinoma squamocellulare
• esiti cicatriziali invalidanti
• stenosi meato uretrale
• alterazioni della sensibilità
• disturbi psicologici.
Gli esami da richiedere sono:
• biopsia ( nei casi dubbi)
• ANA
• autoanticorpi organo specifici
• esami generali
• Prist
• esami colturali.
TERAPIA
• CORTISONICI TOPICI
Rappresentano un presidio terapeutico importante ed al momento irrinunciabile.
 Sollevano dal prurito, migliorano l’aspetto clinico delle ragadi e delle escoriazioni.
Si impiegano cortisonici di alta e media potenza (clobetasolo propionato, triamcinolone, mometasone furoato).
 Poiché potenzialmente atrofogeni il paziente va seguito nell’uso ed educato alla corretta applicazione.
• EMOLLIENTI E DETERGENTI SPECIFICI
Accanto ai cortisonici è importante affiancare l’uso di cosmetici corretti con una funzione ristorativa ed elasticizzante.
• TESTOSTERONE/PROGESTERONE
Nel bagaglio terapeutico tradizionale l’uso di preparati ormonali è risultato utile in alcuni casi.
• TERAPIA CHIRURGICA
E’ riservata a casi selezionati.
Accanto a questi presidi terapeutici tradizionali negli ultimi anni si sono aggiunti altri trattamenti.
•INIBITORI DELLACALCINEURINA ad uso topico (Tacrolimus e Pimecrolimus)
Bloccano la sintesi ed il rilascio dei mediatori dell’infiammazione (interleuchine e citochine).
 E’ oggetto di discussione la loro sicurezza d’impiego nel lungo periodo.
• TERAPIA FOTODINAMICA (PDT)
Utilizza l’acido 5-aminolevulinico. 
Questa porfirina applicata sulla cute viene assorbita dai tessuti danneggiati. Dopo irraggiamento con una fonte luminosa (attualmente sono maggiormente utilizzate lampade a diodi con emissione rossa della lunghezza d’onda intorno a 660 nm) si realizza l’apoptosi delle cellule danneggiate.
 In alcune esperienze ha dato una remissione prolungata. Il trattamento però è doloroso e necessita sedazione.
• TERAPIA CON PLASMA ARRICCHITO DI PIASTRINE (PRP)
Si tratta di una terapia biorigenerativa che utilizza le piastrine del paziente opportunamente trattate.
Per completezza ricordiamo che nel Lichen Sclerosus soprattutto con interessamento extragenitale si sono utilizzati anche:
• retinoidi
• antimalarici
• ciclosporina
• antistaminici
• antibiotici (nei casi con anticorpi anti-borrelia positivi).
Letteratura
1) Clinical practice. Lichen Planus.
Le Cleach L, Chosidow O.
N Engl J Med 2012 Feb 23;366:723-732
2) Lichen simplex chronicus (atopic/neurodermatitis) of the anogenital region.
Lynch PJ.
Dermatol Ther. 2004;17(1):8-19.
3) Lichen Nitidus. A study of forty-three cases. Lapins NA, Willoughby C, Helwig EB.
Cutis 1978 May;21(5):634-7.
4) Lichen sclerosus.
Powell JJ, Wojnarowska F.
Lancet 1999 May 22;353(9166):1777-83.
5) Lichen sclerosus.
Cavelier-Balloy B.
Ann Dermatol Venereol 2012 Jan;139(1):65-7.
6) Autoantibodies to extracellular matrix protein 1 in lichen sclerosus.
Oyama N, Chan I, Neill SM et al.
Lancet 2003 Jul 12;362(9378):118-23.
7) Imiquimod use in the genital area and development of lichen sclerosus and lichen planus.
O’Mahony C, Yesudian PD, Stanley M.
Int J STD AIDS 2010 Mar;21(3):219-21.
8 ) Early onset vulvar Lichen Sclerosus in premenopausal woman and oral contraceptives.
Gunthert AR, Faber M, Knappe G et al.
Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 2008 Mar;137(1):56-60.
9) Lichen sclerosus in the oral mucosa: a rare form of presentation. Louvain D, Moura Jacques C, Fernandes Ferreira A et al.
Acta Dermatovenereol Croat 2012;20(1):43-7.
10) British Association of Dermatologists’ guidelines for the management of lichen sclerosus 2010.
Neill S.M., Lewis F.M., Tatnall F.M. and Cox N.H. Br J Dermatol 2010;163:672-682.
11) New surgical approach to lichen sclerosus of the vulva: the role of adipose-derived mesenchymal cells and platelet-rich plasma in tissue regeneration.
Casabona F, Priano V, Vallerino V, Cogliandro A, Lavagnino G. Plast Reconstr Surg. 2010 Oct;126(4):210-2

