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sabato 27 febbraio 2010

Salute: le misure di "lui" si accorciano. Micropene a causa di obesita' e inquinamento


ROMA - Gli uomini del futuro avranno un pene micro? L'allarme sulla virilita' degli uomini italiani viene lanciato dagli specialisti riuniti a covegno a Padova sul tema "Medicina e sessualita'". La colpa, dicono gli studiosi, sarebbe dell'obesita' e dell'inquinamento. Secondo la ricerca condotta dal Centro di crioconservazione dei gameti maschili dell'Azienda Ospedaliera Universita' di Padova su 2.123 ragazzi di 18 anni delle scuole superiori di Padova e provincia. E' risultato che in generale la lunghezza del pene misurata a riposo si e' ridotta da 9,7 centimetri a 8,9 centimetri (il 10% in meno negli ultimi 60 anni) e che in 52 ragazzi (il 30,7% dei quali obesi) la lunghezza si era ridotta a circa 6 centimetri, tanto che i ricercatori parlano di ''micropene''. (RCD)

giovedì 25 febbraio 2010

UN CEROTTO ALLA NITROGLICERINA FRENA IL CANCRO ALLA PROSTATA

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Urology piccolissime dosi di nitroglicerina potrebbero bloccare lo sviluppo del cancro alla prostata, uno dei tumori più frequenti nei maschi di età avanzata.
Il cerotto e' all'esame dei ricercatori della Queen's University di Belfast che hanno fatto tesoro dell'utilizzo gia' diffuso contro l'angina pectoris della sostanza scoperta da Alfred Nobel nel 1840. La nitroglicerina e' infatti una miscela, molto instabile, di azoto e ossigeno che in piccole quantita' ha un effetto vasodilatatore in grado di aumentare il flusso sanguigno.
I ricercatori hanno reclutato 29 pazienti con una diagnosi di cancro alla prostata che hanno utilizzato il 'cerotto' 24 ore al giorno, riscontrando che dopo 6 mesi i valori di PSA, il marcatore specifico del rischio di carcinoma prostatico, si era stabilizzato nella maggior parte dei casi.

Papilloma virus negli uomini, possibile causa di aborto precoce

di Adele Sarno
L'Hpv colpisce anche gli uomini: il 3-4% dei sani e l'11 degli infertili. Adesso una ricerca italiana che sarà presentata a Padova sostiene che quando gli spermatozoi trasportano il dna virale nell’ovocita alterano la fertilizzazione e lo sviluppo dell’embrione. Diventando così possibile causa di aborto precoce
Il papilloma virus ancora una volta si dimostra nemico della salute sessuale, sia maschile sia femminile. Non solo infatti è responsabile del cancro al collo dell’utero ma anche di eventuali episodi di abortività. Tutto dipende dagli spermatozoi che trasportano l’Hpv nell’ovocita. Il dna virale, una volta entrato, altera la fertilizzazione e lo sviluppo dell’embrione.

A individuare il legame tra papilloma e pluri-abortività è il professor Carlo Foresta, direttore del centro di crioconservazione dei gameti maschili dell’Università di Padova che, insieme alla sua équipe. “In molti pensano che il papilloma possa colpire solo le donne – spiega Foresta – ma in realtà è un virus che infetta anche tra gli uomini. Tanto che nella popolazione generale il Papilloma Virus è presente nel liquido seminale del 3-4% dei soggetti, mentre negli infertili la percentuale sale al 10-12, e in chi ha rapporti sessuali con donne infettate sale al 40%. E in questi casi l’Hpv, quando è presente nel liquido seminale, si lega agli spermatozoi, ne riduce la motilità e può provacare una riduzione della fertilità e abortività”.

I risultati preliminari della ricerca saranno annunciati alla XXV edizione del convegno sulla medicina della riproduzione, in programma al teatro congressi di Abano Terme (Padova), il 26 e 27 febbraio 2010. Ma, spiega l’esperto, lo studio verrà sottoposto all’attenzione della comunità scientifica internazionale. Va detto però che la capacità degli spermatozoi infettati in laboratorio con particelle virali, in grado di fertilizzare l’ovocita, sono stati testati grazie un esame di laboratorio eseguiti sul di criceto. Il Dna virale all’interno dell’ovocita si replica e riduce la sintesi di proteine virali, bloccando il processo di fertilizzazione.

“Questi risultati sono preoccupanti – commenta Foresta – soprattutto se gli spermatozoi con HPV vengono utilizzati per tecniche di fecondazione in vitro. Possibile infatti il passaggio del Dna virale nell’ovocita, con mancanza di sviluppo dell’embrione o aborto precoce". Il problema diventa ancor più importante dal momento che l’HPV è stato riscontrato in campioni di spermatozoi crioconservati, cellule che necessariamente vanno incontro a processi di fecondazione assistita: l’équipe ha evidenziato che il 7% dei pazienti che avevano congelato il loro seme risultava positivo per l’HPV, e in questi casi la microiniezione dello spermatozoo malato potrebbe portare a mancata fertilizzazione o ad aborto precoce.

“Da qui emerge prepotente la necessità da parte degli operatori – puntualizza il prof. Foresta – di analizzare il Papilloma Virus nel liquido seminale degli infertili prima di ogni crioconservazione e di prendere in considerazione anche il maschio come soggetto da vaccinare non solo perché vettore di infezione di HPV nelle partner (dove c’è la dimostrata associazione tra virus e tumore del collo dell’utero), ma perché anche nell’uomo può essere causa di disturbi della sfera riproduttiva”.(Febbraio 24, 2010)

mercoledì 24 febbraio 2010

Tumore della vescica

Tumore della vescica - Definizione
Tumore che ha origine dalle cellule che rivestono la cavità della vescica, organo deputato alla raccolta dell'urina prodotta dei reni. I tumori della vescica possono essere papillari (come una piccola escrescenza unita alla parete da una sorta di peduncolo) oppure, più raramente, avere una forma piatta o nodulare. La gravità del tumore dipende dal grado di invasione, che può limitarsi alla superficie dell'organo o estendersi ai tessuti circostanti. Possono anche comparire metastasi a distanza.

Tumore della vescica - Cause
Fattori di rischio accertati per i tumori della vescica sono: il fumo di sigaretta, l'esposizione cronica alle amine aromatiche e nitrosamine (carcinogeni impiegati nell'industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio), l'assunzione di alcuni farmaci (come la ciclofosfamide) e l'infezione da parassiti (come Bilharzia e Schistosoma haematobium). Esistono infine prove a favore di una componente genetica quale fattore di rischio predisponente.

Tumore della vescica - Sintomi
I sintomi principali sono la presenza di sangue nelle urine, il dolore durante la minzione e l'aumento della frequenza con cui si urina. Possono anche presentarsi incontinenza urinaria, dolore pelvico e addominale, anemia e perdita di peso. Tutti questi sintomi sono comuni anche ad altre malattie che colpiscono l'apparato urinario.

Tumore della vescica - Diagnosi
Per stabilire la presenza di un tumore della vescica si possono ricercare le cellule tumorali nelle urine e procedere a esami diretti come ecografia, cistoscopia e biopsia della vescica. L'esecuzione di una TAC e di una scintigrafia ossea possono permettere di valutare l'eventuale estensione della neoplasia ad altri organi.

Tumore della vescica - Cure
Per i tumori meno invasivi si può procedere all'asportazione della lesione, intervento che viene condotto attraverso l'uretra, seguita eventualmente, per evitare che la malattia si ripresenti, da un trattamento locale con il bacillo di Calmette-Guerin che, depositato sulle lesioni direttamente nella vescica, ne provoca l'eliminazione. Nei casi più gravi è necessario ricorrere alla rimozione della vescica (cistectomia), seguita dalla sua ricostruzione (neovescica ortotopica). Vengono anche utilizzate chemioterapia e radioterapia, da sole o combinate con altri trattamenti.

Tumore della vescica - Cure alternative
Non sono proponibili cure alternative per questa malattia.

Tumore della vescica - Alimentazione
La dieta, e in particolare il consumo di grandi quantità di fritture e grassi, gioca un ruolo importante nello sviluppo del tumore della vescica. Al contrario, l'ipotesi che alcuni dolcificanti potessero avere un ruolo nella genesi della malattia sembra essere stata smentita.