lunedì 13 febbraio 2017

Flavonoidi per la prevenzione della disfunzione erettile

https://prostatanonseisolo.it/Le-nostre-notizie/Flavonoidi-per-la-prevenzione-della-disfunzione-erettile/249

Flavonoidi per la prevenzione della disfunzione erettile

14 Ottobre 2016
Il consumo regolare di flavonoidi contenuti in alcuni alimenti e bevande potrebbe ridurre il rischio di disfunzione erettile, come spiega una ricerca pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition.
Flavonoidi per la prevenzione della disfunzione erettileLa disfunzione erettile o ED (Erectile Dysfunction) ha un’origine prevalentemente vascolare e non è chiaro se le abitudini alimentari possano influenzarne la comparsa.
Sappiamo, però, che il consumo di flavonoidi aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e del diabete: è da questa premessa che è partita una ricerca pubblicata online sull’American Journal of Clinical Nutrition, con l’obiettivo di comprendere se il consumo di cibi ricchi di flavonoidi, come per esempio frutta, verdura, tè e vino, potrebbero ridurre il rischio di disfunzione erettile.

Questo studio prospettico ha analizzato le risposte di oltre 50.000 uomini nell’ambito dell’Health Professionals Follow-Up Study americano, soffermandosi in particolare sulla frequenza con cui venivano assunti cibi ricchi di flavonoidi e sull’eventuale comparsa di una disfunzione erettile nel paziente.
Ogni quattro anni veniva riproposto lo stesso questionario al medesimo campione e, a distanza di dieci anni, si è osservato che il 35,6% dei soggetti aveva sviluppato una disfunzione erettile.

I ricercatori hanno per prima cosa escluso altri fattori di rischio, quali il sovrappeso, la sedentarietà, il consumo di caffeina e il fumo; hanno, quindi, identificato alcune sostanze tra i flavoinoidi che sarebbero più efficaci di altre nel ridurre la disfunzione erettile soprattutto tra gli uomini di età inferiore a 70 anni, ovvero:

  • antocianine, presenti nei mirtilli, nelle ciliegie, nelle more, nel ribes nero e nei ravanelli (ridurrebbero il rischio di ED del 9%);
  • flavanoni, caratteristici degli agrumi (-11%);
  • flavoni, contenuti nel prezzemolo, nel timo, nel sedano e nel peperoncino (-9%).

I flavonoidi sono, inoltre, contenuti in alcune bevande come il tè e il vino rosso, e in altri tipi di frutta come mele, pere e fragole.

Gli uomini che hanno consumato cibi ricchi di questi flavonoidi in piccole quantità (3 o 4 porzioni a settimana) hanno avuto il 14% di probabilità in meno di soffrire di disfunzione erettile.
«I nostri dati hanno rafforzato la convinzione che una dieta sana, in particolare ricca di numerosi flavonoidi, insieme all’esercizio fisico e al mantenimento del corretto peso corporeo sono elementi importanti per migliorare la salute sessuale e la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare», ha spiegato il ricercatore a capo dello studio, Aedin Cassidy, professoressa di Nutrizione alla University of East Anglia di Norwich, Regno Unito.