Cambiare vita per evitare il cancro

Nel mondo Un decesso su otto è dovuto a tumore
Cambiare vita per evitare il cancro
L’Oms: meno 30% di casi con cibi sani, sport e niente fumo. In aumento i tumori al polmone tra le donne



Ogni anno nel mondo viene diagnosticato un tumore a più di 12 milioni di persone e 7,6 milioni muoiono di questa malattia. Se non verranno prese misure concrete di contrasto si stima che nel 2030 saranno 26 milioni i nuovi casi e 17 milioni le vittime. A lanciare l’allarme è stata l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in occasione della Giornata mondiale per la lotta al cancro. La guerra ai fattori di rischio è l’unico modo per vincere la battaglia contro i tumori. «E —avverte l’Oms— oltre il 30% dei casi di cancro potrebbe essere evitato adottando stili di vita più sani». Oggi il cancro in tutto il pianeta è responsabile di un decesso su 8, più delle morti per Aids, tubercolosi e malaria messe insieme.

Non fumare, non bere alcol, seguire un’alimentazione corretta, fare esercizio fisico, prevenire le infezioni che potrebbero dare origine a un tumore. Sono queste le mosse vincenti per «dare scacco matto» al cancro, ricorda l’Oms. Che mette l’accento soprattutto sulle insidie del fumo e della vita sedentaria: le sigarette sono la prima causa evitabile di cancro (6 milioni di morti all’anno, ma i fumatori restano 1 miliardo e 500 milioni), mentre 30 minuti al giorno di esercizio fisico moderato possono ridurre il rischio di tumori a seno e colon.

I nuovi filoni di ricerca puntano su analisi dei dati di incidenza, mortalità e abitudini di vita: in modo da scoprire quanto si sbaglia ancora e quanto si può fare. Poi su nuovi test di diagnosi, sempre più precoci e sempre più soft: le radiazioni di alcuni esami sono, infatti, di per sé un rischio se si sommano troppe volte nell’arco di pochi anni. E, infine, su farmaci «intelligenti »: anche questi da studiare nel tempo perché possono anche diventare una terapia cronica (il cancro resta ma è bloccato).

Alcune aziende alimentari hanno investito in salute e prevenzione e trasformato le loro linee di produzione in modo anche da offrire ai bambini frutta e verdura anziché merendine. E questa è la battaglia più complicata: cambiare la cultura del cibo e creare nuovi trend. Non solo fumo, quindi,ma anche niente grassi nella dieta, movimento e cibi capaci di proteggere il nostro Dna.

Infezioni e infiammazioni sono l’altro settore da combattere: tenerle sotto controllo abbatte di un altro terzo l’incidenza di molti tumori. Imparare a mangiare bene è comunque la prima regola. Un noto ricercatore oncologo, Franco Berrino, ha dato vita ad una scuola di cucina (Cascina Rosa) presso l’Istituto dei tumori di Milano. È aperta a tutti. Giovanni Allegro è lo chef. Lui e Anna Villarini hanno tradotto gli studi di Berrino in un libro, Prevenire i tumori mangiando con gusto (Sperling & Kupfer).

In Italia, per esempio, sono in crescita il tumore del polmone nelle donne e i melanomi nell’uomo. Le cause? Le donne stanno sorpassando gli uomini nella classifica dei fumatori e gli uomini prendono il sole (che va preso e non va demonizzato) o fanno la lampada senza accortezze protettive. «Ma quali creme, un vero maschio non usa fattori protettivi», è la frase ricorrente. E senza quell’abitudine di stare all’aperto del mondo agricolo e marinaro.

In Italia anche i duemila tumori pediatrici all’anno sono in aumento. «La prevenzione deve essere cultura e deve cominciare a scuola», sostiene da anni Umberto Veronesi. Un rapporto dell’Istituto dei tumori di Aviano ha analizzato i trend temporali dell’incidenza e della mortalità per tumori in Italia nel periodo 1998-2005, in base ai dati di 20 Registri sulla popolazione in generale e di due Registri specializzati della banca dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum). Sono stati analizzati 818.017 casi e 342.444 decessi, ricoprendo circa un terzo della popolazione. È la fotografia più completa al momento esistente sul trend del cancro in Italia, al netto dell’effetto invecchiamento. E permette di vedere che cosa è accaduto, e sta accadendo, in base alle varie fasce d’età, agli stili di vita, alla prevenzione primaria e secondaria (test diagnostici periodici), all’introduzione di nuove terapie, di nuove apparecchiature, alle esposizioni di tipo ambientale.