L’esercizio fisico è considerato la principale forma di prevenzione della disfuzione erettile: secondo i ricercatori, il consumo regolare di alimenti contenenti flavonoidi avrebbe gli stessi effetti di cinque ore settimanali di camminata a passo sostenuto.
Associare l’assunzione di flavonoidi, attraverso alimenti e bevande, ad un’attività fisica regolare permetterebbe di ridurre il rischio di ED del 21%.

Nuove ricerche sembrano suggerire che i flavonoidi migliorino, tra l’altro, la funzionalità endoteliale e la pressione sanguigna, benefici che potrebbero prevenire anche la funzione erettile, oltre al rischio di diabete e di malattie cardiovascolari.

Eric Rimm, professore di Epidemiologia e Nutrizione alla Harvard T.H. Chan School of Public Health e coautore di questo studio, ha affermato: «Oltre a migliorare la salute sessuale degli uomini di mezza età, c’è anche un altro importante beneficio collegato alla salute cardiaca. La disfunzione sessuale è spesso un campanello di allarme di una funzionalità vascolare compromessa e offre un’opportunità critica per intervenire e prevenire disturbi cardiovascolari, infarti e persino morti. Gli uomini con una disfunzione erettile sono più propensi e motivati a fare scelte di vita più sane, come esercitarsi di più e mangiare in modo corretto - accorgimenti che migliorerebbero anche la loro salute cardiovascolare sul lungo periodo».
FONTE: Cassidy A, Franz M, Rimm EB, Dietary flavonoid intake and incidence of erectile dysfunction. Am J Clin Nutr 2016 Feb; 103(2):534-41. doi: 10.3945/ajcn.115.122010.

Persaud N, Flavonoid-Rich Foods May Lower Erectile Dysfunction RiskRenal & Urology News, 14 Gennaio 2016.

Blueberries, citrus fruits and red wine associated with reduced erectile dysfunction, comunicato stampa, University of East Anglia, 13 Gennaio 2016.

Flavonoid-rich foods and drinks may prevent erectile dysfunction, Harvard T.H. Chan School of Public Health, news, 13 Gennaio 2016.

Knapton S, Why red wine and blackcurrants are sexual superfoods, The Telegraph Science News, 13 Gennaio 2016.

Microbiota intestinale e salute della donna

16/02/2016

Microbiota intestinale e salute della donna: un universo da scoprire



Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano


Che cos'è un ecosistema?

In generale un ecosistema è una comunità di organismi viventi (microrganismi, piante, animali) in associazione con il proprio ambiente e legata da un flusso di nutrienti e di energia.
Un elemento fondamentale degli ecosistemi è che sono dinamici. Non esiste un equilibrio statico, ma solo equilibri temporanei che sono in continua evoluzione.
Se varia una delle componenti, le altre ne risentono; se alcune forme di vita muoiono, altre proliferano.

Cosa si intende per microbiota e microbioma intestinale?

Il microbiota umano è l'insieme di microrganismi che si trovano nel tubo digerente dell'uomo e costituisce l’ecosistema più concentrato a tutt’oggi noto.
Per microbioma invece si intende l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi che colonizzano il nostro tratto digerente e che costituiscono nel complesso il microbiota.

A ogni persona il suo "habitat" di batteri

L’analisi del DNA dei microrganismi che vivono nel tratto intestinale umano ha identificato oltre 3 milioni di geni, 150 volte quelli della specie umana.
Delle circa mille specie di microrganismi identificati (i più numerosi dei quali sono batteri, e in misura inferiore miceti e virus), ogni essere umano ospita almeno 160 specie (Ottmann 2012).
Il microbiota è davvero unico e può essere considerato una specie di "carta d'identità": ogni persona ha un suo habitat di batteri.

Una microflora variata

A differenza di ciò che molti pensano, i batteri che compongono il microbiota intestinale non sono distribuiti “a caso” lungo il tubo digerente.
Ogni porzione del tratto gastro-intestinale infatti è colonizzata da una microflora specifica. La quantità e la complessità del microbiota aumentano progressivamente lungo il tratto gastro-intestinale: si passa da poche centinaia di batteri nello stomaco fino ad arrivare a 10¹⁴ nel colon (Donaldson 2016).
In base alle sue caratteristiche, ogni specie batterica colonizza preferenzialmente un piccolo tratto del tubo digerente. In generale, possiamo considerare che specie batteriche aerobiche tenderanno a colonizzare il tenue e le prime porzioni di colon, mentre via via che si scende nelle porzioni più distali del colon troveremo batteri anaerobi, più o meno stretti o facoltativi (molti sopravvivono in assenza di ossigeno e alcuni ne tollerano la presenza), che costituiscono la maggior parte del microbiota del sistema digerente.
Batteri della stessa specie possono svolgere funzioni molto diverse, e addirittura all’interno della stessa specie possiamo ritrovare ceppi molto patogeni e ceppi assolutamente salutari (si veda, più avanti, il caso dell’Escherichia coli Nissle 1917).

Come cambia il microbiota nel corso della vita?

Alla nascita, il tratto digerente dei neonati è completamente sterile e viene colonizzato immediatamente, a partire dal parto, dai microrganismi con cui viene in contatto, provenienti dal tratto riproduttivo e fecale della madre; successivamente i batteri provengono dall’allattamento, dall’ambiente e infine dai cibi che nel tempo verranno ingeriti. Il microbiota di neonati partoriti con cesareo e/o di quelli allattati artificialmente appare profondamente diverso e impiega più tempo a stabilizzarsi.
Nei primi 4-36 mesi di vita, a seguito del contatto con i genitori, l’ambiente esterno e il cibo, il microbiota si sviluppa cambiando rapidamente. Ecco perché qualsiasi intervento sulla flora batterica in questa età (sia in positivo che in negativo) assume un significato importantissimo in quanto lascerà un segno indelebile su quello che sarà il microbiota dell’adulto (una specie di imprinting).
Da tale nucleo di base individuale varie modifiche continuano a osservarsi nei diversi stadi della vita o se si instaurano particolari condizioni patologiche.

Come si modifica il microbiota in età adulta

fattori che possono influenzare il microbiota in età adulta sono i più diversi: fattori ambientali, stress, assetto ormonale (come in gravidanza, in menopausa, o nel periodo premestruale), terapie farmacologiche; anche il cibo ha un ruolo centrale nel determinare la composizione individuale del microbiota.
Tali modificazioni, però, sono molto più lente. In età adulta infatti ogni persona ha un proprio, specifico, individuale, personale microbiota che tende a rimanere identico nel tempo. In questa fase, ogni intervento esterno sulla composizione batterica porterà esclusivamente a una modifica transitoria del microbiota, che tenderà poi a tornare alla sua composizione originale.

Perché è importante conoscere e rispettare l'ecosistema intestinale?

Conoscere il microbiota e le sue funzioni comporta un cambiamento di prospettiva: l’uomo appare come un ecosistema costituito da un aggregato di geni umani e geni microbici; il nostro metabolismo e quello delle specie che ci abitano si intrecciano, interagiscono ed evolvono parallelamente.
Il microbiota dovrebbe essere considerato come un vero e proprio organo metabolico squisitamente convertito alla nostra fisiologia, che si occupa di funzioni che non siamo in grado di svolgere altrimenti.
Tali funzioni includono la capacità di assimilare componenti altrimenti indigeribili della nostra dieta, sintetizzare alcune vitamine indispensabili, disgregare e detossificare sostanze che il nostro organismo non è in grado di smantellare, regolare l’espressione del sistema immunitario (di cui, non a caso, il 70% risiede nell’intestino), proteggere la mucosa intestinale dall’attacco di specie patogene.