Il 70% della popolazione analizzata risiede al Nord, il 17% al Centro e il 13% al Sud. La mortalità per l’insieme di tutti i tumori ha una riduzione pari a -1,7% annuo tra gli uomini e -0,8% tra le donne. La mortalità per tutti i tumori si è quindi ridotta dal 1998 al 2005 di circa il 12% tra gli uomini e di circa il 6% tra le donne. Per quanto riguarda l’incidenza, invece, c’è stato un andamento in crescita tra gli uomini e stabile tra le donne. In particolare, la mortalità si riduce nei due sessi per i tumori del retto, dello stomaco (diminuzione non significativa per gli uomini dopo il 2003), del fegato, e per i linfomi non Hodgkin. Tra gli uomini è in riduzione per i tumori correlati al fumo (vie aero-digestive superiori, esofago, polmone e vescica), per il tumore della prostata e per le leucemie. Tra le donne, significativa riduzione anche per i tumori del colon, dell’osso e della mammella. Secondo Diego Serraino, direttore della struttura di Epidemiologia dell’Istituto di Aviano, la riduzione è frutto «della diminuzione dell’incidenza di tumori a prognosi sfavorevole, quale il tumore del polmone; della diffusione degli screening di popolazione per il tumore della mammella, della cervice e del colon retto; dei miglioramenti in campo diagnostico che hanno portato a individuare casi in fase sempre più precoce». «Nel periodo analizzato — dice — solo due tumori hanno mostrato una crescita statisticamente significativa dei tassi di mortalità: il tumore del polmone nelle donne e i melanomi tra gli uomini ».

Il totale dei tumori risulta in lieve crescita al Nord e al Sud e stabile nel Centro Italia. Tra le donne l’incidenza risulta in crescita significativa al Nord, stabile al Centro e stabile, dopo una fase di crescita, nel Sud Italia. Si segnala che il tumore del polmone cresce ancora al Centro e al Sud, mentre il trend è stabile al Nord. Se all’inizio del periodo in esame (1998) la mortalità per tutti i tumori presentava ancora un evidente differenza tra Nord e Sud, alla fine del periodo (2005) si è registrata un’omogeneizzazione della mortalità sul territorio nazionale. Per i tumori del fegato e delle vie biliari incidenza e mortalità al Sud è più elevata che nelle altre aree italiane. «Resta ancora molto da fare per contrastare l’aumento di incidenza dei tumori in Italia, in particolare con le modifiche dello stile di vita, ma è comunque incoraggiante il calo della mortalità riscontrata», dice Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Istituto di Aviano.

Mario Pappagallo
22 febbraio 2010

martedì 23 febbraio 2010

Diagnosi molecolare delle infezioni da HPV mediante amplificazione genica (PCR)

Il cancro della cervice è, come diffusione, la seconda forma di neoplasia nella donna. Molti studi epidemiologici hanno messo ormai in evidenza come l’ infezione da HPV sia il più importante fattore etiologico nello sviluppo di questo carcinoma . In particolare tre tipi di Papillomavirus, HPV 16, 18 e 31, sembrano essere correlati con lo sviluppo del carcinoma della cervice.

L’amplificazione diretta da campione mediante gli strumenti di biologia molecolare è ancora una volta il metodo più veloce ed efficace per una diagnosi corretta che consenta di eseguire poi i necessari e periodici accertamenti diagnostici sui soggetti a rischio. E’ oggi infatti possibile identificare in tempi brevi da un campione che può essere sia una biopsia che un semplice pap-test, non solo la presenza del virus ma la sua appartenenza ai vari tipi (es. Papilloma 6 , 11 , 16 , 18 , 31 , 33 , 34 , 35 , 39 , 40 , 42 , 43 , 44 , 45 , 51 , 52 , 54 , 56 , 58, o altri tipi meno frequenti). L'attribuzione del tipo virale viene condotta mediante l'analisi di sequenza impiegando un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente e successiva comparazione della sequenza ottenuta con i tipi e sottotipi virali identificati e descritti in letteratura.