Eubiosi e disbiosi

Uno stato di equilibrio tra i batteri buoni e i batteri dannosi (eubiosi) è quindi fondamentale per garantire il buon funzionamento di tutto l’organismo.
Al contrario, la rottura di questo equilibrio (disbiosi) è all’origine di molti stati patologici, non solo a carico del sistema digerente: intestino irritabile, stipsi o diarrea, infiammazioni intestinali (Sartor 2008), ma anche malattie legate alla sfera immunologica, allergie, patologie autoimmuni, sovrainfezioni batteriche che possono essere la fonte di infezioni recidivanti ricorrenti dell’apparato urinario (cistiti, vaginiti, prostatiti), patologie metaboliche (insulino-resistenza, ipercolesterolemia, obesità) (Ridaura 2013), insufficienza renale cronica (Koeth 2013) e persino disturbi comportamentali e dell’umore (irritabilità, depressione, autismo) (Toh 2015; Hsiao 2013).
La disbiosi, oppure un'infezione batterica o virale conseguente a un'alterazione del microbiota, possono favorire la produzione di sostanze antigeniche in grado di determinare risposte immunitarie che reagiscono contro antigeni appartenenti al nostro organismo, causando così patologie autoimmuni.
La disbiosi, oppure un'infezione batterica o virale conseguente a un'alterazione del microbiota, possono favorire la produzione di sostanze antigeniche in grado di determinare risposte immunitarie che reagiscono contro antigeni appartenenti al nostro organismo, causando così patologie autoimmuni.

Microbiota e salute: una relazione decisiva, soprattutto nelle donne

L’influenza (positiva o negativa) del microbiota sulla salute dell’intero organismo è una realtà che riguarda tutti, ma che nelle donne assume importanza e significato ancora più profondo ed evidente.
E’ vero che noi donne abbiamo, più degli uomini, un “cervello viscerale”, ossia una centrale neurovegetativa ed emozionale di risposta al mondo situata nell’intestino. Oltre il 90% della serotonina, che è il neurotrasmettitore principe che regola il tono dell’umore, non si trova nel cervello ma nella parete dell’intestino (El Aidy 2016). Ecco perché la pancia esprime bene il nostro umore e il nostro stress!

Microbiota e cervello

L’aspetto più affascinante riguarda il microbiota. E’ curioso il modo in cui i nostri inquilini intestinali influenzano il nostro cervello, le emozioni, i pensieri. Per esempio:
- a piccole quantità, componenti dei batteri stimolano il nostro sistema immunitario innato, e questo è ottimo;
- purtroppo, proteine dei germi possono creare reazioni crociate con antigeni umani e causare seri problemi nel nostro sistema immunitario: molte intolleranze, allergie alimentari e malattie autoimmuni hanno questa base;
- i batteri possono produrre sostanze neurotossiche, come l’azoto e il D-acido lattico: un cervello intossicato e infiammato pensa malissimo;
- i batteri possono anche produrre ormoni e neurotrasmettitori, che influenzano il cervello, ma rispondono anche ai nostri ormoni e alle loro fluttuazioni. Il che spiega meglio il gonfiore di pancia (meteorismo) premestruale, nonché la depressione e l’irritabilità associate, o la tendenza progressiva alla stitichezza dopo la menopausa.
Gli antibiotici sono bombe atomiche per il microbiota: per tornare alla normalità possono non bastare due anni. Ecco perché bisogna usarli con prudenza e visione clinica a lungo termine.