La DIAGNOSTICA MOLECOLARE nelle Lesioni da HPV dell'uomo

L'infezione genitale da HPV è molto frequente negli uomini sessualmente attivi e si manifesta in forme polimorfe che vanno dal classico condiloma acuminato alle forme subcliniche papulomatose e maculari. L'importanza della diagnosi e del trattamento delle lesioni da HPV nell'uomo è confermata dall'evidenza che il rischio più significativo per la neoplasia cervicale è la presenza della condilomatosi genitale nel partner maschile. L'infezione genitale da HPV, anche nell'uomo è spesso asintomatica, senza lesioni clinicamente evidenti ma evidenziabili solamente con la peniscopia e, con una maggiore efficienza diagnostica, con indagini di Biologia Molecolare per la ricerca del DNA virale dell'HPV. Anche in questi casi l'uomo rappresenta ugualmente una importante riserva del virus, che gioca un ruolo significativo nella trasmissione e nella persistenza della malattia neoplastica nella donna in rapporto anche alla sua età ed al genotipo del virus infettante. Peniscopia e PCR nella diagnosi dell'infezione da HPV: due tecniche a confronto La tecnica per il depistage delle lesioni genitali maschili da HPV è chiamata peniscopia; anche nelle forme ben evidenti all'osservazione clinica, la peniscopia permette una definizione dettagliata della lesione esofitica e costituisce una guida per una terapia efficace e mirata, permettendo di evidenziare quelle lesioni associate che possono sfuggire completamente all'esame clinico, senza l'ausilio della visione ingrandita del peniscopio. Le lesioni condilomatose possono presentarsi sotto forma di: · - lesioni esofitiche, multicentriche, multifocali e polimorfe, localizzate a livello cutaneo, mucoso, uretrale distale e tutte con una buona correlazione istologica; · - papule, spesso di osservazione difficoltosa anche alla colposcopia, rilevate, pigmentate o rosate, a superficie verrucosa o leucoplasica con sovrimpressione di immagini di puntato vascolare, localizzate soprattutto in zone completamente cheratinizzate, asciutte, come l'asta o la zona perianale; · - macule non rilevate, isolate o confluenti, a contorni variabili, con immagini di puntato vascolare. Mentre la papule presentano una significativa correlazione con la displasia (PIN), le macule hanno una cattiva correlazione istologica. L'importanza di una diagnosi differenziale La colorazione biancastra che si osserva in seguito all'aggiunta di ac. acetico in corso di peniscopia non è specifica per le infezioni da HPV. Diversi fattori, quali irritazioni traumatiche, candidosi e infiammazioni sostenute da altri microrganismi (HSV, Clamydia, Mycoplasmi, ecc.) possono provocare eosinofilia. La diagnosi differenziale va posta anche con gli aspetti fisiologici delle papille che talvolta circondano la corona del glande (hirsutoid papillomas) e le ghiandole sebacee ectopiche (granuli di Fordyce). Vanno inoltre diagnosticate correttamente, coinvolgendo in un rapporto interdisciplinare le altre affezioni dermatologiche quali il lichen scleroso, il lichen plano, la psoriasi, la balanite di Zoon e le forme ulcerative dell'herpes e della sifilide. Per differenziare le lesioni da HPV dagli altri cambiamenti acidofili delle lesioni della cute del pene è richiesta una notevole esperienza clinica. Le lesioni da HPV sono di solito multifocali; il disegno vascolare non è immediatamente evidente ma con l'uso del colposcopio, a maggiore ingrandimento è visibile un puntato capillare. Le lesioni preneoplastiche del pene appaiono ben marcate, spesso lievemente rilevate e con un certo grado di paracheratosi. Queste sono intensamente acidofile ed è evidente un disegno di puntato. Il disegno di mosaico appare molto tardi nei processi neoplastici ed è sospetto per il cancro invasivo. La morfologia peniscopica delle lesioni preneoplastiche del pene è molto simile a quanto viene osservato per gli epiteli cervicali, vaginali e vulvari. L'evidenza di un comune agente eziologico, quale il virus HPV 16, nelle lesioni preneoplastiche del pene, nella malattia di Bowen e nella papulosi Bowenoide sottolinea l'importanza della diagnostica molecolare con la genotipizzazione del virus HPV, sia nell'uomo che nella donna.

Diagnostica molecolare

Spesso nella pratica clinica si riscontrano quadri infettivi morbosi diversi dai classici casi clinici, sostenuti da coinfezioni, dovute al protrarsi di un'infezione primaria o alla difficile valutazione clinica, quando il quadro clinico viene alterato da errate terapie. La riuscita della terapia medica, molto è dovuta all'intuito e all'esperienza del Clinico. La tecnica della PCR rappresenta quanto di meglio oggi si possa pretendere dalla evoluzione delle biotecnologie nell'area della Patologia Clinica per la diagnostica delle malattie batteriche e virali. Mediante questa tecnica, si possono svelare quadri di patologie infettive latenti o con scarsa presenza di agenti infettanti, che risulterebbero di difficile diagnosi o rimarrebbero senza diagnosi con qualsiasi altra tecnica. Per contro, con la tecnica di PCR, l'elevata specificità e sensibilità, mediante cicli ripetuti amplificazione genica, si possono esaminare campioni dove la presenza del genoma (DNA o RNA) dell'agente infettante viene amplificata e quindi dall'analisi dell'acido nucleico, risalire inequivocabilmente all'agente eziologico responsabile della patologia.