Microbiota e cibo

Importante, anche il cibo ha un ruolo fondamentale nel determinare la composizione individuale del microbiota, nel bene e nel male. Noi siamo quel che mangiamo. E pensiamo, con il cervello e con la pancia, anche in base a quel che mangiamo.
Da qui l’idea di poter intervenire sul nostro stato di salute ripristinando condizioni di equilibrio eventualmente compromesse attraverso un’alimentazione funzionale e una terapia microbica specifica che faccia uso di probiotici con differenti azioni (usati come singoli ceppi o in combinazione tra loro), prebiotici e simbiotici.

Che cosa sono i probiotici, i prebiotici e i simbiotici?

Secondo la definizione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), i probiotici sono «organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite».
Per definirsi “probiotico” un microrganismo deve essere sicuro per l’impiego nell’uomo ed essere in grado di:
- raggiungere l’intestino in forma attiva e vitale;
persistere e moltiplicarsi per colonizzare la mucosa;
- conferire un beneficio fisiologico specifico e dimostrato
La colonizzazione intestinale da parte dei probiotici ha carattere temporaneo e termina alcuni giorni dopo la sospensione della loro assunzione.
prebiotici, invece, sono sostanze di origine alimentare non digeribili che sono utilizzate come nutrimento dalla flora intestinale e che promuovono selettivamente la crescita e/o l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale (autoctoni) o assunti contestualmente al prebiotico.
La proliferazione selettiva di batteri salutari non comporta solo un miglioramento dell’assetto e dell’equilibrio della flora colica, ma stimola anche la produzione di sostanze come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) che svolgono un ruolo fondamentale per assicurare il corretto apporto di nutrienti e la corretta funzionalità delle cellule intestinali, contribuendo a mantenere l’intestino in buona salute.
principali prebiotici sono, per esempio, i frutto-oligosaccaridi (FOS), l’inulina, il lattulosio, gli oligosaccaridi della soia.
Come tra noi esseri umani c’è chi preferisce il dolce al salato, la pasta alla bistecca, così ogni ceppo batterico avrà un “cibo” preferito che gli permetterà di crescere meglio di altri.
L’uso congiunto di probiotici e prebiotici porta allo sviluppo di alimenti definiti “simbiotici”.

Come scegliere il trattamento più adeguato?

Conoscere com’è costituito il microbiota e quali sono le specifiche azioni dei singoli ceppi probiotici è fondamentale perché ci permette di effettuare una terapia corretta e mirata.
Se si vuole risolvere una situazione di disbiosi generalizzata (ad esempio dopo una diarrea intensa o dopo una terapia antibiotica), sarà consigliabile ricorrere a un simbiotico, il quale agirà sia a livello del tenue (apportando uno o più ceppi probiotici, generalmente lattobacilli e bifidobatteri) che a livello del colon (dove i prebiotici stimoleranno la crescita sia dei probiotici che dei batteri salutari autoctoni) garantendo così il più ampio e completo riequilibrio della flora batterica di tutto l’intestino.
Se abbiamo bisogno di intervenire con un’azione specifica su una specifica porzione del tratto intestinale, invece, dovremo scegliere un probiotico monoceppo.
Un esempio molto interessante è quello dell’Escherichia coli Nissle 1917. Nonostante questo batterio appartenga alla famigerata famiglia degli Escherichia coli, non soltanto non è patogeno come molti altri ceppi della stessa specie tristemente noti, ma è l’unico di fatto in grado di contrastare direttamente ed efficacemente i suoi “fratelli” patogeni (Mohsin 2015).
Questo, innanzitutto, perché si localizza nelle stesse porzioni di intestino (colon distale), competendo con loro per i nutrienti e la colonizzazione della mucosa. L’azione di Escherichia coli Nissle 1917, però, non si limita a questo: esso infatti potenzia la sua azione antibatterica in maniera sia diretta, tramite la produzione di batteriocine, che indiretta, comunicando con le cellule della mucosa intestinale che in risposta producono altre sostanze battericide (defensine) (Wehkamp 2004). Escherichia coli Nissle 1917 è anche in grado di rafforzare le giunzioni tra le cellule dell’epitelio colico (Zyrek 2007), riducendo efficacemente la “sindrome dell’intestino che perde” (leaky gut syndrome), responsabile di molte patologie anche a declinazione allergica, autoimmune e ginecologica (Lopetuso 2015). Infine, Escherichia coli Nissle 1917 possiede straordinarie proprietà immunomodulanti che, tramite la riduzione delle citochine pro-infiammatorie e la stimolazione di quelle anti-infiammatorie (Helwig 2006), gli permettono di funzionare da antinfiammatorio naturale, efficace ma privo di effetti collaterali.
Per le sue azioni caratteristiche e specifiche, Escherichia coli Nissle 1917 è quindi il probiotico di elezione in tutti i casi di infiammazione del colon, come diverticolite e colite ulcerosa, e di infezioni da E. Coli patogeni, anche recidivanti, come enteriti e cistiti ricorrenti (Storm 2013).