Significato clinico dell'infezione condilomatosa e l'importanza della genotipizzazione dell'HPV

I condilomi acuminati, sessualmente trasmessi, sono causati da HPV 11/16, a basso rischio. E' stato osservato comunque che donne con condilomatosi acuminata vulvare o che hanno avuto rapporti con uomini affetti da condilomatosi acuminata sono ad aumentato rischio di sviluppare atipie epiteliali, compreso il CIN 3. L'HPV16 infatti è stato individuato in oltre il 10% dei condilomi acuminati, una importante riserva di virus implicati nella carcinogenesi cervicale. Meno visibili clinicamente sono le papule appena rilevate sulla cute, pigmentate o non pigmentate situate sul glande, prepuzio, frenulo e asta del pene. Queste lesioni sono uniche o multifocali o coalescenti, da 3/5 mm ed oltre 10mm di diametro. Esse rappresentano il caratteristico aspetto della papulosi Bowenoide, che istologicamente mostrano un range di atipia epiteliale che varia da una semplice flogosi da HPV alla displasia severa/carcinoma in situ. Le lesioni papulari occorrono in uomini giovani, sono multifocali e localizzate sia al glande che all'asta del pene e possono essere distinte dal più classico morbo di Bowen che tende ad essere unifocale, localizzato al glande del pene di uomini più anziani. Le lesioni papulari del pene sono presenti in circa il 10% degli uomini con condilomi acuminati e nel 5-10% di partners femminili con CIN3. La storia naturale di queste lesioni non è ben conosciuta, ma si presume che il potenziale maligno sia basso. L'HPV 16 è stato estratto dal 90% delle biopsie; le lesioni papulari del pene aumentano significativamente il rischio di neoplasia cervicale e rappresentano un'importante riserva di HPV ad alto rischio. Questa associazione è un altro esempio della simile epidemiologia di questa malattia che è associata con virus sia a basso che ad alto rischio, indicando che i condilomi acuminati sono la spia di altre lesioni genitali associate a flogosi da HPV. La relativa frequenza di HPV associata a papule pigmentate o no, comparata all'alta rilevanza di infezione da HPV nella donna, evidenzia in questa lesione dell'uomo, la maggiore riserva dei genotipi di HPV che sono implicati nella carcinogenesi genitale. La peniscopia, dunque in aggiunta all'esplorazione clinica, permette soprattutto la scoperta di lesioni unicamente sub-cliniche, che appaiono dopo applicazione di acido acetico sotto forma di "aree aceto-bianche" in pazienti abitualmente asintomatici, partners regolari di donne che presentano lesioni virali condilomatose. La possibilità reale che tale indagine porti ad un elevato numero di falsi positivi davanti a lesioni acidofile o papillari, dovrebbe condurre il Ginecologo e/o il Dermatologo ad affidarsi ad un esame mirato di genotipizzazione del virus dell'HPV, che orienterà verso il miglior metodo terapeutico. In considerazione dell'eziologia della neoplasia cervicale, sebbene sia ancora discusso il ruolo del maschio in questo processo, sicuro è che le infezioni sub-cliniche del pene costituiscono un importante serbatoio di HPV ad alto rischio, implicate nella carcinogenesi genitale in entrambi i sessi. Può pertanto essere definito ad alto rischio l'uomo che pone la sua partner ad un aumentato rischio di neoplasia cervicale. Simili considerazioni possono essere fatte per il maschio omosessuale che pone il suo partner a rischio di neoplasia anorettale. E' auspicabile che tale esame di Biologia Molecolare entri, in tempi brevi, nella pratica routinaria investigativa ginecologica e dermatotologica, in quanto la GENOTIPIZZAZIONE del virus HPV, proprio per l'elevata specificità e sensibilità diagnostica, può condurre con certezza alla diagnosi e alla conseguente guarigione.