Conclusioni

In conclusione, possiamo dire che il microbiota intestinale è un universo che abbiamo iniziato solo da poco a conoscere ed esplorare, e ci promette scoperte appassionanti e inaspettate. Ciò che però già sappiamo, e dobbiamo sempre ricordare, è che «un intestino felice fa una donna felice»!

Approfondimenti specialistici

- Donaldson GP et al, Gut biogeography of the bacterial microbiota, Nat Rev Microbiol, 2016
- El Aidy S et al, Microbiome to Brain: Unravelling the Multidirectional Axes of Communication, Adv Exp Med Biol, 2016
- Helwig et al, Lactobacilli, bifidobacteria and E. coli nissle induce pro- and anti-inflammatory cytokines in peripheral blood mononuclear cells, World J Gastroenterology, 2006
- Hsiao EY et al, Microbiota modulate behavioral and physiological abnormalities associated with neurodevelopmental disorders, Cell, 2013
- Koeth RA et al, Intestinal microbiota metabolism of L-carnitine, a nutrient in red meat, promotes atherosclerosis, Nature Medicine, 2013
- Lopetuso LR, Scaldaferri F et al, The therapeutic management of gut barrier leaking: the emerging role for mucosal barrier protectors, Eur Rev Med Pharmacol Sci, 2015
- Mohsin M. et al, Probiotic Escherichia coli Nissle 1917 reduces growth, Shiga toxin expression, release and thus cytotoxicity of enterohemorrhagic Escherichia coli, International Journal of Medical Microbiology, 2015
- Ottmann N et al, The function of our microbiota: who is out there and what do they do?, Front Cell Infect Microb, 2012
- Ridaura VK et al, Gut microbiota from twins discordant for obesity modulate metabolism in mice, Science, 2013
- Sartor RB, Microbial influences in inflammatory bowel diseases, Gastroenterology, 2008
- Storm DW et al, Editorial comment, The Journal of Urology, 2013
- Toh MC, Allen-Vercoe E, The human gut microbiota with reference to autism spectrum disorder: considering the whole as more than a sum of its parts, Microb Ecol Health Dis, 2015
- Wehkamp J et al, NF-kappaB- and AP-1-mediated induction of human beta defensin-2 in intestinal epithelial cells by Escherichia coli Nissle 1917: a novel effect of a probiotic bacterium, Infection and Immunity, 2004
- Zyrek AA et al, Molecular mechanisms underlying the probiotic effects of Escherichia coli Nissle 1917 involve ZO-2 and PKCzeta redistribution resulting in tight junction and epithelial barrier repair, Cellular Microbiology, 2007

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© 2016 - Prof. Alessandra Graziottin
ATTENZIONE: Ogni terapia va individualizzata e monitorata in ciascuna paziente dal medico specialista esperto nel campo. Queste schede informative non possono in alcun modo sostituirsi al rapporto medico-paziente, né essere utilizzate senza esplicito parere medico.