Correlazione HPV genotipo e specifiche forme cliniche forma clinica HPV genotipo

Verruca comune
1,2,4,41

Verruca del cavo orale
6,16

Verruche ano-genitali
6,11,1,2,40-45,51 (condilomi acuminati)

Papillomi laringei
6,11,30

Congiuntivite papillomatosa
6,11

Neoplasia intraepit.non specificata
33, 35

M. di Bowen
6, 31

Papulosi Bowenoide
16, 34,39,42

Displasia cervicale ad alto grado
16,18

Displasia cervicale a basso grado
6,11,31,45

Carcinomi cervicali e vulvari
16,18,11,31,33,35




Riepilogo informazioni sull' esame:


Gene Investigato:
Amplificazione: regione L1 del genoma del patogeno:

Metodica Impiegata:
Amplificazione genica (PCR); rilevamento in gel di agarosio

Referto:
Report

Consenso informato:
Non necessario

Diagnosi Prenatale:


Tempi di risposta 4-7 gg (altri casi)
Genotipizzazione: 8-10



Campioni biologici su cui è possibile eseguire il test:


Prelievo ematico in EDTA
2 ml

Scraping endocervicale

Tamponi vaginali

Tamponi cervicali
Biopsie
Vetrini istologici in paraffina (studi retrospettivi)
Urine 5 ml
Liquido seminale 1 ml



Conservazione: i campioni possono essere conservati a 4°C per 24 ore o a -80°C per tempi più lunghi.

Cuore: più rischi per gli uomini

Non è il sesso a ridurre il pericolo. Ma è probabilmente l'indicatore indiretto di uno stile sano


MILANO - Gli uomini che hanno più bassi livelli di attività sessuale risultano essere maggiormente a rischio di eventi cardiovascolari come infarti del miocardio e ictus. Lo indica uno studio appena pubblicato sulla rivista American Journal of Cardiology, che ha analizzato il rapporto tra attività sessuale e malattie cardiovascolari in una coorte di oltre 1.100 uomini di età compresa tra i 40 e 70 anni, che è stata seguita per circa sedici anni all’interno del Massachusetts Male Aging Study. Finora si sapeva che le malattie cardiovascolari sono più frequenti tra gli uomini che hanno difficoltà ad intraprendere rapporti sessuali a causa di problemi di erezione, e che questi problemi sono più diffusi tra i fumatori, le persone in soprappeso, oppure affette da ipertensione e diabete. Questo è però il primo studio che allarga l’orizzonte alle correlazioni esistenti tra vita sessuale e rischio cardiovascolare.

LO STUDIO - Gli autori, guidati da Susan Hall del New England Research Institutes di Watertown nel Massachusetts, hanno ipotizzato diverse possibili spiegazioni della correlazione emersa dalla ricerca. La prima è che forse, semplicemente, chi ha un’attività sessuale più soddisfacente si trova in generale in migliori condizioni di salute, che appunto gli consentono di provare attrazione sessuale e di impegnarsi nel rapporto. Un’altra ipotesi è invece che l’attività sessuale stessa possa rappresentare una forma di benefica attività fisica che risulta quindi protettiva per il cuore. Infine, c’è anche un’ipotesi più relazionale: gli uomini che hanno un maggior numero di rapporti sessuali sono probabilmente anche quelli che vivono una relazione affettiva stabile, che risulta protettiva nei confronti dello stress esistenziale e che funge da supporto emotivo, riducendo così il rischio di eventi cardiovascolari.

I MOTIVI - «Credo che il fatto di avere un più alto livello di attività sessuale possa essere considerato una sorta di marker di buone condizioni generali di salute» dice il dottor Stefano Urbinati, primario di cardiologia dell’Ospedale Bellaria Azienda Usl di Bologna commentando lo studio. «In altre parole, probabilmente non è tanto l’attività sessuale a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, ma il fatto che chi ha un’attività sessuale soddisfacente spesso ha anche uno stile di vita sano: più frequentemente fa attività fisica –compresa l’attività sessuale-, non fuma, presta più attenzione ad alimentarsi correttamente, a tenere sotto controllo la pressione arteriosa e gli altri parametri metabolici, come la glicemia. Il ragionamento vale anche per chi dovesse aver già avuto un infarto: chi supera meglio l’evento, sia dal punto di vista fisico che psicologico, magari supportato da un percorso riabilitativo, è molto probabile che possa tornare precocemente ad una vita attiva e completa anche dal punto di vista sessuale».

Danilo di Diodoro